Radio cole
  • Home
  • Laboratorio di Scrittura via Newsletter
  • Adelina
  • Il Mio Progetto

La Quinta Strada dove si scoprono cose nuove ad ogni angolo, inclusa la cattedrale di San Patrizio, bella, imponente e con la follia tutta americana di un distributore automatico di acqua santa. Non mi fate quell’aria sconvolta: in fondo si tratta solo della versione più moderna e molto più igienica delle nostre acquasantiere. 

Il Rockefeller Center che regala uno degli scorci più tipici, cinematografici e natalizi. Ma è giugno quindi niente albero e niente pista di pattinaggio, ciccia! 

La Sesta Strada dove c'imbattiamo nella fiera dello street food. No, non è un'arguta metafora, c'è proprio la fiera dello street food. Che se c'è una cosa di cui la città non avrebbe bisogno è proprio la fiera del cibo di strada, essendo già ogni giorno il regno dei carretti calorici. Sempre siano lodati! 

Le stradine con le case belle di mattoni rossi, le scale antincendio e l'ingresso con 4 o 5 gradini. Una foto e "sembra la casa dei Robinson", una foto e "sembra la casa della Tata" , una foto e "la casa di Friends dove sarà?" "E il Central Perk?" "Guarda che il Central Perk non esiste" "Stai scherzando???" 

L'Upper East Side, ricco ricco ricco, lungo lungo lungo e pure in salita... Dipende da che lato lo prendi, ovviamente. Noi da quello sbagliato, ovviamente. 

Le tavole calde con i bicchieroni d'acqua gratuiti e i piatti carne e contorno "Regular o Big?". Tu ordini "regular" e se ne arrivano con una porzione sufficiente per 5, togliendoti la fame per 48 ore ma non la curiosità su quanto cavolo possa essere grande il piatto “Big”. 

Il palazzo dove viveva John Lennon, il ricordo di John Lennon ai confini del parco e il parco. Il park, Central Park, dove ti sdrai sull'erba e dimentichi di essere in città, dove guardi il lago e pensi che vorresti rimanere a New York per sempre, dove una cantante a piedi nudi si fa accompagnare dai musicisti ed è tutto così perfetto che tu quasi ti commuovi. 

Il Memorial dell'11 settembre in superficie e poi, in profondità, il museo dedicato alla tragedia. Ogni parola in più sarebbe superflua. 

Il ponte di Brooklyn dove una coppia di sposi giapponesi si fotografa. Lei ha l'abito bianco e il velo, lui lo smoking. Saranno due pazzi? Saranno sue sposi veri? Nel dubbio ci fermiamo tutti a immortalarli a nostra volta e i ciclisti spietati quasi ci abbattono come birilli. Ma sopravviviamo arriviamo dall'altra parte e ci godiamo quel gioiello che una volta era Broccolino mentre ora, gentrificato e rivoluzionato, è il mio quartiere dei sogni dove trasferirsi per sempre. Dove si fanno delle foto pazzesche con ponti sullo sfondo, dove ci si perde in un mercatino tra artisti, vecchie palle di baseball e figurine dei giocatori come quelle che si scambiavano i bambini nei film di una volta. Mentre un bambino di adesso pizzica i piedi di marito con il monopattino e la madre ci chiede scusa e si genuflette mortificatissima. 


Perché a New York ovviamente ci stanno pure le persone, gli americani, i newyorkesi, mediamente molto più educati di noi italiani, tutto uno scusa e un grazie e un prego. Molto più espansivi di noi torinesi. Che, in effetti, non ci vuole moltissimo. Marito, complice le magliette da nerd e l'aspetto yankee, attacca bottone con chiunque. O meglio, chiunque, attacca bottone con lui. Tv e cinema spesso descrivono i newyorkesi come freddi e maleducati, bah sarà, con noi non lo sono affatto. Rispetto a noi, invece, una cosa è uguale uguale: attraversano la strada da kamikaze arroganti, ignorando sfrontatamente i semafori. Questo fa tanto casa ma io, nonostante l’assicurazione sanitaria faraonica che abbiamo deciso di sottoscrivete prima della partenza, preferisco aspettare il verde eh. 

Times Square che è sempre piena di gente, di giorno e di notte. Turisti, cabarettisti e attori. Cerchiamo la fila per comprare i biglietti per gli spettacoli di Broadway. La troviamo. Abbiamo almeno 40 persone davanti. Una ragazza ci passa un volantino dove sono indicati tutti i punti vendita a Manhattan, scopriamo che oltre a questo che ne sono altri due meno centrali. Ci riproviamo il giorno dopo in uno di questi due. Abbiamo 4 persone davanti. Scegliamo di andare a vedere Chicago. Le attrici cantano ballano e recitano, le ballerine cantano recitano e ballano. I musicisti musicano. Mai vista tanta perfezione in scena. Un orologio svizzero dal cuore pulsante e passionale. Meraviglia. Tra un atto e l'altro passa il ragazzo con vivande e snack. A glass of wine, ordina un tizio a pochi posti da noi. Gli viene consegnato un pinot grigio in un bicchierone di cartone per la bellezze di 30 dollari. Il tizio, per la cronaca, non fa un plissé sentendo il prezzo. Noi. Marito ed io, invece, pianifichiamo di spacciare Tavernello per Barolo e di mettere su un business milionario. 

Lo sport nazionale, il baseball. Andiamo nel Bronx a vedere i New York Yankees. Contro i Tampa Bay. I primi asfaltano i secondi. Kevin Costner saluta alla kiss cam. E noi orgogliosi sfoggiamo cappellino e maglietta, partecipando ad un rito collettivo fatto di gioia e cibo. 

Il Lincoln Center con l'Opera, il balletto e la Juilliard – pazzesca scuola di arte, musica e spettacolo. Ed è subito: “se rinasco faccio la ballerina”. La cantante no, perché neanche in un'altra vita riesco ad immaginarmi intonata.

Continua...

Prologo, Partenza, New York – Prima Parte

Albergo a Long Island, colazione inclusa. Una babele di voci e profumi. Marito che, in brevissimo tempo, diventa cintura nera di waffle. Io che, altrettanto velocemente, ciuccio unte fettine di bacon, senza remore e senza dignità. Senza dignità io, non il bacon. Il mio cellulare che, all'inizio, non riesce ad agganciarsi al wifi, quello di marito invece sì, e da ciò una diretta facebook con il suo faccione divertito in primo piano e la mia crisi isterica – solo audio – in sottofondo. Una crisi isterica – a mia insaputa – con millemilioni di visualizzazioni. C'è gente che chiederebbe il divorzio per molto meno. 

Comunque, sarà che la strada tra l'aeroporto e l'albergo passa per una periferia di indicibile tristezza, sarà che Long Island non è Manhattan, sarà che la metropolitana è sporca e puzzolente, sarà il problema del wifi di cui sopra – whatever will be, will be – ma le mie prime ore a New York non sono proprio esaltanti e il mio primo commento al riguardo è un lapidario "Accidenti, quant'è brutta questa città!" al che il marito, che a NY è già stato e la ama assai, mi guarda come se gli avessi appena insultato tutta la famiglia, nonnina preferita inclusa. 

Per fortuna finalmente arriviamo a Manhattan, passiamo per la stazione centrale, Grand Central Terminal, "Gossip girl, gossip girl!" esclamo io, senza vergogna e remore di svelare al mondo e, soprattutto, al marito, di essermi vista tutta la vacua e folle serie, pur essendo abbondantemente al di fuori del target adolescenziale a cui era destinata. Poi facciamo tre volte il giro dell'Empire State Building in cerca dell'ingresso,  lo troviamo, dentro c'è l'ascensore che fa 80 piani in un secondo, ci sono i valletti che indicano la strada ad ogni corridoio e svolta, e c'è la città da ammirare dall'alto. La giornata è bellissima ed io, finalmente, inizio a cogliere il fascino del luogo, con l'Hudson, le barche e la statua della libertà che da quassù è piccolissima. "Ci facciamo un selfie?" chiedo, che nel mio linguaggio vacanziero significa "Ok, questo posto mi piace, teniamoci stretto questo ricordo".

E da quel momento, per sei giorni è un susseguirsi di scatti, luoghi, esperienze e scoperte.
Il MOMA che sta per chiudere per lavori. Facciamo appena in tempo a vederlo. Bellezza ovunque ma è qualcos'altro ad attirare maggiormente la mia attenzione. La gente si accalca davanti a un van Gogh. Mi fa sempre un certo effetto pensare che lo sventurato sia vissuto e morto male. Solo e dall'enorme talento non riconosciuto. Abbia venduto un solo quadro in vita sua ma che adesso sia uno dei pittori più conosciuti di sempre. Non solo le sue opere raggiungono quotazioni altissime ma anche chi non è mai entrato in un museo in vita sua l'ha sentito nominare almeno una volta. Non sono sicura che lui gradirebbe l'ironia della sua sorte.
Il MET. Adoro il Met. Me ne innamoro subito, mi metterei a vivere lì, in una sala qualsiasi, dormirei felice ranicchiata tra statue e quadri per poi, al mattino, salire in terrazza a far colazione. Si aggiunge di prepotenza ai miei musei del cuore, insieme al Pergamon di Berlino e alla Pincoteca di Brera.
Il Museo di Scienze Naturali con incluso spettacolo dentro il planetario. Ti metti in poltrona, alzi gli occhi e sei immerso tra le stelle e poi tra gli alberi e poi ancora le stelle. Io una cosa così la vorrei in casa, in soggiorno, mi siederei sul divano, soffitto e mura prenderebbero vita e mi farei un viaggio nella Via Lattea e poi più in là ai confini dell'universo, che Netfilx scansati proprio!
Il battello al tramonto, direzione Staten Island, a guardare lo skyline dall'acqua, mangiarsi il primo hot dog di una lunga serie e finire la serata morti di sonno.
In mattina invece si prende un altro battello, lo si raggiunge passando accanto al toro arrabbiato e poi a destra dietro il carosello, dove fisso con stupore una numerosa famiglia con cappelli e cuffiette "gli amish gli amish" sgrano gli occhi ma non indico e non alzo la voce perché lo stupore non diventi invadenza. Ci imbarchiamo. Sotto lo sguardo attento di tutta la ciurma, "Whatch your step" dicono ad ogni passeggero, ad ogni passo, prima di salire. Ci si sente coccolati ma anche terribilmente ansiosi. "Sto attento a dove metto i piedi, sta sereno!". Prima siamo alla Statua della Libertà, dove il museo racconta una storia lunga e un progetto ambizioso. Poi, in una giornata lunghissima che mette a dura prova il fisico di marito, arriviamo ad Ellis Island, approdo della grande immigrazione europea tra Ottocento e Novecento. L'edificio principale è restaurato ma fedele. In quelle stanze a guardar fuori da quei finestroni ci fu anche il mio bisnonno dai baffoni importanti e l'aria distinta. Partito da solo e tornato in Italia da moglie e figli con le tasche piene. L'audioguida racconta la sua storia e quella degli altri. Passo passo. Trasmettendo la paura e l'enormita' del cambiamento affrontato dai bisnonni di tutti noi. La Quinta Strada...

Continua...

Prologo, Partenza


“Lo fate il viaggio di nozze?”
È questa la domanda che ci fanno tutti appena sanno dell’imminente matrimonio.

“Boh, non lo sappiamo, dobbiamo ancora decidere”
È questa la risposta che diamo a tutti.
All’inizio.
Poi, a poco a poco, l’idea si fa strada nei nostri cervelli, i preventivi richiesti non pretendono nessun nostro organo interno come anticipo e così, al fine, decidiamo.

“Stati Uniti” è la nuova risposta. La mia più specifica “Stati Uniti Nord Orientali“ per poi partire con l’elenco delle tappe principali: New York, Washington, Pittsburgh, cascate del Niagara, Ithaca (no, non quella di Ulisse) e Boston. Lo ripeto a chiunque, decine di volte, nascondendo malamente l’eccitazione. Perché Pancrazia vostra, la donna di mondo, alla veneranda età di ventrentquarant’anni, non è mai stati fuori dall’Europa. E sempre la suddetta Pancrazia vostra da cinque anni esibisce nella propria cucina un quadro dedicato a New York. Una speranza, un progetto e ora, finalmente, un biglietto!

E così il 12 giugno c’imbarchiamo finalmente per questo viaggio. Tutto bello. Tutto stupendo, non fosse che sempre la Pancrazia di cui sopra ha un piccolo, insignificante, minuterrimo problema: non ama volare. Non amo volare.

Non che ciò mi abbia mai impedito di viaggiare ma fino a quest’occasione le mie esperienze si sono limitate a viaggi lunghi al massimo un paio d’ore. Paio d’ore passate tutt’altro che rilassata. Come sopravvivere dunque alle nove ore tra Roma e New York? I multimedia! Sì, quello schermetto che, in caso di viaggi lunghi su grandi apparecchi, ogni passeggero si trova davanti e che pare offrire tutte le distrazioni possibili: film, telefilm, news e persino video giochi.

L’aereo decolla e io mi attacco a telecomando e cuffiette come ai miei unici salvatori. Tutto questo mentre il marito, dopo aver sacrificato le sue mani alle mie unghie durante il decollo, si guarda "Una poltrona per due" e ride di gusto. Il fatto di averlo già visto un milione di volte non scalfisce il suo entusiasmo. Per fortuna tra i film da scegliere non ci sono quelli di Bud Spencer e Terence Hill, altrimenti lui si piazzerebbe su quell’aereo per sempre e io farei il viaggio di nozze da sola.

Comunque, mentre Eddie Murphy imperversa sul suo schermo, sul mio si susseguono nell’ordine: Tetris, Modern Family, I Griffin, Animali Fantastici e dove trovarli… che se non ci pensa la Rowling a darmi serenità non so chi potrebbe riuscirci. Ed è proprio guardando le avventure di Newt Scamander – sotto il plaid, con il sedile reclinato – che alla fine mi addormento. Che meraviglia, io in aereo non dormo mai. Questa volta sì. Questa volta mi riposerò pacifica per poi zompettare negli Stati Uniti più carica che mai. Apro gli occhi, mi stiracchio, chissà quanto manca all’atterraggio, un’ora? Poco di più? Guardo lo schermo: 6 ore e 35 minuti! Credo di aver fatto pisolini più lunghi in metropolitana. 

E così seguono 6 ore di noia NOIA NOIAAAA. Guardo spizzichi e mozzichi di tutti i film a disposizione, tutti film che tra l’altro ho già visto, sbuffo, m’irrito per la calma di marito, m’irrito perché sono tutti sereni, mi annoio oltre ogni immaginazione. Poi però, finalmente, il comandante annuncia che stiamo per atterrare e io ripianto le mie unghie sulla mano paziente di marito. Perché è proprio nel momento in cui l’aereo punta verso terra, lo stomaco ti sale in testa e tutto traballa, che pensi che, tutto sommato, lassù a vederti "Una poltrona per due" non ci stavi tanto male.

Continua…

Se siete miei amici “dal vivo” lo sapete.
Se siete miei amici sui social lo sapete.
Se non appartenete a nessuna delle due categorie precedenti, o siete molto distratti, è possibile che non lo sappiate e quindi ve lo dico io: mi sono sposata. Il 9 giugno. Giuro.

È per questo che sono andata negli Stati Uniti, in viaggio di nozze. Questa serie di post non sarà dedicata al matrimonio ma al viaggio. No, niente simpatico aneddoto sulla scelta dell’abito. No, nessun racconto hot riguardo all’addio al nubilato (i tre addii al nubilato che mi hanno organizzato, 3!). E no, neanche un resoconto dettagliato circa le parole che ci siamo scambiati il marito ed io. Sono una blogger (o forse lo ero, data la frequenza dei post negli ultimi anni) abituata a parlare dei fattacci propri ma voglio comunque esercitare il mio diritto al pudore.

Non racconterò nulla delle nozze ma posso dirvi che è stato un matrimonio divertente. Una festa molto più che un pranzo. Certo, non c’era il sole, ha persino un poco piovuto ed io per le prime due ore ero tesa come una corda di violino, ma poi gli amici hanno cominciato a ballare, mi sono rilassata e mi sono divertita.
Il marito invece se l'è goduta fin dall’inizio e in tutte le foto sfoggia un sorriso che levati.

Sono una donna poco organizzata e quindi sono stata una sposa poco organizzata. Nessun miracolo da nubenda si è compiuto, io sono sempre io e mi sono dimenticata le scarpe di ricambio. Ma, dato che ad ogni problema c’è sempre una soluzione, quando i piedi hanno cominciato a dolere ho scelto di andarmene in giro scalza alla “chi se ne fotte”.

Ho avuto la cerimonia più bella del mondo, perché l’ha celebrata un amico, il migliore. Le letture e le musiche le abbiamo scelte marito ed io. Testimoni e amici ci hanno prestato le loro voci. Eravamo in una saletta piccola, tutti appiccicati, non è partita subito la marcia e io, sibilando tra i denti “la marcia, la marcia” mi sono rifiutata di entrare fino a quando non ho sentito la musica giusta. Poi, quando il celebrante ha cominciato a parlare, il vociare di fondo non si è chetato e sempre io, con l’eleganza che mi contraddistingue, mi sono girata e ho cazziato gli invitati “Sssssshhhh è arrivato fin da Catania per questo, lo vogliamo ascoltare o no?”
Insomma una sposa serena.
Però, vi giuro, la cerimonia è stata proprio bella.

Al matrimonio c’erano tutti, o quasi, qualcuno non ha potuto, a qualcuno abbiamo dovuto rinunciare, avete presente cos'è compilare una lista invitati per un evento del genere? Una tragedia!
Tra i presenti menzione d'onore a mio zio del Belgio che ha più di 80 anni ed è tutt’altro che in salute. Fino all’ultimo ci ha detto che non ce l’avrebbe fatta e invece, due giorni prima delle nozze, ce lo siamo ritrovato a Caselle. Aveva preso il biglietto da mesi e ci aveva fatti tutti fessi. Noi Cole abbiamo la pellaccia dura e l’animo mattacchione.

C’erano i miei genitori, i nipoti, mia sorella, Mati, le amiche, gli amici, i cugini, gli zii, la famiglia del marito con una mascotte di pochi mesi. C'erano quelli scatenati e quelli più tranquilli. C'erano persino  la saldatrice di Flashdance, Frank Sinatra e tutto il Trono di Spade. Parevano tutti felici. Felici per noi.

Ho lasciato i capelli semi sciolti perché volevo rimanere me stessa quel giorno, niente piega e impalcatura laccata ma ricci liberi e voluminosi, che sono il mio marchio di fabbrica. Però, ogni volta che qualcuno mi abbracciava, pensavo “cacchio mi schiaccia i capelli!” ma poi mi scioglievo, perché io mica li ho mai ricevuti tanti abbracci così, e quando mi ricapita?

A noi, gli sposi, è piaciuto tutto. Perché è stato a modo nostro. Che il bello di sposarsi dopo una certa è anche questo, si abbassano le aspettative degli altri e si alza il tuo livello di "mi sposo io e decido io". Anche se chi mi conosce dice che quel livello io, probabilmente, ce l'avrei avuto altissimo anche a vent'anni...

Ora basta però, che mi ero promessa di non raccontare nulla.

Il 12 giugno siamo partiti per gli Stati Uniti e voglio scrivere di questo.

Continua…
Sono finite le vacanze, dobbiamo tornare a casa. Ma tra Gallipoli e Torino ci sono, Google Maps alla mano, 1190 km. 
"Facciamo un'ultima sosta a metà strada" 
"Ok".

Il luogo non è importante, vogliamo solo un giaciglio comodo su cui riposare le nostre stanche vacanziere membra. Andando, per l'ultima volta quest'anno, a caccia su Airbnb, finiamo per scegliere Fano. Totalmente a caso.

La proprietaria di casa ci avverte che, al momento del nostro arrivo, lei sarà ancora al lavoro e ci lascia le chiavi nella cassetta delle lettere. Entriamo. Non c'è lei ma c'è il suo gatto che ci guarda col tipico disprezzo felino. Raggiungiamo quella che sappiamo essere camera nostra. Al centro della stanza un materasso. No. Un materassino. Ad aria. Ho campeggiato per molti anni e posso dire, senza timore di essere smentita, che quello che troviamo a Fano sia uno dei più scomodi materassi ad aria mai prodotti. Forse è sgonfio, forse è vecchio, forse è solo una schifezza low cost, ma resta il fatto che, appena ci si sdraia sopra, l'effetto mal di mare è assicurato.

Ma non ci facciamo abbattere, lasciamo la nostra roba in camera e andiamo in giro per Fano in cerca di una cena, o meglio, di un gelato. Camminiamo in lungo e in largo per trovare solo, dopo un'ora, in tutto il centro due striminzite gelaterie, tra l'altro una accanto all'altra. 

M. mangia il gelato ed è felice. Io vengo presa da un improvviso desiderio di crepes. Crepes alla Nutella. A Gallipoli ne facevano ad ogni angolo ed io, per un motivo o un altro, non ne ho mai prese. Il rimorso mi tormenta. Decido di rifarmi a Fano. 
Col cavolo!
Non le fanno da nessuna parte, neanche nei locali dove sono dichiarate nel menù. "D'estate non le serviamo, non ce le chiede nessuno", si giustificano. Al decimo tentativo mi arrendo. Mi consolo mangiando patatine e bevendo vino bianco in piazza. Di sottofondo c'è anche la musica dal vivo. "Non male" 
"Infatti", ci godiamo pigramente l'ultima serata di ferie.

A mezzanotte torniamo a casa. La padrona non c'è. Il gatto sì. 

La porta della nostra stanza non ha la chiave, risolviamo piazzandoci contro le valige. Ma c'è un'altra cosa ben più grave che manca (oltre un letto decente): l'aria condizionata.
Trascorriamo la notte peggiore di tutte le vacanze. O meglio la notte peggiore degli ultimi anni.
La finestra spalancata non attenua il caldo afoso e il materasso è un supplizio. Ci alziamo all'alba, più stanchi di prima, in soggiorno troviamo un tizio seminudo che dorme sul divano. Della padrona di casa nessuna traccia. Il gatto ci osserva.

Ripartiamo. Nel pomeriggio siamo finalmente a Torino. Sveniamo sul letto. Il nostro comodissimo letto. 

È novembre e siamo tornati a casa da tre mesi. Della tizia dell'appartamento non abbiamo mai avuto alcun segno, neanche una recensione. Il gatto ci manda una cartolina ogni tanto.

Fine.

Prologo, Prima Parte, Seconda Parte, Terza Parte, Quarta Parte, Quinta Parte, Sesta Parte, Settima Parte, Ottava Parte, Nona Parte
"Gallipoli? Andate a Gallipoli? Ma perché? Tutta questa strada per finire in un posto così commerciale? È come andare a Rimini!"
Più o meno è questo ciò che ci viene detto ogni volta che annunciamo la nostra ultima tappa in Puglia. Tappa scelta, anche in questo caso, con grande attenzione.

"Andiamo al mare?"
"Noi in spiaggia ci annoiamo"
"Sì, ma non possiamo fare tutti questi km, scendere fino in Salento e non fare neanche un giorno di mare"
"Ok, come vuoi"
"Otranto o Gallipoli?"
"Boh"

"Avreste dovuto scegliere Otranto!" ci dicono tutti.
"E grazie al cazz..." rispondiamo noi "Ormai abbiamo prenotato".
L'unico a tirarci un po' su e è S. "Gallipoli non è così male, e poi ha un bellissimo centro storico, una fortezza che dà direttamente sul mare, un intrico di stradine, e una serie infinita di ristorantini di pesce dalla vista mozzafiato."
"Ecco, andremo a visitare il centro", ci consoliamo.
Poi, lasciata Lecce, dopo esserci esauriti nel traffico folle di Gallipoli, scopriamo che nel centro, in effetti, noi ci dormiamo. In un micro appartamentino, dalle pareti bianche e le mattonelle azzurre, a un soffio dall'acqua, a sciabattare rilassati fino alla spiaggia, con i vecchietti del luogo che t'incontrano, ti salutano, ti chiedono "come va?", anche se non ti hanno mai visto prima.
In tutto questo, giusto perché delle volte ogni stella si allinea positivamente, troviamo anche un preziosissimo parcheggio gratuito. E solo chi è stato a Gallipoli in agosto può comprendere pienamente la meraviglia di un tale dono.

Le nostre 48 ore in loco si prospettano, dunque, molto meglio di quanto abbiano cercato di farcele sembrare. Il primo giorno lo trascorriamo tra i vicoli e la spiaggia. Bello tutto ma a noi ciò che colpisce di più è un negozio dedicato al Natale, con tanto di elfi dormienti meccanizzati che russano. Un negozio dedicato al Natale. A Gallipoli. Ad agosto. A questo punto mi aspetto di trovare anche uno spaccio di friselle a Rovaniemi, residenza ufficiale del pancione rossovestito, in Finlandia. 


Il giorno dopo facciamo colazione col pasticciotto pugliese e poi salpiamo per il largo. Gita in barca. No, non super sciccosissima gita in barca a vela. Ma molto più caciarona gita su barca a motore con folla vociante e spaghettata zozzona. Il momento clou consiste nella sosta a largo con tanto di possibilità di tuffarsi. Io so stare a galla ma non sono una grande nuotatrice e quindi non vado mai dove non tocco. Ma si buttano tutti, pure quelli nella mia medesima condizione, supportati dai giubbotti di salvataggio. Quindi mi faccio forza e ne indosso uno anch'io. Mai provato uno in acqua. Che orrida sensazione. Impossibile muoversi, l'effetto è quello di un tronco galleggiante. Dopo essere rimasta pucciata dieci interminabili minuti in acqua, a mo' di bustina da tè, decido che l'esperienza può dirsi conclusa, devo solo riuscire a raggiungere la scaletta. Con le braccia non mi direziono. Provo con le gambe. Dopo una pedata in faccia a una vecchia e una ginocchiata a un bambino, al grido di "Per la mia salvezza sono pronta a passare sul cadavere di chiunque!" riesco ad issare nuovamente il mio culone a bordo. 
Il capitano mi guarda con pietà. 

Continua...

Prologo, Prima Parte, Seconda Parte, Terza Parte, Quarta Parte, Quinta Parte, Sesta Parte, Settima Parte, Ottava Parte
Post più recenti Post più vecchi Home page

Il mio Laboratorio di Scrittura via Newsletter

Il mio Laboratorio di Scrittura via Newsletter

IL MIO SITO

IL MIO SITO

La mia vetrina Amazon

La mia vetrina Amazon
Dai un'occhiata ai miei consigli di lettura e scrittura...

Social

POPULAR POSTS

  • La nuova 500
  • Laboratorio d'Autore
  • Una storia per tutti

Categories

IlMioProgetto chiacchiere libri Racconti viaggi cinema Torino RadioCole attualità musica televisione società DiarioRacconti sport Nella Rete blogosfera Laboratorio Condiviso teatro citazioni microracconti FacceDaPalco arte Un marito per caso e per disgrazia scrittura creativa Erasmus HumansTorino Peanuts cabaret lavoro Rugby meme ImprovvisazioneTeatrale PrincipeV poesia OffStage articolo sponsorizzato Pancrazia Consiglia pubblicità twitter PancraziaChi? TronoDiSpade articolo Adelina Harry Potter Podcast premi tennis graficamente PancraziaInBerlin laboratorio scrittura materiale di scarto DaFacebookAlBlog Pancrazia and the City Roma True Colors DonnePensanti EnglishVersion favole sogni CucinaCole IlRitorno chiavi di ricerca dasegnalare help 2.0 video Le piccole cose belle Mafalda Rossana R. cucina dixit kotiomkin live blog candy branding copywriting da segnalare metropolitana personal branding satira viaggio dell'eroe
Powered by Blogger.

Blog Archive

  • ▼  2023 (33)
    • ▼  settembre (4)
      • Laboratorio d'Autore
      • On line
      • Diretta Instagram
      • A ognuno il suo racconto
    • ►  agosto (3)
    • ►  luglio (4)
    • ►  giugno (1)
    • ►  maggio (3)
    • ►  aprile (5)
    • ►  marzo (4)
    • ►  febbraio (6)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2022 (57)
    • ►  dicembre (3)
    • ►  novembre (5)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (5)
    • ►  agosto (3)
    • ►  luglio (6)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (9)
    • ►  aprile (3)
    • ►  marzo (1)
    • ►  febbraio (3)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2021 (20)
    • ►  dicembre (3)
    • ►  novembre (1)
    • ►  settembre (1)
    • ►  agosto (6)
    • ►  aprile (2)
    • ►  marzo (2)
    • ►  febbraio (2)
    • ►  gennaio (3)
  • ►  2020 (84)
    • ►  dicembre (6)
    • ►  novembre (6)
    • ►  ottobre (6)
    • ►  settembre (6)
    • ►  agosto (6)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (9)
    • ►  maggio (11)
    • ►  aprile (8)
    • ►  marzo (8)
    • ►  febbraio (4)
    • ►  gennaio (4)
  • ►  2019 (6)
    • ►  dicembre (1)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (2)
    • ►  febbraio (1)
    • ►  gennaio (1)
  • ►  2018 (37)
    • ►  dicembre (1)
    • ►  novembre (5)
    • ►  ottobre (3)
    • ►  settembre (7)
    • ►  agosto (3)
    • ►  luglio (2)
    • ►  maggio (1)
    • ►  aprile (7)
    • ►  marzo (8)
  • ►  2017 (23)
    • ►  settembre (2)
    • ►  maggio (2)
    • ►  aprile (4)
    • ►  marzo (8)
    • ►  febbraio (6)
    • ►  gennaio (1)
  • ►  2016 (20)
    • ►  settembre (2)
    • ►  giugno (2)
    • ►  maggio (1)
    • ►  aprile (7)
    • ►  marzo (2)
    • ►  febbraio (1)
    • ►  gennaio (5)
  • ►  2015 (78)
    • ►  dicembre (1)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (4)
    • ►  agosto (8)
    • ►  luglio (6)
    • ►  giugno (7)
    • ►  maggio (6)
    • ►  aprile (6)
    • ►  marzo (11)
    • ►  febbraio (11)
    • ►  gennaio (14)
  • ►  2014 (242)
    • ►  dicembre (17)
    • ►  novembre (8)
    • ►  ottobre (8)
    • ►  settembre (10)
    • ►  agosto (7)
    • ►  luglio (18)
    • ►  giugno (18)
    • ►  maggio (19)
    • ►  aprile (23)
    • ►  marzo (40)
    • ►  febbraio (38)
    • ►  gennaio (36)
  • ►  2013 (353)
    • ►  dicembre (40)
    • ►  novembre (37)
    • ►  ottobre (48)
    • ►  settembre (33)
    • ►  agosto (35)
    • ►  luglio (39)
    • ►  giugno (35)
    • ►  maggio (40)
    • ►  aprile (23)
    • ►  marzo (8)
    • ►  febbraio (10)
    • ►  gennaio (5)
  • ►  2012 (126)
    • ►  dicembre (10)
    • ►  novembre (9)
    • ►  ottobre (12)
    • ►  settembre (13)
    • ►  agosto (19)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (10)
    • ►  maggio (7)
    • ►  aprile (6)
    • ►  marzo (10)
    • ►  febbraio (10)
    • ►  gennaio (10)
  • ►  2011 (95)
    • ►  dicembre (18)
    • ►  novembre (6)
    • ►  ottobre (4)
    • ►  settembre (9)
    • ►  agosto (5)
    • ►  luglio (10)
    • ►  giugno (12)
    • ►  maggio (4)
    • ►  aprile (7)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (4)
    • ►  gennaio (7)
  • ►  2010 (97)
    • ►  dicembre (9)
    • ►  novembre (6)
    • ►  ottobre (2)
    • ►  settembre (7)
    • ►  agosto (7)
    • ►  luglio (16)
    • ►  giugno (10)
    • ►  maggio (8)
    • ►  aprile (9)
    • ►  marzo (9)
    • ►  febbraio (6)
    • ►  gennaio (8)
  • ►  2009 (61)
    • ►  dicembre (4)
    • ►  novembre (5)
    • ►  ottobre (10)
    • ►  settembre (8)
    • ►  agosto (3)
    • ►  luglio (5)
    • ►  giugno (2)
    • ►  maggio (4)
    • ►  aprile (6)
    • ►  marzo (5)
    • ►  febbraio (4)
    • ►  gennaio (5)
  • ►  2008 (76)
    • ►  dicembre (3)
    • ►  novembre (5)
    • ►  ottobre (8)
    • ►  settembre (5)
    • ►  agosto (5)
    • ►  luglio (6)
    • ►  giugno (6)
    • ►  maggio (11)
    • ►  aprile (12)
    • ►  marzo (8)
    • ►  febbraio (5)
    • ►  gennaio (2)
  • ►  2007 (132)
    • ►  dicembre (2)
    • ►  settembre (18)
    • ►  agosto (11)
    • ►  luglio (33)
    • ►  giugno (13)
    • ►  maggio (13)
    • ►  aprile (16)
    • ►  marzo (26)

Copyright © Radio cole. Designed & Developed by OddThemes