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Oggi voglio dedicare un piccolo post, con qualche curiosità, alla storia per bambini per eccellenza: Il Meraviglioso Mago di Oz. 

Un libro che uscì nel 1900, scritto da Frank L. Baum e illustrato da W.W. Denslow. 

La storia ebbe subito successo, tanto che Baum decise di cavalcarne l'onda, scrivendo numerosi episodi successivi e realizzando anche due musical teatrali, uno più fedele al libro originale, un altro invece destinato a un pubblico più adulto, dove la storia di Dorothy venne trasformata in una satira della società e della politica del tempo. 

Ma Baum non fu certo l'unico che cercò di trarre più profitto possibile dalla storia e dal successo del mago di Oz. Infatti, quando lui venne a mancare, diversi autori presero in prestito la sua opera per realizzarne dei sequel.

In tutto si contano una quarantina di episodi successivi al libro originario, di cui solo meno della metà scritta da Baum stesso. 

Ovviamente ci sono state anche tantissime trasposizioni. Tra queste la più famosa rimane quella del 1939: il film con Judy Garland nei panni di Dorothy. Una trasposizione abbastanza fedele ma con qualche differenza fondamentale rispetto all'opera originale. Ad esempio, le mitiche scarpette rosse indossate dalla Garland, avrebbero dovuto essere color argento per essere uguali a quelle del libro, ma la produzione decise di prendersi questa licenza poetica poiché delle scarpe scarlatte avrebbero sicuramente fatto più effetto sul grande schermo e in Technicolor. Anche il finale venne leggermente modificato: nel film Dorothy si sveglia e scopre che tutto ciò che le è successo è stato solo un sogno, nel libro invece la bambina torna dagli zii dopo aver vissuta un'avventura in un mondo sicuramente straordinario ma realmente esistente. 

Io, personalmente, che ho una certa età, ricordo con grande tenerezza sia la serie animata giapponese degli anni'80, sia l'episodio di Saranno Famosi in cui Doris Schwartz si addormentava e sognava di vestire i panni della piccola Dorothy. Qualcuno di voi ne ha memoria?

 


Se si amano i libri e la lettura non si possono scordare le prime storie, i primi volumi, le prime pagine che le nostre dita bambine hanno sfogliato. 

Non sapevo ancora leggere quando mia madre cedette a una mia richiesta. Io indicai i volumi al sicuro lassù nella libreria e lei ne scelse uno, mi fece sedere e me lo aprì in grembo. I libri erano una cosa da grandi e già questo me li rendeva speciali. E poi quello era uno spettacolo, pieno di foto e disegni. Era uno dei volumi dei Quindici, enciclopedia per bambini popolarissima tra la fine degli anni '60 e la fine degli '80, un must have di tutte le famiglie dell'epoca. 
Ho passato la mia infanzia a sfogliare quelle pagine, tracciare col dito le illustrazioni, esaminare le foto, leggere tutto con attenzione, imparando a memoria i miti greci come le regole del "fai da te", la storia degli uomini come le fiabe. Un'avventura meravigliosa e ogni volta diversa. 

Appena imparai a leggere, iniziai anche a dare un'occhiata ai libri di mia sorella, più grande di me di 8 anni. In realtà non ne aveva molti, non amando particolarmente la lettura, ma ne aveva alcuni che attirarono immediatamente la mia attenzione. Non era tanto per i bei disegni in copertina o per i titoli interessanti, quanto per il nome dell'autrice: Rossana Guarnieri. Nessuno nella mia famiglia si chiamava Rossana, nessuna tra le miei amiche si chiamava Rossana, nessuna in tutta la mia scuola si chiamava Rossana. E, come se non bastasse, la maggior parte delle persone si dimenticavano o storpiavano il mio nome, facendomi diventare all'occasione Rosanna o Rossella. Una tortura! Ma nella mia cameretta scoprii che al mondo c'era un'altra Rossana e che addirittura scriveva libri, libri con protagoniste ragazzine. Un sogno. 
Ricordo in particolare la storia di una ragazzina timidissima che superava questo suo problema grazie a un corso di teatro, e quella di un'altra che andava in campeggio con i genitori e finiva bloccata in una grotta con alcuni amici, tra cui uno slanciato svedese. Queste mie letture quindi spiegherebbero, tra le altre cose, perché ho sempre amato il teatro e i ragazzoni nordici. 

Infine, ero alle elementari quando la mia maestra ci disse di andare in biblioteca o in libreria, scegliere un libro, leggerlo e poi raccontarlo alla classe. Io andai alla cartoleria sotto casa. Il negoziante cercò di convincermi a comprare un romanzo la cui protagonista era una principessa/duchessa boh, non so, una giovane nobile di qualche tipo. Ma i miei occhi si fissarono su un libro dalla copertina gialla e rigida, il titolo blu mi pareva irresistibile.
"E questo?" chiesi.
"Questo? Veramente è più da ragazzi..."
"Voglio questo!" decisi.
Era "Dalla Terra alla Luna" di Jules Verne.
Che avventura pazzesca fu quel mio viaggio spaziale!

I numerosi traslochi, da allora fino ad adesso, mi hanno fatto perdere traccia di tutti quei libri colorati, i miei primi libri, ma gli splendidi ricordi legati a quelle scoperte rimangono ancora dentro di me e non si affievoliscono con il tempo, anzi.

Comprato per caso a un paio di Saloni del Libro fa, il "Circo della Notte" è rimasto in attesa nella mia libreria per un po'. Poco tempo fa mi sono finalmente decisa a iniziare la lettura. 

Si tratta di un fantasy ambientato tra la fine del '800 e l'inizio del '900, tra l'Europa e gli Stati Uniti. Il centro delle vicende è, ovviamente, un circo. 

Non leggevo un fantasy da almeno una decina di anni e questo è stata una piacevole scoperta. O meglio, che sia chiaro, la trama scricchiola un po' e le ultime 50 pagine sono alquanto deludenti ma Erin Morgenstern, l'autrice, è riuscita comunque a conquistarmi. 

Dimostra un talento raro nel creare l'atmosfera, nel far viaggiare il lettore in un ambiente magico, retrò ed estremamente affascinante. Ho letto gran parte del libro ad alta voce, tale era la mia passione per la sua scrittura e il piacere di sentirla risuonare. 

Si tratta di un'opera prima di un'artista visuale e la sua capacità di creare ambienti immaginifici è innegabile. Spero proprio che continuerà a scrivere creando nuovi mondi e luoghi fantastici. 

Ribadisco, questo libro ha più di un difetto, ma la fascinazione che riesce a creare durante il percorso è cosa rara. 
Consigliato.
Hai visto Pinocchio al cinema e in tv, te l'avranno letto da bambino o l'avrai letto tu sesso ma, probabilmente, ci sono ancora alcune cose che non sai del capolavoro di Collodi. 

Ecco 5 curiosità su Pinocchio. 

1) Le avventure di Pinocchio vennero pubblicate inizialmente nel 1881, a puntate, all'interno di un settimanale per ragazzi. Il volume unico, come lo conosciamo oggi, vide la luce solo due anni dopo, nel 1883. 

2) Nella versione pubblicata sulla rivista, Collodi faceva morire il personaggio tramite impiccagione. Ovviamente questo finale non piacque ai lettori. L'autore toscano fu costretto a cambiarlo e la storia è così giunta fino a noi con un più classico lieto fine. 

3) Pinocchio è uno dei libri italiani più tradotti al mondo. A tutt'oggi si contano 260 traduzioni.

4) Grazie a questo libro il concetto "se dici una bugia ti cresce il naso" si è diffuso in 3/4 del pianeta. Concetto che non era tipico della Toscana dell'800 ma che fu un'idea originale di Collodi stesso. Del resto, se il tuo protagonista è un bugiardo fatto di legno, non è una cattiva idea fare in modo che questo suo difetto risulti evidente anche fisicamente. Bella trovata, Carlo!

5) Il titolo completo dell'opera di Collodi è "Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino". All'epoca, infatti, con il termine "burattino" si intendeva un generico fantoccio mosso da fili. 
La lingua italiana, però, nel frattempo si è evoluta e modificata. Ora un "burattino" è un pupazzo mosso da una mano al suo interno, un tipico gioco per bambini, mentre un fantoccio manovrato dall'altro attraverso dei fili è detto "marionetta". 
Pinocchio, quindi, rimarrà per sempre il burattino più famoso al mondo. Ma ora è una marionetta. 

Conoscevi già qualcuna di queste curiosità?

"La scrittura non si insegna", un'affermazione un po' forte da fare considerando che da anni conduco laboratori di scrittura. Ma non si tratta di una mia dichiarazione quanto del titolo di un saggio di Vanni Santoni. 

"La scrittura non s'insegna" è convinto Santoni, che a sua volta insegna e ha insegnato scrittura creativa in diverse Scuole. Ma allora si tratta solo di una provocazione? Non proprio, fin dalle prime righe l'autore specifica che, secondo lui, non si può insegnare a scrivere bene ma si può insegnare a diventare uno scrittore. O un narratore, come preferisco dire io. 

Si può insegnare la disciplina, il metodo, la fatica per passare dalla teoria alla pratica, dalla fantasia del genio incompreso a un lavoro vero o, quantomeno, a un manoscritto finito. O, meglio, a più di uno. 

Il titolo "peculiare" attrae l'attenzione ma a mantenerla è il contenuto di questo breve saggio: rapido, divertente, pieno di ottimi consigli. 

Un libro che mi ha lasciata con una gran voglia di leggere, scrivere e perfino aprire una rivista letteraria. Fermatemi, vi prego, prima che lo faccia veramente! 

Una lettura consigliatissima a chi ama la scrittura, ama prenderla molto sul serio ma, magari, è pronto a prendere MENO seriamente il proprio strabordante ego e la necessità disperata di pubblicare come fine ultimo. L'importante è scrivere, scrivere, scrivere. La pubblicazione, nel caso, arriverà. 

"La scrittura non si insegna". 
Vanni Santoni. 
Minimum Fax.

Ci avevo provato qualche anno fa ma, complice una simpatica pandemia, avevo perso presto slancio ed entusiasmo. Fallendo miseramente quanto rapidamente.

Ma ho deciso che ci avrei riprovato quest'anno e così ho fatto. 
L'8 gennaio del 2023 mi sono lanciata nuovamente nell'avventura "Guerra e Pace", forse il più grande classico che ancora manca nel mio curriculum da lettrice. 

Questa volta ho scelto di darmi all'audiolettura, in modo da poter compiere questo viaggio in maniera un po' più agevole. E, infatti, ad oggi ho già abbondantemente superato la soglia che avevo raggiunto al primo (fallimentare) tentativo con un ebook. 

Quindi, quest'anno, accanto a saggi dedicati alla scrittura e a romanzi della più varia natura (la rima è voluta), leggerò anche la grande opera di Tolstoj. 

Non ho idea di quanto tempo ci metterò in tutto. 
Non ho fretta. 
Per ora, mi godo il viaggio.

Si avvicina il Natale e io mi sono data alle letture stagionali, quelle che profumano di vischio.

In realtà, quest'anno, mi sono data soprattutto alle riletture. 
In particolare, sto ascoltando, in rigoroso ordine cronologico, i 4 audiolibri che compongono la saga delle sorelle March. 

Da bambina lessi Piccole Donne e Piccole Donne Crescono. Ora, da adulta frollata, sto affrontando per la prima volta anche Piccoli Uomini e I Ragazzi di Jo. 

Piccole Donne rappresenta una pietra miliare nella letteratura per ragazzi e, tanto onore, merita un post dedicato. Un post in cui ho deciso di elencare 10 curiosità sul libro che, forse, ancora non conosci. 

1) Louisa May Alcott non voleva scrivere questo libro.
Fu l'editore a chiederle esplicitamente un romanzo per ragazzine di buona famiglia. Lei, da suffragetta impegnata qual era, trasalì e rifiutò. Per convincerla ci volle la proposta di un contratto editoriale anche per il padre filosofo. Cosa non si fa per la famiglia! 

2) Louisa scrisse il romanzo, che tanto non voleva scrivere, in sole 10 settimane.
Che fosse incredibilmente ispirata o semplicemente volesse togliersi il pensiero in fretta, non ci è dato sapere. Ma resta il fatto che, in poco più di due mesi, realizzò un libro che sarebbe stato amato da tutte le ragazzine del mondo. 

3) Il romanzo ebbe da subito un successo strepitoso.
Non si trattò di quei casi di riscoperte a posteriori o long seller che lentamente si fanno strada nei cuori dei lettori di tutte le epoche. No, Piccole Donne fu un successo editoriale fin dai primi momenti. 

4) Questo forse l'hai già sentito: il personaggio di Jo non si doveva sposare.
Louisa May Alcott voleva che alla fine Jo fosse una donna realizzata, ricca di passioni ma single, o meglio zitella, come si diceva allora. Una donna felice e indipendente che non aveva bisogno di un uomo. Una visione modernissima per l'epoca. Talmente moderna che l'editore la bocciò, ritenendo che le giovani lettrici avrebbero di gran lunga preferito un happy ending classico con tanto di principe azzurro. La Alcott dovette cedere a queste insistenze ma lo fece a modo suo, decidendo di non far finire Jo con il personaggio più ovvio. Niente Laurie: ragazzo americano, giovane, bello e ricchissimo. Meglio il Professor Bhaer: tedesco, poco attraente, in là con gli anni e povero in canna. 
Entrambi dal cuore d'oro, però.

5) L'autrice saccheggiò la propria vita e la propria famiglia per dare forma ai personaggi che avrebbero animato il suo libro. Lei stessa, infatti, era la secondogenita di 4 sorelle, proprio come Jo. Con cui condivideva, ovviamente, anche la passione per la scrittura. Sua sorella maggiore era una donna che amava il marito e i figli, come Meg. La più piccola della famiglia era una capace artista, come e più di Amy. E, purtroppo, l'amatissima terzogenita, Elizabeth nel libro e nella realtà, morì di scarlattina a soli 22 anni. 

6) Anche i genitori Alcott sono serviti da canovaccio per creare i signori March, con cui condividevano infatti la passione per la cultura e per l'impegno sociale.

7) Lo stesso Laurie pare essere ispirato a un tale Laddie, musicista polacco, che la scrittrice avrebbe conosciuto in Europa e con il quale avrebbe anche condiviso una breve vacanza a Parigi. Tra gossip e realtà non sapremo mai quale sentimento unisse veramente i due ma non c'è niente di male a sognare la (un po') bacchettona Alcott alle prese con un amore fugace per le strade della Ville Lumière. 

8) Persino la casa della famiglia March condivide con quella degli Alcott praticamente tutto: dal nome, al luogo (il Massachussets) fino all'aspetto. Tanto che Orchard House è diventata un feticcio per gli amanti della lettura di tutto il mondo e, trasformata in museo, accoglie ogni anno migliaia di visitatori curiosi di vedere dove le gesta di Louisa May, nonché quelle di Jo, abbiano avuto luogo. 

Che dire? Forse l'autrice americana ha fatto così in fretta a scrivere l'opera perché ha dovuto davvero inventare ben poco.

9) Piccole donne venne pubblicato negli Stati Uniti nel 1868. Un anno dopo, nel 1869, uscì anche Piccole Donne Crescono. I due volumi rimasero separati per 11 anni, poi – a partire nel 1880 – vennero uniti in un unico tomo e, ancora adesso, vengono pubblicati in questo modo negli USA. 

10) Diversa la situazione in Italia (come saprai) ma anche in altri paesi, come Francia e Inghilterra, dove i due volumi sono sempre stati pubblicati separatamente, forse perché ritenuti in questo modo più appetibili per il pubblico dei più giovani. 

Conoscevi qualcuna di queste curiosità? 
E qual è il tuo volume preferito della saga?



N.d.A. Immagine di janwillemsen.

 


Da oggi trovi una piccola novità su queste pagine. 
Dai un'occhiata alla colonna di destra... in alto... la vedi? 
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Una pagina Amazon, appunto, dove trovi tutti i miei consigli di lettura, quelli generici e quelli legati alla scrittura creativa. 

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Per te quindi non ci sarà un sovrapprezzo ma per me ci sarà un aiuto al mio lavoro, una spinta a far sempre meglio, uno stimolo a creare contenuti sempre più validi. 

Detto ciò, se non vuoi acquistare online o se preferisci altri siti, lo capisco, amici come prima.

E ora e sempre, buona lettura!

Questa sarà la notte di Halloween e questo l'ultimo post dei miei consigli di lettura. 

Per la notte da brivido mi sono tenuta il libro migliore alla fine. 
Uno dei miei romanzi preferiti. Una delle storie che avrei voluto scrivere io. Un'autrice straordinaria. Un mostro che è entrato negli incubi di tutti. Ma soprattutto temi come il rapporto tra la scienza e l'uomo, il delirio di onnipotenza, il doppio. 

Il dottor Frankenstein è il moderno Prometeo. Il titano si ribella agli dei per portare il fuoco agli uomini, così lo scienziato sfida il ruolo di Dio portando in vita un corpo morto. 

La leggenda dice che l'idea raggiunse Mary Shelley in sogno, durante una notte di tuoni e fulmini. Quale notte migliore per la nascita della Creatura? Mostro ma vera vittima. 

Il tutto scritto da una donna, diciannovenne all'inizio del 1800. 

Questo libro meriterà come minimo un altro post. 
Voi, intanto, se non l'avete ancora fatto, correte a leggerlo.

E buona notte delle streghe a tutti!


Ero molto piccola quando, un sabato sera, mi trovai a dormire da mia cugina Manuela, di qualche anno più grande di me. 

Quella sera mia cugina mi insegnò che lei a letto teneva sempre il lenzuolo fin sotto il mento, per evitare di essere morsa dai vampiri. 
Io ero piccola, lei era più grande, lei non poteva che avere ragione. 

Da quella notte dormo con il lenzuolo pure se ci sono 30 gradi e ormai lo so che i vampiri non esistono ma... 
ma meglio stare attenti, non si sa mai. 

Questo è il motivo principale per cui non ho mai letto Dracula di Bram Stoker. Ne ho ammirato e amato la versione cinematografica di Coppola, come del resto sono stata un'accanita fan di Buffy ma il libro di Stoker no, quello non me la sono mai sentita di affrontarlo. I libri sono tutta un'altra cosa. Fanno molta più paura. Almeno a me. Le loro parole affondano in profondità molto più delle immagini, s'insinuano nella mente e smuovono timori atavici. 

Il Discepolo di Elizabeth Kostova però l'ho letto. O meglio, lo lessi anni fa, in un momento in cui mi sentivo particolarmente sicura di me. Ero un'adulta, potevo affrontare la sfida, non ero più impressionabile. Mi lanciai nella lettura con entusiasmo. 

Non ero neanche a pagina 100 quando andai da mia madre e le chiesi: "Ma la mia croce del battesimo ce l'abbiamo ancora?" 
La indossai per tutte le restanti 570 pagine. 
Perché i vampiri non esistono ma... 

Tutto questo per dire che, non è un vero Halloween senza un bel libro sui canini affilati, e io oggi vi consiglio: Il discepolo di Elizabeth Kostova. 
Inquietante, moderno, coinvolgente. 

Prima o poi, leggerò anche quello di Stoker. 
O forse no. 

Buona lettura!


Tra il 1988 e il 1996, Neil Gaiman realizzò la serie a fumetti Sandman che quest'anno è diventata anche una serie tv e soprattutto una serie di audiolibri splendidamente realizzati. 

Una lettura o un ascolto perfetto per il periodo di Halloween. Storie a cavallo tra il mondo dei sogni e la realtà, oscure avventure di uomini e dei (o meglio entità soprannaturali), carnefici e vittime, angeli e demoni. 

Un percorso lunghissimo da percorrere tra una notte delle streghe e l'altra.

Halloween is coming: un consiglio libresco al giorno fino al 31 ottobre! 

Ci mi conosce lo sa: io sono una grande sostenitrice dei classici, fonte inesauribile di sorprese e conferme, difficile restare delusi. C'è un motivo per cui sono diventati classici, no? 

Per questi giorni da brivido impossibile non proporre almeno un titolo della regina del giallo. E io, per l'occasione, tra l'enorme mole di produzione letteraria della Christie, ho scelto di consigliarvi quella che per me rimane la sua opera migliore: Dieci piccoli indiani. 

Un'isola, dieci personaggi, il cerchio si stringe, chi è il colpevole? 

Una macchina da brividi perfetta, da leggere e anche rileggere, come feci io all'epoca, per cercare tutto ciò che è sfuggito alla prima lettura. 

A domani con il prossimo titolo!

Mancano 5 giorni ad Halloween. 

Non amo le feste in costume ma non so resistere a un bel libro dai temi oscuri e le ambientazioni macabre.

A partire da oggi, per 5 giorni, consiglierò un libro adatto alla notte delle streghe. 

Comincio con "La tredicesima storia" di Diane Setterfield. 

Una scrittrice molto anziana, una biografia, una storia che manca all'appello. 

Letto molto tempo fa, mi ha lasciato dentro inquietudine e una citazione che da Storyteller (Raccontatrice) amo tantissimo: "Tutti i bambini mitizzano la loro nascita. È un tratto universale. Volete conoscere qualcuno? Mente, anima e cuore? Chiedetegli di raccontarvi quando è nato. Ciò che ne ricaverete non sarà la verità; sarà una storia. E niente è più rivelatore di una storia".

Come le storie ci hanno reso umani. 

Un saggio dell'accademico Jonathan Gottschall, edito da Bollati Boringhieri.

Un libro che tratta del potere universale della narrazione. Del racconto come elemento fondamentale del successo evolutivo dell'umanità. 

L'uomo ha l'istinto del racconto talmente radicato in se stesso da cercarlo e crearlo consciamente durante la veglia ma anche inconsciamente durante il sonno e, soprattutto, il sogno. 

L'opera di Gottschall è una lettura fondamentale per chiunque ami scrivere o leggere, per chi senta fortissima la fascinazione del racconto e desideri saperne di più, approfondire l'argomento anche dal punto di vista meno umanistico e più scientifico, con l'applicazione delle neuroscienze e della biologia. 

Jonathan Gottschall, che ha dedicato la sua vita alla narrazione, ha dalla sua parte inoltre anche una notevole abilità di narrazione egli stesso. Leggere il suo saggio è come affrontare un romanzo avvincente di cui tutti noi, fin dalla più tenera età, siamo i protagonisti.

"Viviamo nell'isola che non c'è. Siamo l'animale che racconta storie."

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Sai che cos'è un FrigoBook? 
Un frigorifero vintage, adeguatamente ridipinto e risistemato, che funge da luogo di bookcrossing.

Quindi, un frigorifero contenente dei libri che si possono prelevare liberamente ma, allo stesso tempo, un frigorifero dove si possono lasciare dei libri per gli altri. 

Un luogo di scambio, di cultura e di bellezza. 

Questa è un'iniziativa dell'associazione torinese Pagina 37 che ha disseminato questi frigoriferi speciali in giro per tutto il capoluogo piemontese. 
L'ultimo è stato installato pochi giorni fa, il 14 ottobre 2022, nell'area pedonale di corso Marconi, proprio davanti alla scuola A. Manzoni. 

Se sei di Torino o sei di passaggio in città, puoi cercare uno di questi frigoriferi – trovi tutte le posizioni sul sito ufficiale dell'associazione – per andare a scegliere un libro o lasciarne uno per chi passerà dopo di te. 

Buona lettura!



Tutto ebbe inizio con Alice Basso, poi fu la volta di Amélie Nothomb ed Ema Stokholma. Ma fu solo con Nadia Terranova che, finalmente, ci feci caso. 

All’inizio di quest’anno, mi trovai a leggere solo romanzi scritti da donne. Uno dietro l’altro, senza rendermene conto. Poi, quando finalmente me ne accorsi, decisi che avrei continuato questa sorta di onda rosa letteraria per tutto il 2022.  

E così sto facendo. 

Non contenta, quest’estate ho anche iniziato a leggere ma soprattutto ascoltare, trattandosi per lo più di audiolibri, una serie di testi dedicati al femminismo. 

A tal riguardo, i titoli inanellati fino ad ora, in puro ordine casuale sono: 

Stai Zitta di Michela Murgia;

Dovremmo essere tutti femministi di Chimamanda Ngozi Adichie;

Il corpo elettrico di Jennifer Guerra;

e Il monopolio dell’uomo di Anna Kuliscioff.

Ho vagato tra gli argomenti, i luoghi e perfino il tempo.
Ora mi affido a tutte e tutti voi, avete qualche lettura sul tema da suggerirmi?


Io ho sempre amato Ettore. 
Tutti amano Ettore. 
Forte, coraggioso e giusto. 

Achille invece con quella sua semideità non mi ha mai affascinato. 

Probabilmente per lo stesso motivo per cui tra Superman e Batman ho sempre preferito quest’ultimo. Che ci vuole a essere un supereroe se si hanno i superpoteri? Tutt’altro merito se si hanno sì i miliardi ma non si è anti proiettile. 

Ok, perdonatemi questa digressione fumettistica e, oggettivamente, un po’ tirata. 

Comunque, tutto ciò per dire che, quando a scuola studiai l’Iliade, sviluppai una spontanea simpatia per Ettore, un altrettanto spontanea antipatia per Achille e un’assoluta indifferenza per Patroclo. 
E questi miei sentimenti non sono cambiati di una virgola nel tempo. 
Anche Achille in versione Brad Pitt KenAnticaGrecia non mi fatto cambiare idea, anzi. 

A farmi cambiare idea, in parte, ci è riuscita, però, Madeline Miller con il suo “La canzone di Achille”. 

La Miller è un’esperta di lettere classiche. Il suo libro, uscito nel 2012, è stato un grande successo. Io l’ho letto per la prima volta questa primavera. 

L’autrice americana racconta una storia d’amore e racconta la forza di un uomo che sembra debole. Patroclo è un protagonista straordinario, fragile ma forte, un ragazzino che cresce e, grazie all’amore ma anche nonostante questo, diventa ogni giorno più consapevole e maturo. Alla fine non si può che amarlo e piangerlo. 
I sentimenti scatenati da Achille sono diversi ma, a onor del vero, rispetto alla madre e a quell’essere spregevole del figlio, anche lui, alla fine, ne esce dignitosamente. O quasi. 

La canzone di Achille è un libro d’amore, delicato e appassionato che tratta, prima dell’innamoramento tra due ragazzini, e poi della passione, della quotidianità, della stabilità di un sentimento tra due uomini. Vabbè, tra un uomo e un semidio. 

Se, come me, avete sempre amato i miti greci e, come me, vi eravate persi quest’opera, vi consiglio caldamente di recuperarla. 

L’inizio può essere straniante, perché le vicende dell’Olimpo e dintorni in prosa ricordano in maniera sbalorditiva una qualsiasi soap opera Californiana ma, superato lo scoglio iniziale, questo libro è davvero un percorso intenso da compiere, pur sapendo dolorosamente dove andrà a finire. 
E anche voi, alla fine, come Achille, amerete Patroclo.
Da pochi giorni, a Milano, è nata la prima Smart Library. 

Si tratta di una vera e propria biblioteca, che si trova all'interno della fermata di Porta Venezia della metropolitana. 

Vista dall'esterno potrebbe ricordare un po' una di quelle macchinette per le fototessere e, invece, si tratta di una biblioteca connessa direttamente con il sistema bibliotecario milanese. 

Quindi, chi ha la tessera può andare là e prelevare direttamente uno dei titoli. 
In questo momento ce ne sono circa 400 a disposizione ma probabilmente in futuro aumenteranno. 

Si tratta di un esperimento ma, se avrà successo, sicuramente si diffonderà. A Milano ma, io spero, anche in altre città d'Italia. 
Sogno di poter usufruire un giorno di una Smnart Library nella metropolitana di Torino.

Ci sono diversi manuali di scrittura là fuori. 
E un’innumerevole quantità di autobiografie. 
Ma Stephen King, il grande Stephen King, ha pensato di risparmiare tempo e fatica e di scrivere un libro che raccogliesse entrambe queste tipologie di letteratura: un bio-manuale, lo chiamo io, un’”autobiografia di un mestiere” l’ha chiamata la casa editrice Pickwick. 

“On writing”, questo il titolo dell’opera di King, è un libro dove l’autore americano dà ottimi suggerimenti di scrittura accompagnati dalla sua personale esperienza con quest’ultima. Aneddoti che vanno dall’infanzia alla scuola, passando per il successo di Carrie, alla dipendenza da alcol e droga fino all’incidente che quasi l’uccise. 

Stephen King ha sempre amato parlare di se stesso, rilasciare interviste con storie incredibili, brandelli di verità tra l’autobiografico al fantasy, nella costruzione perfetta della visione dell’autore americano, con gli occhiali spessi, la madre single con i mille lavori e la provincia a stelle e strisce a fare da sfondo. 

Che tutto ciò che racconta King sia vero o meno, poco importa, lui lo racconta da Dio, come sa fare. E a questi aneddoti si aggiungono, intrecciano, accompagnano, consigli per il mestiere di scrivere. Semplici ma efficaci, utili, preziosi. 

A tutto ciò, l’edizione italiana aggiunge l’ottima prefazione di Loredana Lipperini, che trasmette tutta la sua passione per l’autore e l’argomento. 

Se ti piace scrivere ti consiglio questo libro. Se ti piace Stephen King ti consiglio questo libro. Onestamente te lo consiglierei a prescindere ma lungi da me essere molesta.


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Sarà per una questione anagrafica, l’autrice ha più o meno la mia età, ma leggendo “Niente di vero” di Veronica Raimo, mi sono trovata spesso a pensare “oh cavolo, sembro io a vent’anni” oppure “oh cavolo, sembra la mia amica Eli” o ancora “oh cavolo, sembro io ora”. Non necessariamente con una connotazione positiva, ben inteso. 

Il romanzo è bello e spietato, l’autrice racconta se stessa e una generazione intera. O meglio, una tipologia di donna: quelle a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, di sinistra, che amano Berlino, intellettualmente snob, hanno faticato a crescere, spesso non hanno figli, per scelta o meno, e sono in perenne ricerca di se stesse. 

Detta così sembra solo un cliché ma, guardandomi attorno, vi trovo tanti pezzi di tante persone con cui sono cresciuta, oltre che tanto di me stessa. Nel racconto autobiografico della Raimo riconosco frammenti di amiche ed ex amiche ma anche fidanzati e genitori. Ritrovo i drammi e le passioni che ho superato e coltivato. 
Insomma, Veronica Raimo racconta una tribù. Non la migliore forse ma la mia. 

Ma, sia ben chiaro, per apprezzare questo libro non si deve avere né la mia carta d’identità né la mia storia. Anche se non siete le protagoniste di questo racconto, ne siete le figlie, le madri, gli amici e i mariti. Ci siete anche voi, tranquilli. 

Niente di vero è candidato al Premio Strega di quest’anno. Io, in verità, non faccio mai il tifo per i premi letterari e, inoltre non ho letto tutti gli altri candidati, ma una vittoria, in questo caso, mi parrebbe più che giustificata. 
E comunque, nel frattempo, l’opera si è già aggiudicata il Premio Strega Giovani. 

Niente di vero. 
Veronica Raimo. 
Edizioni Einaudi. 

Consigliato.
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