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Oggi voglio dedicare un piccolo post, con qualche curiosità, alla storia per bambini per eccellenza: Il Meraviglioso Mago di Oz. 

Un libro che uscì nel 1900, scritto da Frank L. Baum e illustrato da W.W. Denslow. 

La storia ebbe subito successo, tanto che Baum decise di cavalcarne l'onda, scrivendo numerosi episodi successivi e realizzando anche due musical teatrali, uno più fedele al libro originale, un altro invece destinato a un pubblico più adulto, dove la storia di Dorothy venne trasformata in una satira della società e della politica del tempo. 

Ma Baum non fu certo l'unico che cercò di trarre più profitto possibile dalla storia e dal successo del mago di Oz. Infatti, quando lui venne a mancare, diversi autori presero in prestito la sua opera per realizzarne dei sequel.

In tutto si contano una quarantina di episodi successivi al libro originario, di cui solo meno della metà scritta da Baum stesso. 

Ovviamente ci sono state anche tantissime trasposizioni. Tra queste la più famosa rimane quella del 1939: il film con Judy Garland nei panni di Dorothy. Una trasposizione abbastanza fedele ma con qualche differenza fondamentale rispetto all'opera originale. Ad esempio, le mitiche scarpette rosse indossate dalla Garland, avrebbero dovuto essere color argento per essere uguali a quelle del libro, ma la produzione decise di prendersi questa licenza poetica poiché delle scarpe scarlatte avrebbero sicuramente fatto più effetto sul grande schermo e in Technicolor. Anche il finale venne leggermente modificato: nel film Dorothy si sveglia e scopre che tutto ciò che le è successo è stato solo un sogno, nel libro invece la bambina torna dagli zii dopo aver vissuta un'avventura in un mondo sicuramente straordinario ma realmente esistente. 

Io, personalmente, che ho una certa età, ricordo con grande tenerezza sia la serie animata giapponese degli anni'80, sia l'episodio di Saranno Famosi in cui Doris Schwartz si addormentava e sognava di vestire i panni della piccola Dorothy. Qualcuno di voi ne ha memoria?

Torna l'attesissimo (lo stavate attendendo tantissimo, nevvero?) appuntamento mensile con i miei consigli su cosa fare e vedere. E, per questa volta, anche sentire.

Cominciamo col botto, con il canale di YouTube di David Lynch. Sì, proprio quel David Lynch. Il regista. Il genio. Il visionario.
E che si è inventato il nostro pazzo pazzo David? I Weather Report. Le previsioni del tempo. Fatte da quello che sembra quasi un bunker, commentando nuvole e temperature.
"Diane, undici e trenta di mattina del 24 febbraio. Sono quasi arrivato a Twin Peaks, cinque miglia a sud della frontiera canadese, due miglia ad ovest dei confini dello stato. Non avevo mai visto tanti alberi in tutta la mia vita. Come direbbe W. C. Fields, è meglio stare qui che a Philadelphia. Temperatura 12°, cielo leggermente nuvoloso. Il meteorologo ha previsto pioggia. Se si potesse guadagnare tutti quei soldi per sbagliare il 60% delle volte sarebbe un bel lavorare", diceva all'inizio di Twin Peaks l'agente Cooper.
Tutto torna, pazzo pazzo David.
https://www.youtube.com/channel/UCDLD_zxiuyh1IMasq9nbjrA.

Mi avete seguito quando ho parlato del Salone del Libro qui, qui, qui e pure qui? No? Certo che, ogni tanto, potreste pure darmela una soddisfazione!
Comunque, sul sito ufficiale del Salone sono disponibili tutti gli incontri di questa specialissima edizione streaming appena trascorsa. Andate a curiosare e divertitevi!
https://www.salonelibro.it/ita/salto-extra-replay.
http://www.radiocole.it/2020/05/pancrazia-al-salone-si-comincia.html.
http://www.radiocole.it/2020/05/pancrazia-al-salone-il-principe-tigre.html.
http://www.radiocole.it/2020/05/pancrazia-al-salone-lautore-invisibile.html.
http://www.radiocole.it/2020/05/pancrazia-al-salone-il-gran-finale.html.

Vi piace il cinema? Ogni domenica pomeriggio sulla pagina de Il Morandazzo c'è un appuntamento imperdibile: Il buono, il brutto il cattivo. Alle 17, Massimo Pica (il Morandazzo) e Federico Basso parlano di film belli (il buono), brutti (il brutto, of course) e imperdibili (il cattivo!). Tanto cinema e parecchia simpatia. Sarò anche di parte, essendo strettamente imparentata con il Morandazzo, ma per me questo è diventato un appuntamento irrinunciabile.
https://www.facebook.com/ilmorandazzo/.

Da qualche mese ho una nuova passione: i podcast. Un mezzo di comunicazione e diffusione della cultura che ho imparato ad amare e spero, presumibilmente dal prossimo autunno, anche ad utilizzare personalmente (spoiler!). Le proposte sono infinite ma il mio preferito per ora è Pilota, di Alice Alessandri, Alice Cucchetti e Andrea Di Lecce. Tutto dedicato alle serie tv. Una manna per quelli malati come me.
https://www.querty.it/show/pilota/.

E, come sempre, concludo con l'EVENTO dell'ANNO! Vabbè magari anche un po' meno. Più onestamente: il mio progetto dell'anno. Il Laboratorio Condiviso di Scrittura. Un esercizio ogni due settimane. Può partecipare chiunque. Si può partecipare quando si vuole e quante volte si vuole. È completamente, assolutamente, meravigliosamente gratuito. In questi giorni è in ballo l'undicesimo esercizio, scrivete, bella gente, scrivete!
http://www.radiocole.it/2020/06/undicesimo-esercizio-scrittura-tempo.html


Come vi avevo già annunciato, sabato pomeriggio ho partecipato a una diretta Facebook dedicata al cinema degli anni '80.

Eravamo in 5. Chi quel decennio l'ha vissuto da bimbo e chi da ragazzo.  Ognuno di noi ha "portato" due film dell'epoca a cui è particolarmente legato. E una pellicola che, per ragioni diverse e sicuramente opinabili, detesta. 

Quindi no, non è stata una tavola rotonda dedicata ai più grandi capolavori cinematografici di quel periodo e neanche un compendio esaustivo dell'argomento, ma una chiacchierata tra amici che hanno ricordato sensazioni e sentimenti degli ormai lontanissimi anni '80. 

Se vi va di recuperare l'evento – perché la mia presenza in una diretta Facebook può considerarsi tale – andate a questo link e buona visione!


Per questioni anagrafiche e culturali sono un'esperta di cinema anni '80. E sciorinerò tutta la mia conoscenza domani, sabato 30 maggio, alle ore 17 in una diretta su facebook.

L'appuntamento è con il format C'era una volta il Cinema che potrete seguire sul mio profilo o sul profilo di Morandazzo. Una tavola rotonda semiseria – molto semi e poco seria – che vedrà partecipare gente bella bella che, molto probabilmente, finirà con l'accapigliarsi parlando di Dirty Dancing!

Preparate glitter e rossetti rosa shocking gli anni '80 stanno tornando!

Il lockdown sta per finire ma cinema e teatri ancora non aprono, quindi io continuo a consigliarvi cose belle da fare e guardare rigorosamente sul web. Abbiate fede, verrà il momento in cui potrò consigliarvi uno spettacolo da vedere o un evento da seguire dal vivo, ma per ora cerchiamo di trarre il meglio da ciò che abbiamo a disposizione.

Iniziamo con la natura, gli animali e gli spazi aperti. Lo so, pare un controsenso data la situazione attuale ma non sono impazzita, so di cosa sto parlando. Si tratta dei canali di YouTube della serie Explore, web camera sparse per i luoghi più interessanti del globo che trasmettono in diretta 24/7. Tra gli altri vi consiglio Explore Africa per vedere le giraffe che mangiano  le foglie dagli alberi, gli elefanti che passeggiano e le zebre che bevono dalle pozze d'acqua. Sì, immagino che ci si possa imbattere anche in un leone che sventra una gazzella ma è la Natura Bellezza!... e comunque a me non è ancora capitato. Poi c'è Explore Bears & Bison dove potete intenerirvi di fronte ai panda o commuovermi per la maestosa terrorizzante bellezza degli orsi polari nel loro ambiente naturale, all'interno di riserve protette. E infine Explore Oceans dove si ammirano i surfisti alle prese con le enormi onde dell'oceano. Io, la bambina che a Rimini piangeva pure quando la mettevano nel canotto, adoro questi coraggiosi scriteriati!
www.youtube.com/channel/Africa.
www.youtube.com/channel/Bears.
www.youtube.com/channel/Oceans.

Da Youtube passiamo su Instagram, dove troviamo Dave Grohl, frontman dei Foofighters oltre che amatissimo batterista dei ancoracimancano Nirvana. Dave ha scelto il social delle immagini per scrivere. Del resto è sempre stato un tipo originale lui. Nessuna fotografia dunque nel suo nuovissimo profilo ma racconti brevi, storie vere di una vita passata nel mondo del rock. Da seguire e leggere divisi tra invidia e curiosità.
www.instagram.com/davestruestories/.

Trovate sia su Instagram che su Facebook, Humans of New York, un grande classico. Da anni un fotografo americano intervista persone in giro per la grande mela e, spesso, anche in giro per il mondo. Ora, in tempo di lockdown, le storie di varia umanità arrivano tramite scatti fatti dai vari protagonisti a casa propria. Storie normali ed eccezionali, drammatiche, edificanti, incredibili, un compendio inesauribile di umanità. Ho sempre amato questo progetto e, con la situazione attuale, lo amo ancora di più perché è riuscito ad adattarsi, rimanere se stesso ma rinnovarsi. Ho sempre amato così tanto questo progetto che in passato, per un paio d'anni, ne ho condotto uno simile a Torino con il mio amico, socio  e fotografo Sergio Sasso. Io intervistavo, lui scattava. Non lo sapevate? Furono fatica, soddisfazioni e incontri incredibili. Siete curiosi? Guardate qui.
www.instagram.com/humansofny/.
www.facebook.com/humansofnewyork/.
www.facebook.com/humansturin/.

Infine, dal 29 maggio al 7 giugno si terrà We Are One: A Global Film Festival, un festival cinematografico su YouTube che ha lo scopo di sostenere una raccolta fondi per l'OMS, l'Organizzazione Mondiale della Sanità. La Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il Festival di Cannes, quello di Berlino, il Sundance, il Tribeca e molti altri offriranno gratuitamente cortometraggi, documentari, film e altro materiale, dando vita a un festival unico nel suo genere. Da non perdere.
YouTube.com/WeAreOne.

E se non vi bastano ancora questi consigli, ricordate che ci sono io che posso riempirvi le giornate con i miei ambiziosi progetti. Come il Laboratorio Condiviso di Scrittura, giunto ormai all'ottavo esercizio,  e le mie stories dedicate a Guerra e Pace.
www.radiocole.it/LAB.
http://www.radiocole.it/OttavoEsercizio.
www.instagram.com/jane_pancrazia/.

Felici giorni a casa, felici momenti a spasso, e ricordate le mascherine!

Avete presente Emma Watson? La giovane attrice inglese, la piccola Hermione Granger, la ragazza sottile ed elegante come non se ne vedono spesso in giro? Ecco, lei.

Non so se lo sapete ma io che la seguo su Instagram lo so. So che è un’amante della lettura, so che s’interessa dei diritti delle donne, so che ama il bookCrossing e spesso lascia in giro libri per la gioia di fortunati sconosciuti.

Emma Watson, nel prossimo film dedicato alle Piccole Donne della Alcott, sarà Meg, la primogenita. Il film sta per uscire e, ovviamente, Emma, usa i social per fare un po’ di pubblicità, perché anche la promozione fa parte del mestiere di attore e chi non la fa ha quell’atteggiamento da snob che non vuole intaccare la pVopVia aVte, atteggiamento che, onestamente, in un’industria come quella di Hollywood non è solo fuori luogo ma anche parecchio paraculo.

Dicevo, Emma, in questo periodo sta spingendo particolarmente il film e la sua ultima trovata (sua o di qualche lungimirante assistente, poco importa) è stata di fare bookCrossing, lasciare copie di Piccole Donne in diversi luoghi simbolici di Londra. Monumenti dedicati a personaggi femminili di diversa importanza, come le donne cadute in guerra e – adoro– le suffragette!

Quindi se siete a Londra andate a caccia che, magari, con un’incrdibile botta di britannica buona sorte ne trovate ancora una copia. Se, invece, siete altrove, guardate il film, leggete/rileggete il libro o, semplicemente, fatevi l’eterna domanda: “Chi sono io tra le sorelle March?”
No, non “qual è la mia preferita?” ma “chi sono?”, che è cosa ben più interessante. Non vi darà il polso di chi siete veramente (ammettendo che ciò sia possibile) ma, certamente, di come vi vedete. La vostra soggettiva e, spesso castrante, opinione. 

Profilo Instagram Emma Watson >>> www.instagram.com/emmawatson/
Questo è l'ultimo post della serie. Dedicato all'ultimo film, tra i premiati o nominati, che ho visto.

"Tre manifesti a Ebbing, Missouri" è un film splendido con una sceneggiatura inaspettata. In cui, partendo da una situazione e dei personaggi che paiono prevedibili, si costruisce una storia diversa dal solito, una storia dove i cattivi non esistono. Ma neanche i buoni. I protagonisti sono tutti reali e incasinati. Molto incasinati.

Questa è la storia di chi combatte ogni giorno contro la propria miseria umana e anche quella degli altri. Due protagonisti su tre sono oggettivamente insopportabili: violenti, irascibili e ignoranti. Il terzo, l'unico che in un mondo reale verrebbe definito "una brava persona", è costretto a cedere il passo a metà pellicola, ma lascia un segno profondo nello spettatore, e non solo.

"Tre manifesti a Ebbing, Missouri" è un film che si regge su tre perfette prove attoriali fornite da: Frances McDormand,  Sam Rockwell, e Woody Harrelson (*).
I primi due si sono portati a casa l'oscar come migliore attrice protagonista e come miglior attore non protagonista. L'ultimo solo una nomination, anche se avrebbe meritato di più. Il suo è uno dei personaggi più interessanti e lui lo interpreta da Dio. Come fa sempre, del resto.

"Tre manifesti a Ebbing, Missouri" è un film che racconta la rabbia e la necessità di superarla per provare a vivere.

Il giudizio finale non può che essere: da vedere!


(*) Io Woody Harrelson lo amo artisticamente e pure un po' carnalmente dai tempi di Cin Cin, che sia messo agli atti.

Non sono un'appassionata di Guillermo del Toro. Ma ho grande rispetto per gli artisti dallo stile inconfondibile.  Ma non è questo il motivo per cui ho voluto vedere assolutamente "La forma dell'acqua". Ho voluto vedere assolutamente "La forma dell'acqua" perché, se un regista ha il folle coraggio di andare da un produttore e proporgli una storia d'amore tra un uomo pesce e una donna muta, questo regista si è meritato che io il suo film lo vada a vedere. Se l'è proprio guadagnato, guadagnato sul campo.

Il film l'ho visto e mi è piaciuto. Ma non l'ho adorato. Non lo so il perché. 
Mi è più o meno piaciuto tutto. La fotografia, le scenografie, gli attori e questa storia d'amore favolistica ma anche carnale. 
Mi è più o meno piaciuto tutto, ma il cuore no, non me l'ha rapito. 

Lo so che è non è una grande critica, né oggettiva né chiara ma, del resto, mica faccio il critico cinematografico io! 

Giudizio finale: ha preso una discreta carrettata di premi, forse li ha meritati, forse no... boh...

Stimo Christopher Nolan ma detesto i film di guerra. 
Ho deciso di vedere Dunkirk solo per dovere. Perché il regista inglese è uno dei migliori della sua generazione e i suoi lavori bisogna vederli. 

Mi sono approcciata a questo film, dunque, priva di una genuina curiosità e di un qualsivoglia entusiasmo.

E invece.

E invece Dunkirik mi ha conquistata. Ma conquistata sul serio. Testa, cuore e stomaco.  Più la pellicola andava avanti più io mi protraevo verso lo schermo in un fascio di nervi, aspettative e angosce.

Nolan ha messo alla prova il pubblico. Cosa che, tra l'altro, a lui piace tantissimo. Ha scelto la via più difficile e meno ovvia. E anche questo a lui piace un bel po'.  Ha raccontato una storia naturalmente drammatica con una fotografia fredda e,  soprattutto, ha evitato di  concentrarsi su un unico protagonista, rendendo così l'identificazione molto meno facile. Eppure a Nolan è riuscito comunque il miracolo di trascinare lo spettatore dentro la storia. In una maniera che non sarei neanche in grado di definire. Melodrammatica? No, ma forse un po'. Intensa? Sì. Cruenta? No, ma in un certo senso sì. Spietata? Sì, ma solo falsamente realistica.

In più il regista ha aggiunto al tutto il suo peculiare utilizzo del tempo nella narrazione. Passato e presente che si alternano, che si rincorrono fino a raggiungersi.

Ho adorato questo film, adorato sul serio.
Mi ha conquistata al 100%.

Giudizio finale: tre oscar su 8 nomination. Troppo pochi. La miglior regia era la sua. 
Margot Robbie, ottima protagonista di "Tonya", è talmente giovane da non aver mai sentito parlare, prima di leggere il copione, del più grande scandalo che macchiò il pattinaggio nel 1994. Beata lei.
Io, invece, così giovane non sono e quell'episodio me lo ricordo benissimo. Mi ricordo lo stupore per una cosa tanto grave organizzata tanto male, mi ricordo la ragazza bella e leggiadra che urlava di dolore e l'altra, la colpevole, meno bella e meno leggiadra, perfetta per rappresentare il ruolo che si era scelta.

Come si fa a raccontare una storia così? Senza trasformare la pellicola in uno di quei dozzinali biopic del sabato pomeriggio televisivo?
Come si fa? Chiedetelo a Craig Gillespie. Il regista. Lui ce l'ha fatta. Lui ci è riuscito.

Ha raccontato la storia attraverso la viva voce e le esatte parole dei protagonisti. Dei cattivi. Parole che gli stolti (Tonya, il violento ex marito e il mitomane cretino amico di quest'ultimo) hanno rilasciato in vecchie interviste televisive. E, al netto delle bugie, delle omissioni ma anche delle tante ingenuità, grazie ai loro racconti emerge un quadro affascinante nella sua desolazione.

Craig Gillespie è riuscito nella difficile impresa di raccontare un cattivo senza idealizzarlo ma anche senza condannarlo, perché a condannare Tonya, in fondo, ci ha già pensato da sempre la vita. Vita che lei si è trovata costretta a giocare, fin da piccola, con pessime carte. Abbandonata da un padre che amava e costretta a crescere con la peggiore delle madri possibili: violenta, anaffettiva, STRONZA. 

Ciò, ovviamente, non giustifica Tonya, perché di gente con pessimi inizi, e senza neanche il suo  talento, ce n'è tanta al mondo e non è che tutti risolvano i propri problemi facendo prendere a randellate la principale rivale. Facendo prendere a randellate o coprendo i colpevoli una volta venuta a sapere del fattaccio, la verità processuale e quella delle interviste in questo differiscono.

Insomma, Tonya è fisicamente potente ma non aggraziata. Talentuosa ma non forse così tanto come crede di essere. Eccessiva, umorale, sgradevole, lei e come lei tutta la sua famiglia.  Tonya non la vorresti come amica, ma non riesci comunque ad odiarla perché assistere alla rappresentazione della sua vita è come assistere a un incidente al rallentatore.
Tonya, qualunque cosa faccia, qualunque obiettivo raggiunga, sembra avere comunque un destino perennemente puntato verso il disastro. Può dibattersi ma è destinata ad affogare. E tu stai là, a guardarla impotente e a soffrire un po' per lei. 

Craig Gillespie racconta una storia affascinante quanto assurda, come solo le storie vere sanno essere. E lo fa, tra l'atro, con una scelta di attori ineccepibile, tra cui emerge Allison Janney che, per la sua interpretazione della madre terribile, si è portata a casa un meritatissimo Oscar. 

Ma qualche difetto questo film ce lo avrà? 
Sì, per quanto mi riguarda, sì.
Alcune scene sui pattini danno troppo la sgradevole sensazione "faccia di Margot appiccicata su corpo di vera pattinatrice". Ma, onestamente, non so se questo dipenda da un livello tecnologico non ancora raggiunto, da mancanza di abilità tecniche dei responsabili o da penuria di fondi. Non è ho la più pallida idea.

Il giudizio, comunque, resta positivo. Il film è da vedere.
Io ho un rapporto sano con i musical. Non li amo né li odio a prescindere. Ce ne sono alcuni che adoro, come "Moulin Rouge!", altri che ho trovato tanto noiosi da non essere riuscita ad andare oltre i primi dieci minuti di visione, come "Evita".

Bene, fatta questa inutile premessa, posso procedere.

Cosa non mi è piaciuto di "The Greatest Showman"?
Hugh Jackman che interpreta il suo personaggio anche nella fase della storia in cui ha 20 anni. Parliamoci chiaro, Jackman è gnocco, gnocco assai, ma ventenne no, neanche lontanamente. La scelta non è sensata, anzi risulta proprio ridicola.
Bocciata anche la coppia formata da Michelle Williams e Hugh Jackman. Non funzionano, non fanno scintille, per nulla. Tra di loro non c'è chimica e, mentre i personaggi dovrebbero essere coetanei, i loro 12 anni di differenza si vedono tutti. Inoltre, la Williams anche da sola convince poco. E pensare che è una delle mie attrici preferite, ma mi pare evidente che non sia particolarmente portata per il genere. Nelle pellicole indy-drammatiche emerge, nel musical sparisce.

Hugh Jackman, invece, e qui comincio con le cose che mi sono piaciute, è nato per fare musical, è un talento cristallino che è un vero piacere guardare. Presenza scenica, energia, voce, gambe, ha tutto.
Ottime anche: la bellissima Zendaya e Keala Settle, la donna barbuta interprete della canzone candidata all'Oscar "This is me". Efficace brano che, però, si è dovuto arrendere di fronte a una concorrenza che quest'anno era davvero notevole, ma che ha lasciato il segno sul palcoscenico del Dolby Theatre con uno dei migliori momenti di tutta la cerimonia di premiazione.

In sintesi: il film ha più di qualche pecca, ma il suo sporco lavoro di sollevarti dalle miserie umane e farti sperare nell'insperato lo fa tutto. Ed è questa la magia del musical.

Giudizio finale: astenersi cinici e musicalfobici.

Se il regista è Steven Spielberg, la protagonista Meryl Streep e il protagonista Tom Hanks, il film non può essere che ben fatto. E infatti è fatto benissimo.

Se si parla di giornalismo serio, di scoop portati a termine a rischio della propria carriera, l'argomento mi piace. E infatti mi piace.

Se viene dato risalto a una donna che si trova a lottare in un mondo di uomini che la trattano con sufficienza, la pellicola è attuale. E infatti, a modo suo, lo è.

Tutto bene, dunque?
No.
Questo film lascerà un segno nella storia del cinema?
No.

The Post è godibile ma non imperdibile.
The Post è tecnicamente perfetto ma latita di anima.
The Post te lo vedi tutto, e a Tom e Maryl non puoi che volere benissimo, ma alla fine storci la bocca in un "Tutto qua?"

The Post era stato nominato per l'Oscar a "Migliore Attrice" e a "Miglior Film" ma non ha portato a casa nessuno dei due premi, e direi che va bene così.

Giudizio finale: godibile ma...

Nota a margine: la locandina, però, è bellissima.

Buona sera carissimi,
da poco ho cominciato una collaborazione con Torino Oggi, quotidiano online locale, ho deciso di condividere con voi alcuni miei articoli, che ne dite?

Il mio ambito? Ovviamente: cultura, arte e spettacolo. Argomenti tra i quali sguazzo con somma soddisfazione ma ancora un milione di cose da imparare.

Ecco il link di ciò che ho scritto ieri, un pezzo dove racconto un'esperienza davvero peculiare: una visita al Museo del Cinema "al buio". Sì, avete letto bene, al buio.

Curiosi? Spero di sì.

http://bit.ly/VisitaAlBuio


Una sta una vita senza scrivere sul proprio blog, poi una notte non riesce a prendere sonno, si gira e si rigira nel letto e, toh!, viene fulminata da un'idea: scrivere una serie di post dedicati ai film vittoriosi o nominati durante l'ultima notte degli Oscar.

In ordine assolutamente casuale inizio con "Coco", il cartone Disney Pixar, vincitore del premio per miglior film d'animazione e miglior canzone.

Onestamente non m'ispirava per nulla, e mi sono decisa a guardarlo solo sfinita dalle critiche positive al riguardo che continuavano a giungermi da ogni parte. Dunque ho capitolato. L'ho guardato. E per i primi 10 minuti ho anche pensato "vabbè, niente di che".

Poi la storia ha preso piede e, dall'ingresso nel coloratissimo e messicano mondo dei morti, mi sono lasciata trascinare. Infine, quando è emerso chiaramente il concetto "Scompariamo totalmente solo nel momento in cui nessuno sulla Terra si ricorda più di noi" ho cominciato a singhiozzare, priva di ritegno e orgoglio.

Non credo che faccia a tutti lo stesso effetto, dipende probabilmente dalla sensibilità personale, dall'esperienze vissute e dalle persone perse. Io ho pianto, pianto, pianto ma sono anche stata felice. Perché il ricordo è un concetto potente e positivo.

Ho apprezzato, inoltre, la scelta di raccontare la cultura messicana. Perché è bello non essere sempre centrati solo sul proprio ombelico, sia da grandi che da bambini, è bello guardare un po' più là.  È bello e necessario essere curiosi, perché, se non lo si è, se non si è curiosi, allora sì che si è morti, morti dentro. Morti grigi e polverosi, tra l'altro, mica colorati e appassionati come quelli di Coco.

Giudizio finale: DA VEDERE! 

Proseguite nella lettura a vostro rischio e pericolo, quello che segue è un post ad alto contenuto di nulla.

L'avete mai visto "Ribelle-The Brave"?
Il cartone animato.
Quello del 2012.
Agevolo locandina.

L'avete mai visto?
Io sì, l'altro giorno.
Ne vogliamo parlare?
Parliamone!
I capelli della protagonista sono FAVOLOSI!

Rossi, ricci e selvaggi, più stanno alla straca##o e più belli sono.
Li adoro!
Anzi no, li adorerei nella realtà ma li IDOLATRO in versione digitale.
I capelli di  Merida, così si chiama la fanciulla fulvocrinita, hanno un effetto calmante e ipnotico. Loro se ne stanno là, sullo schermo, fluttuanti e vivi. Sembra addirittura che respirino. Tu li osservi e ti rilassi, nulla ha più importanza, nulla può farti del male. La vista si annebbia e i muscoli si decontraggono.
Nel frattempo potrebbero svaligiarti casa, fregarti la poltrona da sotto il sedere, o cambiarti addirittura lo status su facebook, e tu neanche te ne accorgeresti!
Quei capelli sono una droga. Danno dipendenza e assuefazione.

Non c'è altra spiegazione: questo film deve essere stato confezionato dai servizi segreti, da una dittatura internazionale trasversale o dagli alieni. Questa pellicola è progettata per rimbambirci, fiaccare la nostra volontà, e renderci tutti schiavi.

Ogni resistenza è inutile.
Brindo ai conquistatori ed agito i miei ricci collaborazionisti.
"Clank clank clank" fece la libidinosa chiave nella pudica serratura.
Oggi, contro ogni mia consolidata abitudine, sto sul pezzo.
Birdman ha appena trionfato alla notte degli Oscar. Ed io, che ne sono rimasta folgorata, voglio celebrarlo con un post.

Birdman è un capolavoro. L'espressione di una perfezione che non è esibizione di fredda tecnica, ma dimostrazione di talento e conoscenza del mestiere. Perché ogni arte, checché ne dicano i pigri romantici convinti che basti il sacro fuoco, cresce e si esprime al meglio solo partendo dal lavoro, dallo studio, e dalla fatica.

Birdman è la celebrazione del cinema. Che è altra cosa rispetto al teatro ma, come nel caso di questo film, lo può rappresentare, svelarne i retroscena, raccontarne l'essenza.
Il cinema è immagine. E con il suo spettacolare piano sequenza, il regista Alejandro González Iñárritu, crea una gioia per gli occhi, una meraviglia, un viaggio dentro lo schermo molto più efficace di qualsiasi 3D.
Il cinema è parola. E tutto il cast dà corpo ed anima a dialoghi che corrono con lo stesso ritmo della cinepresa.
Il cinema in questo caso è anche danza. Perché gli attori, con i loro movimenti, tessono un racconto fatto di spazi, corse, passi, linee e ritmo.

Il cinema è fonte inesauribile d'istanti memorabili.
Il treno che ti viene addosso, il vagabondo seduto accanto al bambino, il pazzo che parla allo specchio.
Birdman non ha un'immagine unica così forte, non potrebbe, non è nella sua natura. Ne ha una sequenza, tra palco, quinte, camerini, corridoi, bar e strade.

Birdman è una dichiarazione d'amore al cinema, al teatro, e al mestiere dell'attore. Con le sue ricchezze ma le tante miserie. Con un Michael Keaton che corre in mutande per le strade di Broadway. Nudo e ridicolo. Inseguito e deriso. Tra la folla e il pubblico.
Fino all'ultimo applauso.
Fino all'ultimo ciak.


Mettiamo subito in chiaro una cosa: non sono una tuttologa.
Non sono un'esperta di letteratura, teatro, cinema, varie ed eventuali. No.
Ma se m'imbatto in qualcosa che mi piace, che penso valga la pena, che. Se m'imbatto in qualcosa così, dicevo, amo parlarne sul blog, condividerlo con i lettori, spargere la voce, dedicare il mio tempo e la mia scrittura alla diffusione del bello. Di ciò che io ritengo bello.

Ecco. Questo giusto per chiarire. Perché negli ultimi mesi il pubblico di queste pagine è aumentato e, in parte, cambiato. Molti non mi conoscono. Molti non sanno cosa faccio. Molti avrebbero bisogno di farsi una camomilla. Endovena.

Detto ciò, sabato sono andata al cinema a vedere "Lucy", l'ultimo film di Luc Besson.
Spettacolo delle 0:35.
Non dovevo andare a vedere Lucy e non dovevo neanche andare a vedere l'ultimo spettacolo ma le vie della disorganizzazione, mancanza di parcheggio e disordine mentale sono infinite, e mi sono trovata al cinema, di notte, con un sacchetto di pop corn e una Scarlett Johansson che sparava come una matta.

Io ve lo dico. A me Luc Besson piace. A molti no. A me sì.
Perché è un regista fracassone ma poetico. Perché ama le donne e le sa dirigere. Perché è internazionale ma ancora così sfacciatamente francese. Insomma, per un casino di buone ragioni a me Luc Besson piace. Non nel senso che non ne colga i limiti o i difetti, ma proprio nel senso che mi diverte, m'intrattiene, mi fa simpatia e, se passasse da Torino, lo porterei da Fiorio a prendersi una cioccolata. Che, nella mia scala personale di valori, è la maggior espressione di affetto nei confronti di un turista in terra sabauda.

Detto ciò. Passiamo al film.
I primi 30 minuti di Lucy hanno il peso specifico del piombo. Io li ho visti ad occhi socchiusi e stomaco accartocciato. Alla protagonista succede di tutto e tutto si legge nell'espressioni del volto e negli occhi sgranati di una meravigliosa Scarlett Johansson.

A proposito, io ve lo dico, a me la Johansson piace. A qualcuno no. A me sì.
Perché è bella come una bambola ma brava come una donna. Perché è sensuale senza bisogno di sforzarsi. Perché è una che calca le scene fin da piccola ma non si è bruciata. Insomma, per un casino di buone ragioni a me Scarlett Johansson piace. Non nel senso che non ne colga i limiti o i difetti, ma proprio nel senso che mi convince, ne apprezzo il talento e le perdono persino di essere una bionda, stragnocca, molto più giovane di me.

Dicevo, i primi 30 minuti sono spessi, molto spessi. Poi la fantascienza sparatutto prende il sopravvento e Lucy, con la sua camminata da gnocca al rallentatore ed i proiettili che vanno in ogni dove, prende il posto che le spetta tra le eroine senza scrupoli regine del cinema degli ultimi 20-25 anni. Eroine che popolano l'immaginario collettivo specialmente grazie allo stesso Besson. E in parte a Tarantino, anche se le sue donne sono diverse. Ma non perdiamo il filo e concentriamoci su Luc.

In questo film c'è tutto il regista francese: c'è Nikita, c'è il Quinto Elemento, c'è Taxxi e c'è persino il mio adorato Leon.

Lucy ha due protagonisti americani, Scarlett Johansson e Morgan Freeman, ma non è un film americano. E' una storia che si muove tra oriente ed Europa, tra Taipei e Parigi. E' un film francese a cui si prestano facce americane.

La seconda metà della pellicola è tutta una corsa e un inseguimento fino ad una risoluzione mistico-filosofica-naif che lascia il tempo che trova, ma che a me è piaciuta. Ve lo dico.
Perché? Perché non era necessaria ma il regista ha voluto mettercela lo stesso. Perché Luc avrebbe potuto essere più sottile ma prorio non ce l'ha fatta. Perché Besson a queste cose ci crede, si capisce, e io lo porterei da Fiorio anche per questo. Per la sua buonafede, per il suo animo da fracassone, e perché vorrei sapere assolutamente dove hanno preso il vestito nero che la Johansson indossa per metà film. Lo voglio!
Pancrazia ha una bella cantina. Grande e pulita.

Appena trasferitasi nella nuova casa, ella adorava la sua capiente cantina. A tal punto che la di lei espressione preferita era: "Questa cosa non so dove metterla, la porto giù. Che tanto, quando mi serve, ci metto un minuto ad andare a prenderla."

Questo slancio verso la cantina lasciava perplessa MammaCole che si premuniva di ricordare al frutto del proprio ventre "Le cose che usi più spesso ti conviene tenerle a casa. E pure quelle che usi meno spesso. Che se poi non hai voglia di andare giù come fai?"

A più di un anno dal trasloco, a Pancrazia scoccia incredibilmente dover dare in parte ragione alla propria genitrice.
In realtà il problema non è "non aver voglia di andare giù". Il dramma è che, col passare del tempo e lo scemare dell'entusiasmo, si sono palesate mille paranoie.

La cantina è diventata un luogo infestato dalle peggio creature: animali e vegetali. Ma soprattutto animali.
Non che Pancrazia abbia mai fatto qualche spiacevole incontro, ma la sua fertile fantasia le ha fornito abbondanti quadri di party tra roditori, aperitivi tra bagarozzi, e orge tra varani. Sì, varani.

Ella, dunque, ora cerca di andare in cantina il meno possibile. Anche se ciò significa tenere esposta una valigia per un mese, esibire tre barattoli di vernice in soggiorno per 2 settimane, o importunare-supplicare-ricattare moralmente parenti e amici per farsi accompagnare nell'orrido antro.

Periodicamente, però, arriva un momento in cui Pancrazia si stufa di veder roba per casa e ha un sussulto d'orgoglio che le impedisce di chiedere l'altrui aiuto. In queste rare occasioni, ella indossa un paio di scarpe chiuse e scende verso l'abisso, schiamazzando come una pazza e pregando che ciò sia sufficiente a far fuggire bestie e simili.

Pancrazia domina le scale ballando e cantando, neanche stesse sostenendo un provino per un musical di Broadway.
Uno spettacolo indecoroso che prima o poi, non vi è dubbio alcuno, verrà scoperto da qualche fortunato vicino che provvederà a ricattarla.

One singular sensation, every little step she takes
One thrilling combination, every move that she makes
One smile and suddenly nobody else will do
You know you'll never be lonely with you-know-who
One moment in her presence and you can forget the rest
For the girl is second best to none, son
Oooh! Sigh! Give her your attention
Do I really have to mention she's the one

Io vorrei svegliarmi la mattina e trovare Yoda seduto al tavolo del soggiorno.

Vorrei fare colazione con lui, inzuppando pan di stelle nel cappuccino e spalmando nutella sul pan carré.
Vorrei iniziare ogni giornata specchiandomi in quella faccetta verde da tartaruga con le orecchie a punta.
Vorrei che, a scadenze regolari, m'illuminasse il cammino con qualche preziosa indicazione, qualcosa tipo "Molto da scrivere ancora tu hai", oppure "Una raccolta di racconti fare dovrai".

Insomma, io vorrei avere un maestro Jedi.
Voi no?

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