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Si ferma sulla soglia. E respira.
Guarda quella stanza vuota. E ricorda.

Le tornano in mente solo le cose brutte ma sa che, da qualche parte, nascoste, timide, ci sono anche quelle belle.

Fa un passo avanti sul tappeto morbido.
Eccole. Ecco dove si erano nascoste le cose belle. Nascoste nella trama del tessuto a solleticare i piedi nudi.

Ancora un passo e si sdraia sul letto. Guarda il soffitto. Un singhiozzo, due, tre. E poi basta.
Un tempo lei era capace di farsi pianti infiniti, ma ora non più. Forse ha finito le lacrime o i condotti che le potrebbero far vomitare tutto fuori si sono talmente ingarbugliati, stretti, attorcigliati che le rimane tutto dentro. Tutto dentro ad asciugarsi piano per lasciarla vuota e arida.

Ormai non c'è più nulla. Non c'è più la rabbia. Non ci sono le urla. La sua voce cattiva che la faceva sobbalzare. La sua voce gentile che la faceva sorridere.

Si alza.
Torna alla porta. La riattraversa e se la chiude alle spalle.

NdA: solo parole ritrovate oggi facendo ordine tra vecchi fogli.
No, non sono io ad essere fobica.
Sono le macchine fotografiche ad essere crudeli.
Che ci crediate o meno, è in atto da tempo una manovra di abbattimento della mia autostima e della mia immagine da parte di tutti gli obiettivi fotografici. Che appartengano a una fotocamera analogica, a una digitale, a uno smart phone, o anche a un tablet, non cambia nulla. Si sono tutti coalizzati contro di me. E' un complotto.

No, non sono io ad essere paranoica.
Potrei mostrarvi decine, centinaia, migliaia di scatti a testimoniare il sabotaggio. Scatti che, inspiegabilmente, non ritraggono una gnocca da paura ma una tizia con una marea di capelli, gli occhietti piccoli e la faccia da pirla.

No, non sono io.
Quella non sono io: è ovvio.
Chi afferma il contrario mente sapendo di mentire.
Lo scorso febbraio scrissi un post sulle vecchie canzoni dei cantautori italiani.
Scrissi di quanto queste mi piacessero ma anche del dolore provocatomi dai finali struggenti. Raccontai di come da bambina risolvessi la questione inventando trame diverse. Trame in cui agli sfortunati protagonisti veniva data una seconda e più felice alternativa.

Destino volle che, poche settimane dopo, venisse a mancare Lucio Dalla, interprete del brano 4 marzo 1943. Quel giorno sentii la necessità di mettere per iscritto il finale diverso, che era frullato nella mia testa riccia fin da quand'ero piccina.

Poi, però, per pudore questo racconto è rimasto nelle bozze.
Perché crescendo ci si rende conto che non c'è sempre bisogno di un lieto fine, e che certe cose sono già perfette così come sono.

Oggi mi è tornata in mente questa storia e ho pensato a Lucio Dalla, a com'era lui, o meglio, a come appariva a tutti noi che non abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo.
Io me lo vedo così, con la barba e il sorriso storto, che mi dice: "Ma chi te lo fa fare di prenderti tanto sul serio? Pubblica sto racconto e beviti un quartino, Pancrazia!"
Lui non mi avrebbe mai chiamata Jane. Lui sicuramente avrebbe preferito Pancrazia.

E quindi oggi vi racconto il mio 4 marzo 1943.
Perché non ci sono mai abbastanza lieti fine nel mondo. E tutti, specialmente gli innamorati, dovrebbero goderne.

Dice che era un bell'uomo e veniva,
veniva dal mare
parlava un'altra lingua,
però sapeva amare
e quel giorno lui prese a mia madre
sopra un bel prato
l'ora più dolce prima di essere ammazzato.

Quella mattina lo trovarono con la pancia aperta, gli occhi all'infuori e la lingua penzoloni. Una scena da far accapponare la pelle. Una scena da morire impressionati.

Nicola era un baro e tutti gli volevano male. Due sere prima aveva persino provato a fare il furbo con lo Straniero. Ma questi si era messo a bestemmiare in una lingua antica, aveva fatto volare carte e bicchieri, e poi gliene aveva date tante ma tante da sbucciarsi le nocche.

Fu per questo motivo che, quando trovarono Nicolino ridotto a quel modo, diedero tutti la colpa all'ultimo arrivato e corsero a cercarlo. Sicuramente era stato lui a fargliela pagare, a finire la lezione, ad aprirlo come un capretto. Senza neanche un poco di carità cristiana, senza neanche un pezzo di cuore o di pietà. "Della gente che viene da fuori non ci si può fidare, sono bestie cresciute senza Dio", urlò Franco il fornaio. E tutti gli uomini del paese, armati di mazze e bastoni, corsero a cercare lo Straniero.

Maria era bella, giovane e coi ricci stretti come fusilli. Quando gli uomini le si avvicinavano li scacciava via con la scopa. Come una strega. Perché era bella, giovane, coi ricci stretti come fusilli ma non era una zozza.
Il parroco ancora zoppicava per la botta che s'era preso sulla coscia, razza di porco. L'appuntato non aveva saputo proprio come spiegare il bernoccolo sulla fronte, e per una settimana per la vergogna s'era guardato solo la punta delle scarpe. E il pastore aveva detto a tutti che s'era fatto male mettendosi sul groppone un montone, ma nessuno c'aveva creduto veramente.

Lo Straniero s'era infilato nel letto della bella Maria senza bisogno di parole, regalini o prepotenze. S'erano visti in piazza. A lei si era sciolto il cuore e s'erano aperte le gambe. Lui si era presentato alla porta della stanza vicino al porto, ed era rimasto tutta la notte a farle cantare corpo e gola. Prima sul piccolo letto di paglia e poi sul prato dietro la casa, nudi come due pupi a guardare le stelle e contare i sospiri.
Stavano ancora abbracciati sull'erba umida quando sentirono avvicinarsi la folla. La folla che urlava e si gonfiava come il mare. La folla senza testa ma con tante braccia. La folla cattiva come una creatura del demonio.

Lui scappò verso la collina e Maria rimase ad aspettare quelle furie con la scopa in mano.
"Dove l'hai messo quell'assassino, dove l'hai nascosto, puttana che non sei altro?", le urlarono contro mentre lei mostrava i denti e soffiava, peggio d'una gatta arrabbiata.

Per tutto il giorno e fino a notte fatta gli uomini continuarono a cercare lo Straniero.
"Andiamo alla cappella", diceva Franco il fornaio, e intanto nascondeva il coltello dietro la bottega. "Proviamo al faro", suggeriva mentre quella svergognata di sua moglie gli lavava la camicia zozza di sangue.
Lavava e piangeva. Piangeva per l'amore suo, il suo Nicolino che tante cose belle gli aveva promesso. Piangeva perché si ritrovava di nuovo sola con un marito senza poesia ma le mani pesanti, e la rabbia nel cuore.

Ogni tanto a qualcuno il dubbio gli veniva e allora guardava Franco di traverso. La storia della moglie sua e del baro la sapevano tutti. Ma comunque era meglio dare la colpa allo Straniero. Che tanto pure se l'assassino non era lui, qualche altra porcheria doveva averla combinata di sicuro. Veniva da fuori e chissà di chi era figlio.

Quella notte Maria tornò a dormire sul prato, a pensare all'amore suo, e a piangere un poco. Solo un poco però. Perché lei le lacrime le aveva finite quasi tutte da piccola. E aveva imparato che non servivano a niente. Solo a farti venire gli occhi rossi e la faccia brutta.

Maria stava rannicchiata a giocare con i fili d'erba quando sentì un fischio leggero e il profumo di terra lontana. Si mise seduta e lo vide. Lo Straniero stava in piedi in cima alla collina.
Era tornato. Era tornato solo per lei. Nessuno era mai tornato per lei.

"Assassino e ladro di femmine", lo ricordano ancora così in paese.
Pure adesso che sono passati tanti anni.
Pure adesso che Franco il fornaio l'hanno rinchiuso per aver aperto la pancia con un coltellaccio anche alla moglie.

Pure adesso che Maria e lo Straniero vivono felici dall'altra parte del mare, con un figlio ormai grande, l'argento tra i capelli e l'amore ancora stretto tra le cosce.

Si sta avvicinando a grandi passi il Momento.
Quale?
Come quale?
Ma è ovvio!
Il Momento in cui lo studente Erasmus medio, in partenza per il primo semestre, prende coscienza del fatto che dovrà prepararsi dei bagagli contenenti il necessario per almeno 6, e dico 6, e ribadisco 6, mesi all'estero.
Se lo studente è maschio l'impresa risulta difficile, ma se lo studente è femmina (e dunque studentessa) l'impresa assume dei contorni titanici.

Ma Jane vostra, che vi vuole bene e sa che questa arancione paginetta è spesso meta di Erasmi in cerca di aiuto, ha deciso di venirvi incontro e di condividere con voi la propria esperienza, fornendovi in questo modo qualche indicazione di massima.
Tutto ciò perché?
Ma che domande?
Non è evidente?
Perché lei vi ama, giovani ventenni in partenza.
Perché lei vi è affezionata quanto una sorella, vabbè diciamo quanto una zia. Una zia ancora giovane e piacente, però!
E soprattutto perché questo vecchio post Jane ce l'ha sul groppone da una vita ed ora ha deciso di liberarsene. Ecco.

Chiunque abbia fatto l’Erasmus lo sa: fare stare nei canonici 20 kg di bagagli lo stretto indispensabile per sei mesi all’estero è un’impresa che richiede nervi saldi, creatività, elasticità mentale ed una certa dose di lucida follia.

In primo luogo bisogna selezionare. Decidere cosa è davvero utile e insostituibile e cosa no. Le scarpe preferite? Impossibile rinunciarvi. La tinta per rimanere fintamente e sfacciatamente bionda? Più importante delle aspirine. Il top da panterona? Mai senza. La moca e il parmigiano? Certo. Sarà patetico ma ognuno ha pur diritto alle proprie perversioni.
Il secondo passo consiste nell’ armarsi di santa pazienza e procedere al riempimento della valigia con la stessa precisione che richiederebbe un’opera ingegneristica. Nulla può essere lasciato al caso, tutto deve essere incastrato al millimetro e pesato fino all’ultimo etto: bisogna piegare ed arrotolare, mettere i capi pesanti sotto e quelli più leggeri sopra, infilare i calzini dentro le scarpe e disporre ciò che avanza come un florilegio ad ornare il tutto e soprattutto ad occupare gli spazi morti.
E quando alla fine, inevitabilmente, nonostante le rinunce e i calcoli, qualcosa sembra destinato a non trovare posto, rimane l’ultima possibilità, la risorsa estrema, l’uscita d’emergenza.
Lo si indossa durante il viaggio.
Il piumino a settembre? Quattro paia di mutande? Bracciali, collanine ed anelli? Si. Si. Si.
Fino ad assomigliare all’omino Michelin bardato come la Madonna di Pompei? Certo, perché no?
Se si ha l’opportunità di vivere un’avventura fantastica come sei mesi all’estero si deve pur essere disposti a rinunciare a qualcosa: al proprio senso del ridicolo, per esempio.

Per quanto le valigie possano sembrare piene, per quanto il peso possa apparire eccessivo ed ingestibile, per quanto ci si possa sentire a disagio con dieci strati di roba addosso, bisogna star sereni e non preoccuparsi.

Al ritorno sarà peggio.
Ve lo ricordate il biglietto d'auguri per la nascita della piccola Luna? No? Questo qua. Tra i vari commenti mi colpì quello di suarakamansa che chiedeva "...e poi come va avanti?"
Da questa domanda è nato un altro post, rimasto inedito finora. Ma proprio oggi, in procinto di cancellarlo per sempre, l'ho riletto, ho buttato una polpetta avvelenata al mio Censore, ed ho deciso di pubblicarlo.

"Allora, com'è andata?"

"Com'è andata? Com'è andata??? E' stata l'esperienza più brutta della mia vita! Ma chi l'ha inventata sta' storia del parto? Non si poteva studiare una cosa più semplice?"

"Tipo?"

"Tipo che al nono mese, quando ci si sente pronti, si bussa delicatamente, da fuori ti aprono uno sportello e tu sgusci fuori. Senza traumi per te e per la mamma."

"Quante storie, non sarà poi così drammatico!"

"Sei mai nato tu?"

"Io? No, veramente no"

"Lo immaginavo. Allora taci, Angelo, che non puoi capire"

"Vabbè, ma parliamo di cose serie. Li hai incontrati? Come ti son sembrati?"

"Mica male. Lui mi ha guardata come se fossi la bimba più bella del mondo e, onestamente, nonostante io sia un gran bel bocconcino, dopo tutto quello sballottamento non dovevo avere un aspetto spettacolare. Ma lui era lo stesso in adorazione"

"Praticamente ce l'hai in pugno"

"Già. L'obiettivo 'padre schiavo della propria principessa' è già stato brillantemente centrato"

"Perfetto. E lei?"

"Lei è profumata, morbida ed anche gentile"

"Gentile?"

"Si, quando mi ha vista, invece di prendermi a parolacce per le pene che le avevo fatto soffrire, mi ha stretta dolcemente tra le braccia e mi ha dato un bacino."

"Che tenerezza. E tu che hai fatto per ricambiare?
Come hai sugellato il vostro magico primo incontro?
Quale messaggio subliminale e specialissimo hai lasciato che passasse solo tra voi due?"

"Io ero molto emozionata"

"Certo, è normale"

"E poi ero fisicamente provata"

"Lo capisco e quindi?"

"..."

"Quindi???"

"Quindi...le ho vomitato addosso. Ma poco eh!"

"Azz, proprio quello che si dice: un'entrata in grande stile!"

"La prossima volta che nasco mi devo ricordare il Travelgum."
L'idea di questo post risale a maggio.
Tra correzioni, modifiche e rimaneggiamenti queste poche righe hanno rischiato la cancellazione definitiva più di una volta.
Ma, superata la mia rigida censura e l'implacabile autocritica, è giunta l'ora che questo mio caparbio figliastro veda la luce.
Siate magnanimi.



"La Posta del Cuore(?!?)"

Nel corso della mia vita ho maturato una certa esperienza in fatto di uomini. Non è mica da tutti poter vantare tra i propri ex: un fedifrago compulsivo, un filosofo depresso ed un tedesco pazzo. Ci vuole applicazione e talento per collezionare personaggi di tal fatta.

La voce si deve essere sparsa e ultimamente molti visitatori arrivano su queste pagine in cerca di risposte.
Risposte da me.
Poveracci.

Orfani di Susanna Agnelli non crucciatevi, ora che la sorella dell'Avvocato vi ha lasciati, ci penserà Pancrazia ad elargire perle di saggezza.

Un uomo perché ci prova con tutte anche se è impegnato?
Non ti ha insegnato niente la mamma? L'uomo è cacciatore!
Ma non è il caso di piangere e tanto meno di strapparsi i capelli: esiste un'ottima soluzione per ovviare al problema.
No, non consiste nel trovarsi un uomo fedele e innamorato. Scendi dal pero Giulietta dei miei stivali!
No, non è sufficiente neanche trovarsi un uomo dalla moralità ferrea. Il senso di colpa è un concetto profondamente sopravvalutato.
Il trucco è banale nella sua semplicità: bisogna trovarsi un uomo pigro. Tanto pigro. Una via di mezzo tra Homer Simpson e un bradipo.
Il broccolamento richiede un certo impegno psicofisico e quindi avere un compagno allergico alla fatica è un'ottima base di partenza per evitare di collezione più corna di una cesta di lumache.
Purtroppo esiste sempre l'eventualità che egli si imbatta in una donna particolarmente intraprendente (leggasi zoccol@) pronta a farsi trovare già sbucciata e comodamente adagiata tra le lenzuola.
In questo caso consiglio di rassegnarsi al destino crudele e, prima di andarsene via sbattendo la porta, limitarsi a prendere a randellate i due fornicatori.

"Il fascino dell'uomo maturo?"
Vi risparmierò l'abusato esempio di Sean Connery. Più che maturo ormai abbondantemente frollato.
Salterò a piè pari il brizzolatissimo George Clooney. Precipitato dall'Olimpo di Hollywood per diventare "Quello che esce con la Velina".
Per ovvie ragioni, ignorerò quel raffinato gentiluomo, esperto nel low profile, che risponde al nome di Flavio Briatore.
Non rimane che il mio Ciccio. Ma è superfluo che vi spieghi perché mi piace tanto: ormai anche voi lettori lo adorate.

Ho perso la testa per uno più giovane
Brava!
Demi Moore, Madonna e Cher fanno scuola.
Ma mi duole ricordarti che quei maledetti giovani corrono veloci e non sono facili da acchiappare.
Urge quindi un allenamento intenso e mirato. Oppure un lazo.
Per quelle senza scrupoli consiglio un bel giavellotto. Forse un metodo di caccia un po' cruento, ma decisamente di grande effetto.
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