"That's me in the corner
That's me in the spotlight
Losing my religion
Trying to keep up with you
And I don't know if I can do it
Oh no Ìve said too much
I haven't said enough
I thought that I heard you laughing
I thought that I heard you sing
I think I thought I saw you try"
(1991)
Vinciamo un Grammy.
"Please read the letter
I pinned it to your door
It's crazy how it all turned out
We needed so much more
Too late, too late
A fool could read the signs
Maybe baby
You'd better check between the lines
Please read the letter, I
Wrote it in my sleep
With help and consultation from
The angels of the deep"
(2009)
All we hear is Radio ga-ga
Radio goo-goo
Radio ga-ga
All we hear is Radio ga-ga
Radio blah blah
Radio, what's new?
Radio, someone still loves you
(1984)
Vengo inserita nella Rock and Roll Hall of Fame.
Sono la prima donna a cui spetta questo onore.
E me lo sono guadagnato tutto.
(1987)
Ho compiuto un viaggio lungo 35.000 anni.
Sono una zanna d'avorio.
Sono un flauto.
Sono lo strumento musicale più antico mai trovato.
Sono la meraviglia dell'evoluzione di una specie.
Sono l'ennesima dimostrazione dell'innata necessità dell'arte.
(2004)
"Lo sai che cosa hai fatto?"
"Sì, ho appena sparato a John Lennon"
(1980)
We don't need no education
We don't need no thought control
No dark sarcasm in the classroom
Teachers leave them kids alone
Hey teacher leave them kids alone
All in all it's just another brick in the wall
All in all you're just another brick in the wall
(1979)
'Cos these are the days of our lives
They've flown in the swiftness of time
These days are all gone now but some things remain
When I look and I find - no change
Those were the days of our lives yeah
The bad things in life were so few
Those days are all gone now but one thing's still true
When I look and I find, I still love you
I still love you
(1991)
I'm ready
I'm ready for the laughing gas
I'm ready
I'm ready for what's next
I'm ready to duck
I'm ready to dive
I'm ready to say
I'm glad to be alive
I'm ready
I'm ready for the push
(1991)
Un giorno di molti anni fa ascoltai per la prima volta questa canzone.
Ero a teatro, e stavo assistendo ad una rivisitazione di "Un tram che si chiama desiderio", capolavoro di Tennesse Williams per l'occasione trasformato in "Ende Station Berlin".
Quella sera la neve veniva giù a fogli e mi si attaccava addosso come lo zucchero filato. Non l'ho più vista una neve così. Aprivo la bocca verso il cielo e la mangiavo come fanno i bambini. La mordevo e la mandavo giù soddisfatta.
Ero felice.
Ricordo che ero felice.
"Just a perfect day
you made me forget myself
I thought I was
someone else, someone good"
Un giorno di molti anni fa ascoltai per la prima volta questa canzone e cominciò a fare parte di me. Struggente e amara. Densa come la neve di quella sera.
Questa canzone rimarrà per sempre anche adesso che Lou Reed è andato oltre.
E' questo il destino dei capolavori.
E' questo il senso dell'arte.
Grazie.
Giro per il solito negozio di dischi.
Guardo tra le novità.
I miei occhi incrociano quelli di un bambino.
"E questi chi sono?" chiedo a Ben, il proprietario.
"Un nuovo gruppo irlandese"
"Gli irlandesi fanno schifo!"
"Sì, ma questi sono forti"
(1980)
Entro nel negozio di Hiroji. Cartelloni colorati annunciano una grande novità: si chiama Compact Disc.
(1982)
"I'm worse at what I do best
And for this gift I feel blessed
Our little group has always been
And always will until the end"
(1991)
Nel parco di Knebworth davanti a 120.000 spettatori. Forse di più.
Per l'ultima volta.
"God Save our gracious Queen!
Long live our noble Queen,
God save the Queen!
Send her victorious, happy and glorious,
long to reign over us,
God save the Queen!
O Lord, our God, arise,
scatter her enemies,
and make them fall.
Confound their politics,
frustrate their knavish tricks,
on thee our hopes we fix,
God save us all.
Thy choicest gifts in store
on her be pleased to pour,
long may she reign!
May she defend our laws,
and ever give us cause
to sing with heart and voice,
God save the Queen!"
(1986)
Accendo la televisione. Mi accomodo sul divano. Sistemo bene gli occhiali sul naso e la pipa leggermente stretta tra i denti.
Dall'apparecchio giunge improvviso un fracasso insopportabile.
Ohibò, ma che cos'è?
Un nuovo canale.
Un canale di sola musica assordante per ragazzetti nullafacenti.
Non avrà mai successo.
(1981)
Stava lì.
Ondeggiava in mezzo ai suoi compari. In mezzo a ciò che conosceva e amava.
Fino a quando, un giorno, arrivò Lei.
Lei a passi piccoli e leggeri.
Lei diversa da tutto ciò che aveva conosciuto e amato fino a quel momento.
Lei. Con gli occhi belli.
"Quello, voglio quello!", disse la bimba indicandolo.
E un attimo dopo, ne stringeva lo spago tra le dita.
Quel giorno girarono per i viali della fiera. Assaggiarono lo zucchero filato. Provarono a vincere un pesce rosso. Corsero con gli altri bambini. Si sporcarono il cappottino con il gelato. Risero. E risero.
Quel giorno furono tanto felici. Entrambi.
Lui le stava legato al polso, godendo dell'aria fresca, il profumo dei fiori, e l'infinito che li attendeva.
Sognava un futuro da viaggiatore. Da viaggiatori. L'uno accanto all'altra. L'uno legato all'altra. Alla scoperta. Del mondo. Della vita. Assieme.
Lei per terra. Lui per aria.
La sua piccola ancora.
Il suo slancio verso l'oltre.
Lui le raccontava il futuro che avrebbero vissuto. Lei lo guardava con gli occhi belli.
Poi i viali cominciarono a svuotarsi, il sole a calare e l'aria fredda dalla montagna a spazzare le strade.
Lui la seguì fino a una stanzetta piena di giochi e colori.
Lei sciolse il nodo dal polso e lo lasciò libero.
Il palloncino trattenne il fiato, emozionato dal volo.
Si gonfiò ancora di più, chiuse gli occhi, assaporò il brivido e poi.
E poi Paf. Contro il soffitto.
Paf. Nell'angolo preciso dove i muri s'incontrano.
Paf.
Un tocco leggero. Uno schianto silente. Un percorso interrotto.
Lui la guardò sorpreso.
Lei gli sorrise, e gli augurò la buona notte con i suoi occhi belli.
Allora le sorrise anche lui, aspettando il giorno dopo e le loro nuove avventure.
Il giorno dopo arrivò. E anche quello dopo ancora. E ancora. E ancora.
Lei andava a scuola. Ai giardinetti. Giocava con gli amici. Godeva del suo piccolo mondo.
Lui invece stava lì. Dove i muri s'incontrano e non c'è prospettiva.
Ogni sera si ritrovavano. Lei lo guardava con gli occhi belli. E lui tornava a sperare.
Per sei albe e sei tramonti lui sperò.
Continuò a sperare anche quando cominciò a sgonfiarsi. A scendere. Sempre più piccolo. Sempre più giù. Sempre più vicino al pavimento. Tra polvere, resti di biscotti e vecchi giocattoli dimenticati.
Il settimo giorno la bambina lo cercò con i suoi occhi belli ma non lo trovò.
Poi inciampò in uno spago, abbassò lo sguardo, e finalmente lo vide.
"Che ti è successo?", gli chiese, "Chi è stato a ridurti così?"
"Tu", le disse lui.
Ma lei non lo sentì.
Del resto i palloncini non hanno voce. O forse c'è solo chi si ostina a non volerla ascoltare.
Lo scorso autunno scrissi un
racconto.
Un racconto che celebrava un'amicizia.
Pochi giorni fa quella storia ha vinto un concorso.
Concorso vinto negli stessi giorni in cui la suddetta amicizia andava a peripatetiche.
La vita ha tempi comici invidiabili e una certa predilezione per i colpi di scena.
Altro che letteratura. Altro che cinema. Altro.
Questo avrebbe dovuto essere un post celebrativo e un poco sbruffone.
Il post di una vincente.
E in effetti, nonostante tutto e a maggior ragione, qualcosa la voglio celebrare.
Voglio celebrare il mio posto tra i 25 vincitori dei
Racconti nella Rete.
Voglio celebrare la soddisfazione di entrare a far parte di un'antologia edita da Nottetempo.
Voglio celebrare gli studenti del Liceo Artistico di Lucca che illustreranno la mia storia e quella di tutti gli altri.
Voglio celebrare il mio futuro viaggio in terra Toscana per ritirare il premio, partecipare al LuccaAutori e incontrare i blogger-amici dei dintorni.
Voglio celebrare.
Perché ora, nonostante tutto e a maggior ragione, non è un momento qualunque nella mia vita.
E quindi: in alto i calici!
Che Rosetta, Tore e Mimmo brindino e celebrino. E con loro tutti noi. Tutti voi.
E' stata una gran bella partita e sarà sempre una gran bella canzone.
Ho cantato per Lei.
"Ed i tuoi carcerieri
fanno i liberatori,
ironia dei guerrieri
che incatenano fuori.
Fuori dalla speranza
di cambiare la vita,
sei la donna e l'assenza
di una voce zittita.
"
E oggi Lei è libera.
(2008)
Ve lo ricordate Giuliano Dottori e il suo video fatto con tanti spezzoni inviatigli via email?
No?
Allora rileggete questo
post.
La raccolta del materiale si è conclusa ed il video è stato montato.
Questo è il risultato finale.
Delle volte mi capita di leggere un racconto e pensare: "questo avrei voluto scriverlo io"
Delle volte mi capita di vedere un film e pensare: "una storia così avrei voluto che fosse venuta in mente a me"
Delle volte mi capita di ascoltare una canzone e pensare: "vorrei anch'io essere in grado di creare un testo così"
Quando mi sono imbattuta per la prima volta in "Maddalena" di Alessandro Mannarino ho pensato: "Questo avrei voluto scriverlo io. Avrei voluto che una storia così fosse venuta in mente a me. Vorrei essere in grado, un giorno, di creare un testo così"
Più forte dell'inadeguatezza, più importante della consapevole inferiorità, la meraviglia per la creazione altrui può farti credere in un mondo migliore, in un'umanità più degna o, semplicemente, nell'arrivo della primavera.
Maddalena
Gli presero la casa ed il giardino
In nome della grande santità
E Giuda prese a fare a nascondino
Con lo specchio e con la dignità
Poi venne Dio che tutto da e tutto toglie
Chiamò un taxi e ci mise su la moglie
E Giuda andò a morire nella notte
Per il vino, per le donne e per le botte
Lo raccolse per la giacca Maddalena
Che viveva alle baracche allo sfacelo
In mezzo a una comune di ubriaconi
Che credevano in un regno su nel cielo
E fu amore e fu rivoluzione
Discorsi sulla strada e vita piena
Ma Giuda amava più d'ogni sermone
Le urla dolci della Maddalena
Il fattaccio poi successe in una sera
Giuda fu preso e messo alla galera
Gesù Cristo era scappato fra la gente
E Giuda disse di non sapere niente
Ma quando vide Maddalena in parlatorio
che stava male e aveva perso un dente
"Ispettore", disse, "è stato Gesù Cristo
A portare tutto l'oppio dall'Oriente"
E ritornò dal suo amore col bottino
Trenta denari per sette amari, grazie un marsala
Per poi vedere scritta doppia al botteghino
L'insegna di una grande multisala
Diceva: "Gesù Santo alla stazione
Un nuovo film davvero commovente
Con un cast del tutto eccezionale
C'è pure Dio, l'immenso onnipotente"
Il cinema è un buio di persone
I grandi divi sono stelle da ammirare
E nessuno vide giù fra le poltrone
Che quei due cominciavano a scopare
"Maddalena, io ti amo tanto
lui voleva il cielo e io voglio stare qua
Lo uccidessero, va bene tanto al tempo
Ha detto a tutti che poi risorgerà
Ma il paradiso mio sta solo nei tuoi fianchi
Seni dolci per occhi stanchi
Bocca rossa di caramella
Questa vita sulla terra è così bella"
Dallo schermo Dio li vide e alzò la voce
"Io ti fulmino, Giuda l'Iscariota,
Mio figlio sta morendo sulla croce
Per colpa di un mortale così idiota"
Maddalena allora s'alzò e urlò con tutto il cuore
"Dio non mi fai paura
Tu che hai fatto un figlio senza far l'amore
Che vuoi capirci di questa fregatura?
Lascia stare Giuda e guarda altrove
Ecco, guarda la mia scollatura
E io mi guarderò dalla tua invidia
Perchè Dio non gode come una creatura"
Dio scappò nel cielo e nella furia
Mise su un grandissimo cantiere
Per costruire una potente curia
Che potesse Maddalena far tacere
Giuda e Maddalena stanno insieme
E girano nascosti fra la gente
E vanno al fiume a far l'amore
Su una barchetta che va controcorrente