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Perché sulle copertine di Harry Potter troneggia il nome J.K. Rowling e non Joanne Rowling? 

Non ve lo siete mai chiesto? 
Non importa, ve lo spiego lo stesso. 

Fu un’idea dell’editore che voleva camuffare un po’ il fatto che l’autrice fosse una donna. Prese questa decisione, convinto che gli autori uomini vendessero più delle donne e anche che, una storia che aveva come protagonista un ragazzino maschio, fosse destinata a essere letta solo da ragazzini maschi che, a loro volta, avrebbero preferito un autore maschio. 
Maschio l’ho già detto? 

In realtà, alla fine, Harry Potter si è rivelato un successo editoriale e culturale senza precedenti. Le vicende del maghetto sono state lette da ragazzini, ragazzine, adulti, bambini, anziani. E tutti ormai lo sanno, J.K. è Joanne, una donna. Che, tra l’altro, non ha nessun secondo nome: quella K di J.K. è un omaggio alla nonna Katherine. 
Un’altra donna, ovviamente.

Addio Fantasmi. 
Nadia Terranova. 
Edizioni Einaudi.

Una storia di perdita, lutto e immobilità. 
Una donna che torna a Messina, nella casa dei suoi genitori, per ritrovare il passato e, appunto, cercare di dare l’addio ai propri fantasmi. 

“Conosco” Nadia tramite blog e social da almeno 10 anni, ne ho seguito le evoluzioni, la crescita lavorativa ma, in effetti, non avevo mai letto un suo libro. Mancanza a cui ho rimediato ascoltando l’audiolibro di Addio Fantasmi. 

Nadia Terranova ha un tipo di scrittura sofisticato e mai banale, racconta la sua terra e il passato in maniera coinvolgente. Nadia ha un tipo di scrittura non così facile e neanche essenziale, come io, personalmente, prediligerei. 

Non mi ha sorpresa, quindi, che la mia immersione nelle vicende narrate in Addio Fantasmi sia stata lenta. A un certo punto, però, complice anche la voce di Elena Radonicich, è stata inevitabile. E, inevitabilmente, questo viaggio narrativo nella Messina di adesso e di 10, 15, 20 anni fa ha risvegliato in me ricordi. 

A Torino appartengo a una vastissima tribù, quella dei nati al nord da genitori del sud. I miei arrivano dalla provincia di Palermo. Quelli di Mary, la mia migliore amica, dalla provincia di Messina. 

Io sono quel tipo di persona che viene insultata dai piemontesi che, pensando di farmi un complimento, dicono: “Non sembri per niente del sud”. E questo è molto insultante. E da quelli del Sud che ci tengo a farmi notare critici che “Non sembri per niente del Sud”. L’Italia si unisce in questa necessità di dare opinioni non richieste, ancor più se sono opinioni spiacevoli. Che meraviglia. 

Comunque Mary era la donna del sud per eccellenza: pelle scura, fianchi generosi (il suo più grande cruccio, ogni estate, nei camerini dei negozi del centro), tutta la famiglia ancora a Gioiosa Marea. Famiglia che visitava rigorosamente almeno una volta l’anno. Io, invece, la mia l’ho sempre avuta tutta al nord e in Sicilia ci sono stata una manciata di volte, nel paese dei miei solo una. 

Mary ed io ci siamo conosciute al liceo. Vicine di banco per caso. Riconosciute nelle somiglianze, unite nelle differenze. Nord, Sud, pragmatismo, spiritualità, un misto di esperienze comuni, anni trascorsi, racconti reciproci. 

Addio Fantasmi parla di quella parte di Sicilia che per me appartiene a Mary e alla sua famiglia. Addio Fantasmi parla di perdite e lutti. E Mary io l’ho persa, e con me gli altri, ormai 8 anni fa. E così in piedi in cucina, con le cuffie e il libro nelle orecchie, mi sono sentita a casa, riconosciuta nel dolore e nella mancanza. Ospite in un luogo sconosciuto ma caro. Persa tra quella nostalgia e quella speranza, che non risparmiano nessuno neanche quelli come me. Quelli che non credono ma sperano delle volte di sbagliarsi per avere un giorno la possibilità di un ultimo caffè, un’ultima condivisione.


“Per il mio bene”
. 
Raccontare la propria vita senza filtri. 

Ema Stokholma, per chi non la conoscesse, è una dj e un personaggio televisivo italo francese. Una ragazza altissima, piena di tatuaggi e dall’accento a dir poco inconfondibile. 
Fino a poco tempo fa, per me, era più che altro un’ex concorrente di Pechino Express per cui, onestamente, non provavo nessuna particolare simpatia. Poi, per caso, complice l’ultimo Salone del Libro di Torino, ho scoperto brandelli della sua storia e qualche giorno fa ho ascoltato il suo libro. 

So già cosa starà pensando qualcuno di voi: “Ecco, a questa raccomandata le hanno pubblicato un libro solo perché è già famosa”. Sicuramente l’essere una faccia nota avrà aiutato l’impresa, non ne dubito. Ma Ema Stokholma aveva una storia importante da raccontare e non si può dire altrettanto di molti autori, regolarmente pubblicati e unanimemente riconosciuti. 

Ema ha avuto un’infanzia da incubo, cresciuta da una madre violenta e instabile. Picchiata e umiliata regolarmente. Con un padre italiano che l’ha abbandonata ancora prima che nascesse. E un fratello vittima quanto lei, impegnato quindi, quanto lei, a sopravvivere un giorno dopo l’altro. 

Ema, che in realtà si chiama Morwenn, a 15 anni è scappata, ci aveva già provato più volte da bambina, ma finalmente da adolescente è riuscita nell’impresa. È scappata da colei che, nel libro, mai definisce madre ma sempre Mostro. Un paio di All Star, la fedele musica nelle orecchie e un treno per ricominciare. 

È arrivata in Italia, a Roma, è stata qualche giorno da Antonio, l’inutile padre, per poi iniziare una vita indipendente e senza freni. 
È stata per anni una ragazza in giro per l’Europa tra lavoretti, furti, rave e droga. 
Ha vissuto a lungo una vita confusa, drammatica, appassionata, instabile ma anche piena di legami e amici, destinati a diventare quella famiglia che non aveva avuto prima. 

Ora Ema sta meglio, è cresciuta, ha chiuso con le droghe, ha seppellito sua madre e ha ritrovato suo fratello. Una storia così però è destinata a lasciare dei segni e lei così continua il suo percorso, nel tentativo di guarire da tutte le ferite accumulate negli anni, trovare finalmente lo psicanalista giusto e, come le dice la sua amica Andrea (Andrea Delogu, credo), smettere di accontentarsi di essere una sopravvissuta. 

Ema ha scritto questo libro per raccontare la sua storia e quella di tutti i bambini maltrattati nell’indifferenza altrui. “Non fatevi i fatti vostri” chiede. E così leggere il suo libro o ascoltarlo, come nel mio caso, è quasi un dovere. 
Un dovere doloroso. All’inizio ho fatto fatica, le descrizioni delle violenze subite sono esplicite e fanno male allo stomaco. Ma se ce l’ha fatta una bimba di 7 anni a subirle e a sopravvivere, ce la possiamo fare pure noi ad ascoltarle. Perché se non si è fatto nulla per le vittime nel momento in cui erano tali, il minimo che si possa fare, in quanto essere umano degno di questo nome, è ascoltare con attenzione e rispetto il racconto dei loro dolori, per prenderne consapevolezza e, quando e se capiterà, non farci i fatti nostri. 

Lo stile è asciutto, la storia genuina e affilata. Il libro consigliatissimo. 

ps: l'audiolibro è letto dalla stessa Ema. Per me è un valore aggiunto.

Dopo "Big Magic" di Elizabeth Gilbert (https://bit.ly/3nVlsbc) continuo il mio percorso tra i libri dedicati alla creatività, alla vita creativa, al lavoro creativo, con "I veri artisti non fanno la fame" di Jeff Goins. 

Autore, blogger, imprenditore, praticamente la mia fonte d'ispirazione suprema in questo momento della vita. In tutta onestà, però, non ho trovato questo libro irresistibile. Utile, interessante ma, a tratti, un po' fiacco. Ad attirare davvero l'attenzione solo le parti che riguardano gli aneddoti degli artisti. Da Michelangelo fino ai musicisti di nicchia, Jeff Goins porta ad esempio una varietà di creativi, di successo o meno. 

La scrittura, lo ripeto, non è travolgente ma gli argomenti trattati sono fonte di grande ispirazione per chi, come me, vive, lavora, guadagna di creatività. 

In definitiva, consigliato ma non troppo.

I veri artisti non fanno la fame. 
Strategie senza tempo per prosperare nella nuova era creativa.
Autore Jeff Goins.
Antipodi Edizioni.


Io lo so che alcuni professori a scuola hanno fatto più danni dei lanzichenecchi. 
Io lo so che i programmi scolastici in alcune parti sono miopi, sordi e pure un po' rimbambiti. 
Io lo so ma questa non è una scusa. 

Supera i tuoi traumi liceali, apri la mente e leggi i classici della letteratura. 
Perchè c'è un motivo se i classici sono diventati tali. 
Non li amerai tutti allo stesso modo, ci mancherebbe, ma non potrai restare immune al fascino e all'innegabile qualità di alcuni scritti. 

I russi, i francesi, gli italiani. Pure Manzoni, sì, l'ho detto. Gli inglesi, li spagnoli e poi salpa oltre oceano e anche verso oriente. La letteratura mondiale(!) di tutti i tempi è una ricchezza da godere! 

Leggi le novità del momento, non ti sto suggerendo di chiuderti in una torre d'avorio e pagine ingiallite, ma leggi i classici, un po' per volta, di epoche e luoghi diversi. Che regalo ti farai!

"Ma sti tipi bassetti con i piedoni ti paiono proprio una buona idea?" 
Non escludo che avrei detto questo a Tolkien se mi fossi trovata in mezzo agli Inklings. 

Mi vedo così, unica donna, elegantissima come si usava all'epoca, in mezzo alla crème della letteratura inglese, a sparare scemenze per far la spiritosa. A combattere l'ansia da prestazione con la stupidera. 

Gli Inklings si ritrovavano ogni settimana presso il Pub Eagle and Child ad Oxford, in St Giles Street. Pub che ora espone orgoglioso una targa commemorativa su cui si regge tutto il suo marketing. Scelta condivisibile. 

Quello degli Inklings, era un gruppo di autori, accademici e no, che – dall’inizio degli anni ’30 fino al 1949 – si incontrò per leggersi vicendevolmente cosa stavano scrivendo in quel periodo, per confrontarsi, per darsi consigli. Io m'immagino discorsi del tipo "Che ne dite di un leone parlante?” “Ma sei serio?” 

Insomma un laboratorio di scrittura per inarrivabili geni che stavano facendo la storia della letteratura tutte e del fantasy, in particolare, tra alcol e tabacco. Che invidia. 

Il più noto del gruppo era Tolkien, accanto a lui C.S. Lewis, poi a seguire Charles Williams e molti altri ancora. Trovi l’elenco completo qui https://en.wikipedia.org/wiki/The_Inklings. 

In quegli anni, tra quelle sale e quelle menti, videro la luce opere come Il Signore degli Anelli e la saga delle Cronache di Narnia. E noi ancora ne godiamo, a spiare la meraviglia della creazione con i nasi attaccati ai vetri delle finestre di quel pub di Oxford.
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