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Scrivere di chi sa scrivere mi mette sempre un poco d'ansia.
E' forte la tentazione di glissare causa inadeguatezza, ma su questo blog ho sempre condiviso il bello che ho incontrato, e non intendo smettere.

Domenica scorsa ho assistito alla prima estiva de "Il Grande Fresco".
Uno spettacolo, un gruppo, un trio, fatto di poesia e musica. Un contenitore di parole e note. Un concerto reading. Un piccolo capolavoro di Guido Catalano, Federico Sirianni e Matteo Negrin. Un poeta, un cantautore e un musicista.

Bravi.
Tutti e tre. In maniera diversa ma complementare.
Era da tanto che non godevo di uno spettacolo così bello. Uno spettacolo dove c'è tutto: talento, lavoro, originalità, ironia.

Una di quelle sere in cui torno a casa felice, con la voglia di parlarne sul blog, ma anche la consapevolezza di non esserne all'altezza. Forse.

E allora meno parole ma più utili informazioni.
Questi sono i link: curiosate tra le pagine, scorrete le date, scegliete se andare a vederli come singoli o come gruppo, a Torino e non. Ne varrà, comunque, sempre, la pena.
Guido Catalano, Federico Sirianni, Matteo Negrin, Il Grande Fresco.



Io ho mangiato un hamburger buonissimo. Di corsa, con le mani gelate e la Gran Madre che occhieggiava invidiosa. Sono scesa ai Murazzi ed entrata al Magazzino sul Po. Ho assistito a una serata di CaleidoScoppio. Ne ho scritto fitto fitto su un'agenda.
E poi, alla fine, sono salita sul palco e ho letto la mia Cronaca davanti a tutti. Un microfono e due djembe a farmi compagnia.

Vi siete persi quest'esperimento di instant blogging? Non c'è problema. Ecco a voi il testo originale, rigorosamente NON riveduto e NON corretto.

Buonasera, vi spiego com'è andata, perché mi trovo qui.
Ho ricevuto l'invito su Facebook, l'idea della serata mi è piaciuta, e quindi ho condiviso, ho "piacciato", ho cliccato "parteciperò". Ho fatto tutte quelle cose che si fanno in questi momenti. Sono stata leggera e inconsapevole.
Poi, una settimana fa, Esther mi ha contattata.
"Allora che fai? Sali sul palco?"
"Eh? No, sul palco no! Io detesto parlare in pubblico"
Voi non potete capire, mi viene l'ansia, le palpitazioni, la voce da gallina isterica. Faccio cose patetiche, tipo mettermi una minigonna inguinale per distrarre il pubblico con lo stacco di coscia. Perdo l'etica e la morale.
"Sul palco no, non esiste!" dico.
"Dai! Ti esibisci alla fine. Fai la cronaca della serata: instant blogging"
"Instant che? No, guarda, ci penso, eh..."
Ci ho pensato. Ed eccomi qui. Voce isterica e patetico stacco di coscia compresi.
Eccomi qui a fare la cronaca della serata. La mia cronaca. Della mia serata. Dal mio esclusivo punto di vista. 
Arrivo alle 20-20:30 e mi ritrovo subito meravigliosamente a disagio. La gente prova, suona, qua è pieno di artisti. Io sono una blogger. Una che scrive su internet. Una poveraccia. Farò una figura pessima.
Quindi, per sopravvivere, decido di entrare nel mood "vabbè tanto non mi conosce nessuno". Esattamente cinque secondi dopo entra Noemi Cuffia. Lei è blogger ma anche una scrittrice coi controcazzi. Ah, dimenticavo, lei mi conosce. Ecco. Ciao Noemi! 
La serata comincia: si festeggia il primo compleanno del CaleidoScoppio, un "mix di arti diverse", come dicono i presentatori. Pittura, video, musica, fotografia, cabaret. Tutto assieme.
Parte  l'appello. Chiamano Sciencol. Nessuno alza la mano. Chi è? Dov'è? Assente? Ah no, sono io: J-a-n-e C-o-l-e. Le soddisfazioni cominciano a mazzi!
 
Finalmente si parte. Con Na Na, la zia di CaleidoScoppio. Una gran testa di capelli che già, solo per questo, si guadagna tutta la mia sfacciata simpatia. Lei fa gli auguri, gli auguri "al contrario".
Poi si canta e si suona. L'atmosfera è rilassata. Mi tranquillizzo. Un po', non troppo. 
Intanto, in giro per il locale, si disegna, vignetta e graffita. 
Sul palco si sonetta e filosofeggia. Ci si rilassa: "non bisogna essere i migliori".
Il poeta-filosofo poeteggia ed è bravo, bravo assai.
Finisce lui, si passa a uova e galline, e poi si torna alla musica. Giovanissima e con una gran voce.
Il tempo passa, arriva l'"amico palazzo" e capelli di bacca. Arrivano fantastici microracconti. La follia delle parole e dell'immaginazione. Il potere del 'tutto è possibile'. Ecco, questo è proprio l'ambiente mio: la scrittura e la follia. Quasi quasi mi commuovo e, invece no, rido, rido tanto.
Smetto di ridere e arrivano due ragazze che lo stacco di coscia ce l'hanno sul serio. Musica d'altri tempi e danza d'altri luoghi. 
Intanto, in giro per il locale, c'è chi chiacchiera, chi si conosce, chi prova a dipingere e chi lo fa sul serio, ma con le spezie. 
Sul palco si litiga con l'amplificatore, si combatte e poi si vince. Ed è musica ed è poesia. Con o senza titolo. Non importa.
Poi è poesia ed è musica.
Si passa da Frank Sinatra in gonnella a Massimo Pica e il cinema. Secondo lui. Secondo lui e il suo amico esperto di film iraniani, pecore e pastorelli.
Dopo è il turno della padrona di casa, Esther Nevola, e delle sue parole e delle sue emozioni. Che sono sue e di tutti.
Ed ancora musica e immagini.
Papere, cacciatori e momenti di commovente comicità.
Musica, Fabio Bosco, Baudelaire e djembe: l'accostamento che non ti aspetti. 
Intanto, in giro per il locale, c'è chi mangia una pizza e chi scrive una cronaca. Io.

Ode a te,
vecchina che abiti proprio sopra di me.

Le tue novantaquattro primavere porti splendidamente,
non fosse per quella tua ottusa mente.
Tale limitazione, io me ne avvedo,
non dipende dal tempo andato, ma fa parte del tuo umano corredo.


Ode a te,
rimbambita che abiti proprio sopra di me.

Un tempo ti lamentavi dell'afro odor emanato dai quei due rumeni:
"puzza di pulito" la chiamavi. Una totale insensatezza, ne convieni?
Oggi cucini aglio come se non ci fosse un domani: "che t'andasse di traverso"
dico, chiudendo porte finestre pertugi, e verso.


Ode a te,
stracciamaroni che abiti proprio sopra di me.

Ce l'hai sempre avuta anche con i giovinastri extracomunitari
che abitavano al piano pari.
A sentire il tuo dire accusatore,
costoro passavano le giornate ad andare su e giù in ascensore.


Ode a te,
vecchiaccia che abiti proprio sopra di me.

In passato ti lamentasti ogni giorno della molesta presenza dei miei predecessori,
Fu per questo motivo che gioisti alquanto quando vedesti i miei traslocatori.
Prima ti crucciavi di viver sopra due indegni stranieri,
ora festeggi per la mia presenza, come mi spiegasti non più tardi di ieri.


Ode a te,
che abiti proprio sopra di me.
Le tue novantaquattro primavere ti proteggono da qualsiasi mia lamentela,
ma almeno lascia che ti dedichi questa mia d'insulti sequela.
Ieri bevevo birra e mangiavo pollo fritto in un quartiere rinato di Torino, in un locale bellissimo di Torino, in una di quelle sere che dico "sembra proprio di stare a Berlino!" che, come ben saprete, per me rimane la pietra di paragone assoluta.

Ieri, dicevo, bevevo e mangiavo quando un ragazzo e una ragazza hanno attirato la mia attenzione. Hanno attirato l'attenzione di tutti.
Giovani, belli ed eleganti hanno esposto una sagace presentazione in rima e un'interessante proposta: "scegliete una poesia dal nostro menù!"

Un vero menù, con tanto di prezzi e vasto assortimento di piatti. Da Prévert a Rodari, da D'Annunzio a Carducci, da Leopardi a Trilussa.
Una decisione, un cenno della mano, un sorriso, e una poesia recitata calda calda direttamente al tavolo. Con tintinnio finale di monete "al vostro buon cuore".

Mi conoscete. Non ho resistito. Ho subito sventolato il mio menù per attirare l'attenzione e mi sono goduta "Scrivere il curriculum" della Szymborska.

Cos’è necessario?
E’ necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.

A prescindere da quanto si è vissuto
il curriculum dovrebbe essere breve.

E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e ricordi incerti in date fisse.

Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.

Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.

Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.

Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto.
E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.

Bella la poesia che non conoscevo, ma ho scelto ad occhi chiusi tale la mia fiducia nello smisurato talento della compianta poetessa polacca.
Bello il modo in cui è stata recitata: con passione, talento e mestiere.

I Mangiatòri sono un gruppo di attori diplomati presso il Teatro Stabile di Torino. Recitano poesie e girano l'Italia. Ieri erano a San Salvario, domani chissà.
Questa è la loro pagina facebook.
Seguiteli e inseguiteli, anche voi potreste godere presto di un breve momento d'arte al modico prezzo del "vostro buon cuore".

E Torino continua a stupirmi. Nella Rete e anche fuori.
Quasi un anno fa veniva organizzato il #Twitscript n°1.
In quell'occasione, a partire da una poesia dell'indimenticata e indimenticabile Wislawa Szymborska, era stato prodotto un video in cui si dava letteralmente voce agli utenti di Twitter e ai loro pensieri.

Ora è finalmente giunto il momento del #Twitscript n°2.
Per questo secondo progetto cambia l'argomento e la poesia d'ispirazione, ma il meccanismo è sempre lo stesso: bisogna scrivere un tweet, leggerlo ad alta voce, registrarsi e inviare il file ai responsabili.
Silvia Storelli, con la collaborazione dell’equipe di lebagatelle.net, ne farà un video con diversi nomi, identità, respiri e riflessioni.

La poesia scelta quest'anno è un piccolo capolavoro d'umorismo, frutto di quella mente geniale nonché penna felice, di Stefano Benni.

Io ti amo

Io ti amo
e se non ti basta
ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlanda
e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola
riempirà l’universo
Io ti amo
e se non ti basta
vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te
e il mare non piangerà
di questo sgarbo
che onde a mille, e sirene
non hanno l’incanto
di un solo tuo sguardo
Io ti amo
e se non ti basta
solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò
nelle tue mani, e sarà ghiaccio
per il bruciare delle mie passioni
Io ti amo
e se non ti basta
anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate
e su te piover dovranno
quando d’estate
per il caldo non dormi
E se non ti basta
perché il tempo si fermi
fermerò i pianeti in volo
e se non ti basta
vaffanculo.
(da: “Ballate” Feltrinelli, 1991)
Il tweet con cui partecipare deve nascere dal completamento di questa frase:
“Io ti amo e se non ti basta . . . . . . . . . . . .  se non ti basta vaffanculo ”

Vi sentite ispirati? Allora vi consiglio di fare un salto sulla pagina ufficiale dell'iniziativa, Le Bagatelle, per leggere per bene il regolamento (che io credo di averlo spiegato una schifezza!) e darvi subito da fare.

Non c'è tempo da perdere: l'invio del file audio deve avvenire entro il 1° febbraio. Presto che è tardi!

N.d.A: nel caso vi stiate chiedendo se parteciperò anch'io, onestamente non lo so. A parte il fatto che la mia vocetta da gallina strozzata mi è fonte d'indicibile imbarazzo, per ora non mi è venuto in mente proprio nulla per completare il tweet.
A me sembra già perfetto così: "Io ti amo e se non ti basta, e se non ti basta vaffanculo"
Ehi organizzatori, dico a voi, va bene? E' valido?

Io sono andata ad una gara di poesia orale, altrimenti detta poetry slam.

No, non che io abbia partecipato alla competizione. Ci mancherebbe altro!
A parte il fatto che non scrivo poesie ma poi, anche se facessero una gara di racconti, non credo che ce la farei a leggerli in pubblico. E non solo per timidezza ma proprio per manifesta incapacità.
L'agitazione peggiorerebbe, infatti, i miei già evidenti difetti di pronuncia. Lo confesso: parlo con la lingua in mezzo ai denti, e vanto una "s" particolarmente sibilante. Non che io sia Jovanotti, ma poco ci manca.

Ma torniamo al punto. Sono andata a vedere questo poetry slam perché mi ha invitata un mio amico blogger, un mio vecchio compagno di rete con cui già ci leggevamo reciprocamente ancora prima che voi nasceste. Il suo posto nella mia blogroll è storico ed inossidabile.
Ebbene sì, sto parlando di Daniele il Rockpoeta!

"Partecipo ad un torneo a Torino, vieni a vedermi?", mi ha scritto il poeta genovese.
Ed io non me lo sono fatto dire o scrivere due volte.

Ovviamente, mentre mi recavo all'appuntamento, sono stata colta dalle mie solite mille ansie da timida: "No, io mi vergogno, di che gli parlo?"
Ma una volta giunta al locale, come mi accade quasi sempre, la Dea dell'Incontinenza verbale mi ha posseduta. Da quel momento ho rintronato di chiacchiere il povero Daniele, e non solo.

Assistere al poetry slam è stato davvero fantastico.
Il livello dei partecipanti era molto alto. E la passione, che si respirava nel locale, inebriante.

Ho trascorso una serata in mezzo al talento e la creatività. Ho letto negli occhi di chi mi circondava la gioia di fare ciò che più si ama. Mi sono arricchita grazie al piacere dello scambio.

Anzi, sapete cosa vi dico? Nel caso facessero mai una gara del genere anche per la prosa mi ci butterei a pesce: al diavolo la lingua in mezzo ai denti e la "s" sibilante!

Questo torneo girerà per tutta Italia ancora per (almeno) un mese. Quindi, se volete partecipare come spettatori o come concorrenti, vi consiglio di dare un'occhiata al sito dell'Associazione Culturale Via De Poeti.
Già lo sapete. L'ho detto più di una volta. Quando in rete trovo qualche progetto, forma di creatività, tentativo di originalità, io mi emoziono e sento l'incontenibile desiderio di comunicarlo al mondo. O, quantomeno, a quel piccolo spicchio di mondo che mi legge.

Oggi voglio segnalarvi Silvia Storelli, filmmaker, vlogger e storyteller, che ha ideato e prodotto #twitscript n°1. Mix di poesia, socialmedia e video.

Il percorso seguito è stato il seguente: Silvia si è ispirata a "Contributo alla statistica", poesia dell'indimenticabile e indimenticata Wislawa Szymborska.

Su cento persone:
che ne sanno sempre più degli altri
- cinquantadue;

insicuri a ogni passo
- quasi tutti gli altri;

pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
- ben quarantanove;

buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
- quattro, be’, forse cinque;

propensi ad ammirare senza invidia
- diciotto;

viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
- settantasette;

dotati per la felicità,
- al massimo poco più di venti;

innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
- di sicuro più della metà;

crudeli,
se costretti dalle circostanze
- è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;

quelli col senno di poi
- non molti di più
di quelli col senno di prima;

che dalla vita prendono solo cose
- quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;

ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
- ottantatré
prima o poi;

degni di compassione
- novantanove;

mortali
- cento su cento.
Numero al momento invariato.

Poi sono entrati in gioco gli "abitanti" di twitter a cui è stato affidato il compito di prendere il testimone e continuare l'elenco. Partendo dalla frase "Su cento persone...", sono stati scritti molti tweet che gli stessi autori hanno letto e registrato.
Silvia ha raccolto tutte queste voci, tutti questi pensieri, e li ha uniti ad immagini da lei stessa riprese.

Ne è nato un piccolo video, dove le parole mute della rete hanno finalmente acquistato respiro, inflessione, pronuncia e corpo.
Un lavoro decisamente interessante che spero verrà riproposto anche in futuro.

Io, fino a poche settimane fa, lo ignoravo.
Sono una capra.
Lo so da me.
Non è il caso che infieriate.

W. Szymborska è una poetessa polacca, anzi è La Poetessa Polacca.
Una donnina dalle spalle ossute e l'aria furba che nel 1996 si è portata a casa il Nobel per la Letteratura e che con le sue raccolte vende quasi quanto un romanziere.
Nei suoi scritti emergono un' ironia ed una lucidità di pensiero rari.
Le sue poesie sono racconti brevi ed intensi che io ho amato dal primo incontro.

Scoprire un libro, una poesia, uno scrittore o un poeta che ci emozionano è sempre un evento speciale. In quel momento si sorride per la consapevolezza di avere un amore in più a scaldarci il cuore ed aprirci la mente.
È pura gioia.

Vi lascio con un delizioso esempio del talento della signora Wisława Szymborska.

Consolazione

Darwin.
Si dice che per rilassarsi leggesse romanzi.
Ma avesse le sue esigenze:
dovevano essere a lieto fine.
Se gliene capitava uno differente,
lo gettava con furia nel fuoco.

Vero o no che sia-
sono propensa a crederci.

Percorrendo con la mente tanti spazi e tempi
aveva visto così tante specie estinte,
tali trionfi dei forti sui più deboli,
così grandi sforzi di sopravvivenza,
prima o poi inani,
che almeno dalla finzione
e dalla sua microscala
aveva diritto di aspettarsi l'happy end.


E quindi per forza: un raggio che sbuca
dalle nuvole,
gli amanti di nuovo insieme, i casati
riconciliati,
i dubbi dissipati, la fedeltà premiata,
i beni recuperati, i tesori dissotterati,
i vicini pentiti del loro accanimento,
la reputazione resa, la cupidigia smascherata,
le vecchie zitelle maritate con pastori
dabbene,
gli intriganti deportati nell'altro emisfero,
i falsari di documenti scaraventati dalle scale,
i seduttori di vergini di gran corsa all'altare,
gli orfani accolti in casa, le vedove consolate,
la boria umiliata, le ferite sanate,
il figliol prodigo invitato alla mensa,
il calice dell'amarezza vuotato in mare,
i fazzoletti intrisi di lacrime pacificate,
canto e musica per tutti,
e il cagnolino Fido,
smarrito già nel primo capitolo,
corra pure di nuovo per la casa
abbaiando gioioso.
Dopo due mesi di stupidera, oggi si cambia registro.
Partendo da un verso(il primo della terza strofa) della poesia "Questions of travel"(*) di Elizabeth Bishop ho scritto un breve racconto.

Prima che vi venga l'ansia, lo dichiaro subito: la storia è di pura fantasia.

Che peccato sarebbe stato non aver visto gli alberi lungo questa strada.

Scendo nelle viscere umide e buie della terra, cerco un posto libero e mi siedo.
Con la testa appoggiata al finestrino osservo il tunnel con occhi ciechi, quando l'istintivo bisogno di aria e luce si impossessa di me, costringendomi a risalire in superficie. Tra i vivi.

Il sole splende in questo inizio d'estate. Periodo dell'anno in cui Berlino è un dono per gli occhi e per il cuore, con i suoi colori, i suoi odori e le sue facce.
L'umanità intera forma un unico serpentone colorato lungo Unter den Linden, ed io mi accodo, nascondo e perdo in esso.

Lui mi starà già aspettando davanti allo studio medico.
Gli esami del sangue non promettono niente di buono, la risonanza magnetica fa paura da quanto è brutta ed i raggi mostrano chiaramente la mia colonna vertebrale sull'orlo del collasso.
"Bisogna correre dal Dottor Hahn. Sono sicuro che troverà una soluzione", ha deciso ieri sera.
Ha chiamato il vecchio amico fraterno di suo padre ed ha preso appuntamento. Senza neanche interpellarmi, senza darmi il tempo di aprire bocca.
"Domani sera. Ore 18. Io verrò direttamente dall'ufficio e ci troveremo là davanti. Mi raccomando non tardare"
"Agli ordini capitano", gli ho risposto battendo i tacchi.
Ma non ha apprezzato l'ironia: "E' una cosa seria", mi ha detto severo.
Come se non lo sapessi. E' la mia schiena quella che si sta rattrappendo su se stessa, è la mia vita quella che sta scivolando via a tradimento. Lo so che è una cosa seria ma delle volte mi piacerebbe solo farmi una bella, grassa risata.

Non dovrei camminare per lunghi tragitti.
Ogni muscolo, ogni osso, ogni tendine del mio corpo brucia di un fuoco blu, intenso, accecante. Ondeggio faticosamente sotto il sole come una vecchina. Una vecchina di soli 28 anni.
Probabilmente qualcuno mi crederà ubriaca o peggio ancora drogata.
Qualcuno forse proverà pena per me. Per il mio viso rosso dalla fatica, per i miei capelli appiccicati dal sudore, per la mia maglietta così bagnata da poterla strizzare.

Di certo quando Lui mi vedrà non proverà pena, ma forse fastidio e sicuramente rabbia.
Se la prenderà con questa donna che lo sta facendo diventare pazzo, che non si lascia amare, cullare e guidare. Maledirà la mia irrazionalità, persino la mia follia, o semplicemente la mia testa dura. E di certo non si calmerà quando gli dirò: "Hai ragione, ma che peccato sarebbe stato non aver visto gli alberi lungo questa strada."

I tigli sono in fiore e sono meravigliosi.
Chissà se riuscirò a vederli anche il prossimo anno. Probabilmente no.
E allora al diavolo Lui ed il suo buon senso, al diavolo il dottor Hahn che "è stato così gentile da trovare un buco nella sua agenda", al diavolo la famiglia che vorrebbe che tornassi a casa. Al diavolo tutti.
Me ne fotto del vostro amore, della vostra buona fede e dei vostri buoni propositi.
Lasciatemi godere i miei tigli fioriti. Lasciatemi respirarne il profumo. Lasciatemi annegare in tanta bellezza.
Avrò tempo per le cure ed anche per la morte, trattenuta dalle vostre mani e bagnata dalle vostre lacrime.

Mi ha vista da lontano e ora mi viene incontro.
Il viso furioso è di un rosso innaturale. Ed io rido.
Le vene del collo sono gonfie, piene di rabbia repressa. Ed io rido.
Mi piovono addosso mille parole, ma pronunciate a denti stretti, senza urlare. Ed io rido.
Lui non lo sa, ma è tanto buffo in questo momento. E per questo rido, rido e rido.

Rido così forte che cado in terra e la schiena mi si spezza. Per sempre.
L'ultima cosa che vedo sono i tigli. Che peccato sarebbe stato non aver visto gli alberi lungo questa strada.


Immagine tratta dal sito http://www.rfennis.com/Berlin/Berlin.htm

(*) Scusatemi per il link solo in inglese, ma purtroppo non ho trovato in rete la versione italiana.


And sometimes there has been two of us

And sometimes there has been one

And sometimes you’ve been with me

And sometimes you’ve been gone

And sometimes you’ve been a bolted door

And sometimes you’ve been a key

And sometimes you’ve been a stranger

And sometimes you’ve been me.



Qualche volta noi siamo stati due
Qualche volta siamo stati uno
Qualche volta tu eri con me
Qualche volta eri lontano
Qualche volta sei stato una porta chiusa
Qualche volta ne sei stato la chiave
Qualche volta sei stato un estraneo
Qualche volta sei stato me.

Poesia tratta dal film “Cheeky” (2003). Scritto, diretto e interpretato da David Thewlis.

Considerando che Thewlis scrive poesie e che ha scritto la sceneggiatura del film è altamente probabile che sia stato lui stesso a comporre questi versi, ma ammetto di non averne la certezza...se pensate di averlo già visto, ma non vi ricordate dove, vi risparmio la fatica di cercarlo su Google: è l'attore che interpreta il professor Lupin nei film di Harry Potter (in questo periodo sono monotematica, abbiate pazienza!)
Non sento mai la parola "Fuga"
Senza un ribollire del sangue!
Un'improvvisa aspettativa!
Un dispormi a volare!
Non sento mai di vaste prigioni
Da soldati abbattute
-Senza scuotere, infantilmente, le mie sbarre
Solo per fallire di nuovo!

I never hear the word "Escape"
Without a quicker blood!
A sudden expectation!
A flying attitude!
I never hear of prisons broad
By soldiers battered down
-But I tug, childish, at my bars
Only to fail again!


Emily Dickinson (componimento 77 secondo la cronologia di Johnson)
Chi abbraccia una donna è Adamo. La donna è Eva.
Tutto accade per la prima volta.
Ho visto una cosa bianca in cielo. Mi dicono che è la luna, ma
Che posso fare con una parola e con una mitologia?

Gli alberi mi fanno un poco paura. Sono così belli.
I tranquilli animali si avvicinano perché io gli dica il loro nome.
I libri della biblioteca sono senza lettere. Se li apro appaiono.
Sfogliando l'Atlante progetto la forma di Sumatra.

Chi accende un fiammifero al buio sta inventando il fuoco.
Nello specchio c'è un altro che spia.
Chi guarda il mare vede l'Inghilterra.
Chi pronuncia un verso di Liliencron partecipa alla battaglia.

Ho sognato Cartagine e le legioni che desolarono Cartagine.
Ho sognato la spada e la bilancia.
Sia lodato l'amore che non ha né possessore né posseduta, ma entrambi si donano.
Sia lodato l'incubo che ci rivela che possiamo creare l'Inferno.

Chi si bagna in un fiume si bagna nel Gange.
Chi guarda una clessidra vede la dissoluzione di un impero.
Chi maneggia un pugnale prevede la morte di Cesare.
Chi dorme è tutti gli uomini.

Ho visto nel deserto la giovane Sfinge appena scolpita.
Non c'è nulla di antico sotto il sole.
Tutto accade per la prima volta, ma in un modo eterno.
Chi legge le mie parole sta inventandole

Jorge Luis Borges, La Cifra


Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo e cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gioioso
Così irrisorio
Tremante di paura
come un bambino quando e buio
Così sicuro dì sé
Come un uomo tranquillo
nel cuore della notte
Questo amore che faceva paura
Agli altri
E li faceva parlare e impallidire
Questo amore tenuto d'occhio
Perché noi lo tenevamo d'occhio
Braccato ferito calpestato
fatto fuori negato cancellato
Perché noi l'abbiamo braccato
ferito calpestato fatto fuori
negato cancellato
Questo amore tutt'intero
Così vivo ancora
E baciato dal sole
E' il tuo amore
E' il mio amore
E' quel che e stato
Questa cosa sempre nuova
Che non e mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda viva come l'estate
Sia tu che io possiamo
Andare e tornare possiamo
Dimenticare
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognarci della morte
Ringiovanire
E svegli sorridere ridere
Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire
E io l'ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me per tutti quelli che si amano
E che si sono amati
Oh sì gli grido
Per te per me per tutti gli altri
Che non conosco
Resta dove sei
Non andartene via
Resta dov'eri un tempo
Resta dove sei
Non muoverti
Non te ne andare
Noi che siamo amati noi t'abbiamo
Dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci morire assiderati
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
Portaci in salvo.

Cet amour
Si violent
Si fragile
Si tendre
Si désespéré
Cet amour
Beau comme le jour
Et mauvais comme le temps
Quand le temps est mauvais
Cet amour si vrai
Cet amour si beau
Si heureux
Si joyeux
Et si dérisoire
Tremblant de peur comme un enfant dans le noir
Et si sûr de lui
Comme un homme tranquille au milieu de la nuit
Cet amour qui faisait peur aux autres
Qui les faisait parler
Qui les faisait blêmir
Cet amour guetté
Parce que nous le guettions
Traqué blessé piétiné achevé nié oublié
Parce que nous l'avons traqué blessé piétiné achevé nié oublié
Cet amour tout entier
Si vivant encore
Et tout ensoleillé
C'est le tien
C'est le mien
Celui qui a été
Cette chose toujours nouvelles
Et qui n'a pas changé
Aussi vraie qu'une plante
Aussi tremblante qu'un oiseau
Aussi chaude aussi vivante que l'été
Nous pouvons tous les deux
Aller et revenir
Nous pouvons oublier
Et puis nous rendormir
Nous réveiller souffrir vieillir
Nous endormir encore
Rêver à la mort
Nous éveiller sourire et rire
Et rajeunir
Notre amour reste là
Têtu comme une bourrique
Vivant comme le désir
Cruel comme la mémoire
Bête comme les regrets
Tendre comme le souvenir
Froid comme le marbre
Beau comme le jour
Fragile comme un enfant
Il nous regarde en souriant
Et il nous parle sans rien dire
Et moi j'écoute en tremblant
Et je crie
Je crie pour toi
Je crie pour moi
Je te supplie
Pour toi pour moi et pour tous ceux qui s'aiment
Et qui se sont aimés
Oui je lui crie
Pour toi pour moi et pour tous les autres
Que je ne connais pas
Reste là
Là où tu es
Là où tu étais autrefois
Reste là
Ne bouge pas
Ne t'en va pas
Nous qui sommes aimés
Nous t'avons oublié
Toi ne nous oublie pas
Nous n'avions que toi sur la terre
Ne nous laisse pas devenir froids
Beaucoup plus loin toujours
Et n'importe où
Donne-nous signe de vie
Beaucoup plus tard au coin d'un bois
Dans la forêt de la mémoire
Surgis soudain
Tends-nous la main
Et sauve-nous

Forse non sarà un post molto originale, dato che le poesie di Prevert ed in particolar modo questa sono conosciutissime e citate in ogni dove, ma di fronte a tanta bellezza me ne frego dell'originalità e la pubblico lo stesso!!!!

(La foto, che ritrae il poeta, è tratta dal sito http://tecfa.unige.ch/tecfa/teaching/UVLibre/9900/bin73/biobli.htm)
If thou must love me, let it be for nought
except for love's sake only. Do not say
I love her for her smile, her look, her way
of speaking gently, for a trick of thought
that falls in well with mine, and certes brought
a sense of ease on such a day.
For these things in themselves, beloved, may
be changed, or change for thee,and love, so wrought,
may be unwrought so. Neither love me for
thine own dear pity's wiping my cheek dry,
a creature might forget to weep, who bore
thy comfort long, and lose thy love thereby!
But love me for love's sake, that evermore
thou may'st love on, through love's eternity.

Se vuoi amarmi,
che non sia per altro
che per amore dell'Amor soltanto.
Non dire "L'amo per il suo sorriso,
il suo sguardo,
il suo modo gentile di parlare,
per il suo modo di pensare
che si accorda al mio e che un giorno
mi resero sereno".
Mio amato, queste cose,
possono in sè mutare o mutare per te.
E così fatto un amore può sfarsi. E ancora non amarmi
perchè la tua pietà
le mie guance asciuga:
potrei scordare d’aver pianto, e tu
diventeresti odioso a ricordarlo.
Amami solo per amore dell'amore:
e mi amerai per sempre, e così sia.

Elizabeth Barrett Browning (6 marzo 1806- 29 giugno 1861)

Poetessa inglese.

Ebbe un'infanzia felice, dedicata ai cavalli ed alla sua innata passione per la letteratura.

Quand'era ancora una giovane donna la sua vita cambiò drasticamente, a causa del grave dissesto finanziario che colpì suo padre e della malattia che la debilitò per sempre, costringendola da quel momento alla parziale immobilità ed alla solitudine.

La sua anima, prigioniera di un corpo malato, produsse splendidi versi che, nel 1844 con "Poems", la resero estremamente popolare.
Il poeta Robert Browning rimase così colpito dal talento e dalla sensibilità di Elizabeth da iniziare a scriverle. Il loro rapporto epistolare ben presto si intensificò, fino a tramutarsi in una profonda storia d'amore. Come veri eroi romantici i due, osteggiati dal padre di lei, si sposarono di nascosto e fuggirono a Firenze , dove ebbero un figlio.

Il clima mite e la gioia di una famiglia propria ispirarono particolarmente Elizabeth, che compose in quel periodo le sue opere migliori, tra cui i "Sonnets from Portuguese"(1850), da cui è tratta la poesia che ho riportato.

Nel 1861 il fisico delicato della poetessa non resse ad un nuovo peggioramento ed ella, ancora giovane, morì. Venne sepolta nel cimitero degli inglesi di Firenze, dove riposa tutt'oggi.

(ps: la traduzione della poesia in italiano non è tra le più fedeli, ma è quella che io preferisco, purtroppo non ne conosco l’autore)
"E' l'amore ad indicarti il cammino"

"Anelo all'eternità, perchè lì troverò i miei quadri non dipinti e le mie poesie non scritte"

Kahlil Gibran (1883-1931)

Poeta, pittore e filosofo. Furono i suoi numerosi aforismi, ricchi di misticismo e profumati d'oriente a consacrarlo all'eternità.

Se vi interessa sapere qualcosa di più, circa questa affascinante figura della poesia del secolo scorso, vi consiglio questo sito
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