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La finale è stata vinta dai Due x Uno Cinque. Trionfalmente.
Bravi, elastici, divertenti, ci hanno raccontato la Divina Commedia e i Promessi Sposi lasciandoci senza parole.
Davide Fontana e Manuele Laghi, gli altri due finalisti, hanno forse patito di più l'ansia da verdetto e sono apparsi entrambi appannati rispetto alle serate eliminatorie. Ma il livello generale delle esibizioni è stato comunque molto alto. E un posto (o più di uno) nel prossimo calendario di OffStage se lo sono guadagnati tutti e tre.

Una menzione speciale va poi agli ospiti: i Bella Domanda.
Vecchia conoscenza della rassegna, diventano ogni giorno più bravi e più belli. Prima o poi la fama li travolgerà, col conseguente afflusso esagerato di denaro. Ed essi, generosi quasi quanto sexi, ci ospiteranno tutti in un mega ranch tra le risaie vercellesi.

In attesa di realizzare il mio sogno da Mangano-mondina, approfitto di questo micropost per salutare e ringraziare, meglio tardi che mai, il triumvirato che dirige, governa, e nutre questo meraviglioso talent: Nathalie, Elena e Francesca.
La prima mi ha accolta in squadra ancora prima di conoscermi.
La seconda è il mio migliore sponsor.
La terza mi ha insegnato il rossetto rosso e il mascara notte.
Grazie e a presto.

(*)Foto di Daniele Robotti.
Io Facce da Palco lo amo e voi lo sapete.
Lo amo perché l'ho visto quasi nascere e, soprattutto, crescere. Perché è entrato nella mia vita per caso e ha cambiato molte cose, in meglio. Perché ci è rimasto a lungo, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia.

Io Facce da Palco lo amo.
Perché ho visto passare e ho conosciuto tanti artisti, alcuni così così, alcuni bravi, alcuni bravissimi. E, quando mi capita di ritrovarli davanti a una birra, in un teatro, al cinema o in tv, mi emoziono sempre e dico ad alta voce "Quello ha fatto Facce da Palco!", come la più molesta orgogliosa delle zie.

Io Facce da Palco lo amo perché ho cominciato come blogger e poi sono addirittura diventata giurata. Perché mi ha dato la possibilità di trasformare un'idea, una passione, uno spunto, in un lavoro.

Io facce da Palco lo amo perché negli anni si sono susseguiti presentatori, valletti, fotografi e tecnici. Un sacco di bella gente ma proprio bella bella. Per non parlare di Nat, Elena e Francesca che meriterebbero un post a parte. E non è detto che non lo scriva.

Io Facce da Palco lo amo e anche quest'anno non mi sono persa una serata ma, purtroppo, ho perso per strada le cronache, perché il tempo è stato poco e di scrivere cose brevi raffazzonate e povere di spirito non me la sono proprio sentita. Perché Facce merita solo il mio meglio.

Stasera ci sarà la finale e io sono già emozionata. Clownerie, cabaret e teatro. Davide Fontana, Manuele Laghi e i Due per Uno Cinque. Bravi e divertenti, tutti. Altissimo livello.

Sono stata carente per troppo tempo, ma non lo sarò in occasione della finale. Stay tuned, che se non potete venire al Blah Blah, verrete comunque adeguatamente informati tramite  Facebook.
Che il dio degli smartphone, dello streaming e dei Giga mi assista!
Stasera c'è la quarta serata eliminatoria di Facce da Palco e io devo ancora scrivere della terza. Oh cielo, non c'è tempo da perdere, inforcate gli occhiali, bagnate gli indici e sfogliate virtualmente questa mia arguta cronaca.

Innanzitutto, c'è da fare un passo indietro a pochi giorni prima dell'evento. Quando mi telefona Elena Mulè, eminenza grigia metalizzata della kermesse teatrale, e mi dice:
“Buongiorno Lady Pancrazia, divina tra le divine, la disturbo?”
“Beh, insomma, sono le undici di mattina, ho appena fatto colazione a ostriche e champagne; Gianluì, il visagista delle dive, mi sta facendo la pedicure; e dopo devo portare a spasso Poldino, il mio carlino che ha un pedigree che Betty d'Inghilterra se lo sogna. Ma, a parte questo, sono libera. Dimmi, plebea, perché mi cerchi?”
“Ehm divina volevo solo dirle che noi, cioè, non solo io ma tutta l'organizzazione, noi, dicevo, pensavamo che sarebbe stato carino se voi, i giurati, non foste sempre gli stessi ma faceste un poco a rotazione”
“...”
“Nello specifico, ehm, ella, ehm, sublime, la prossima volta dovrebbe lasciare il posto a un altro giurato e stare tra il pubblico”
“...”
“Mantenendo comunque l'ambito ruolo di blogger”
“...”
“L'unica e sola blogger ufficiale dell'evento, ovviamente”
“Ovviamente.”
 Io, com'è nel mio stile, la prendo da gran Signora, non urlo, non strepito, ma alzo solo il sopracciglio sinistro. Leggermente.
Prima do mandato alla mia stuola di avvocati di agire, chiedere danni, un adeguato rimborso, e la testa di questi screanzati. La lesa maestà è un reato grave. Poi suggerisco a Poldino, che ha la vescica canina un poco debole, di spiscettare abbondantemente sulle ruote delle auto e sulle scarpe scamosciate dell'organizzazione tutta. Infine, abbasso il sopracciglio, e mi reco comunque alla serata. Perché sono una blogger professionista, IO! Una che mantiene fede ai propri impegni, IO! Una che non c'ha mai una mazz… da fare, IO! Vabbè, dicevo, nella mia immensa bontà e professionalità decido di recarmi comunque ad assistere alla serata. Ed ecco qui la cronaca.

Anche questa volta si sfidano tre artisti, anche questa volta l'emozione è tangibile: fogli che si perdono, trucco che si scioglie, computer che s'imbizzarriscono.

I primi ad esibirsi sono Roberto Tavella e Nancy Citro, vecchie conoscenze di Facce da Palco che, due anni fa, si erano guadagnati la semifinale con i Sumadai, la compagnia d'improvvisazione di cui fanno ancora parte. Questa volta, però, decidono di lasciare a casa i colleghi e provano a mettersi in gioco con un nuovo format dall'evocativo nome “Terapia di coppia”. E, infatti, è questo quello a cui si assiste: una terapia di coppia tutta improvvisata. Dove, per dare vita ai propri personaggi, si chiedono suggerimenti al pubblico e, per avanzare nella storia, si fanno intervenire i giudici che rivestono, per loro stessa sorpresa, il ruolo che fu di Freud.
Il tutto è gradevole, divertente e immediato. I conflitti uomo-donna vengono descritti in maniera buffa e leggera. Ma i due improvvisatori, forse per paura di non raccontare abbastanza o di non fare abbastanza nei 20 minuti a disposizione, tendono a “correre” troppo, non sfruttando a pieno le scene più promettenti ed esilaranti.
Il risultato è comunque buono, il pubblico apprezza e la giuria, gasata dal ruolo da psicanalista che gli è stato affidato, finisce per prenderci fin troppo gusto. Ed è per questo che stabilisce la durata della seduta, compila ricette mediche, ed emette regolare fattura.

Dopo l'improvvisazione è la volta di un monologo drammatico, portato in scena da Sabrina Divina Conquistadina.
Il testo nasce dall'unione di pensieri, poesie, e pezzi scritti da lei nel tempo. E, proprio per questo, richiederebbe un ulteriore lavoro di lima e legatura.
La recitazione è molto acerba. Troppo artefatta. Che sia un meccanismo di difesa attuato da chi si sta mettendo tanto in gioco o una semplice mancanza di mestiere non è dato sapere.
Ma a Sabrina bisogna, comunque, concedere l'onore delle armi per aver avuto il coraggio di raccontare se stessa, “Più donna che uomo, ma non una donna, non un uomo”. Per aver provato a spiegare il difficile percorso della transizione, l'aggressione del giudizio della società, e la complessità del conflitto interiore.
La forma è da rivedere, ma l'emozione è tangibile e onesta.

Alla fine tocca a Manuele Laghi, anch'egli vecchia conoscenza della competizione. Questa volta non si presenta all'interno dell'esilarante trio comico Tracataiz Tracataiz ma tutto solo. O quasi. Sul palco ci sono lui e un computer.
Il suo monologo è molto divertente, capace di analizzare la società attuale con le sue mille follie. Ma la follia più grande la fa lui, che rinuncia ad un tecnico audio per fare tutto da solo col suddetto computer. L'idea di base è comprensibile e condivisibile, quasi una protesta, “I locali, non investono, i tecnici costano e, se questo lavoro lo vuoi fare per vivere, devi essere indipendente e in grado di poter gestire ogni aspetto dello show in completa autonomia”. L'idea, come dicevo, ha tutta la mia solidarietà ma il pc se ne sbatte della libertà di Manuel e del mio appoggio morale e, con una tempistica che solo le infernali macchine sanno avere, si pianta, si blocca, fa le bizze. Lo stronzone. Costringendo l'artista ad improvvisare e menare il can per l'aia per 5 minuti buoni. Poi, finalmente, anche la tecnologia si mette una mano sulla coscienza, il monologo può partire come si deve, e il comico milanese ci fa ridere tutti come lui ha sempre dimostrato di saper fare. Applausi!

La sfida si è conclusa, è tempo di annunciare il vincitore: passa Manuel Laghi. L'uomo ha sconfitto la macchina.

Stasera al Blah Blah ci sarà la quarta imperdibile eliminatoria di Facce da Palco, io sarò nuovamente in giuria ma, per scrupolo, Poldo me lo porto comunque. A dopo!
Ormai siamo alle porte della terza serata eliminatoria di Facce da Palco ed io devo ancora scrivere la cronaca della seconda. Quindi? Quindi, rimedio subito.

Siamo al Cafè des Arts e si ride, si ride parecchio. Merito dei tre presentatori eccezionalmente ispirati.
La Diva Zamboni Bresci, in particolar modo, acida come non è stata mai, non risparmia battute al vetriolo contro tutti, artisti compresi. La cattiveria le dona. Divina!
Natalia, gnoccherrima as ever, cerca di impalmare incastrare un belloccio pescato a caso dal pubblico. Egli si finge turbato ma sta volentieri al gioco. La di lui fidanzata si finge tranquilla ma in realtà ribolle di rabbia omicida.
La terza testa di questo Cerbero presentante, tale Rato Glitte (che se ne colga l'arguto gioco di parole), cantante confidenziale di Bulgazia, canta. Canta assai. Coinvolgendo il pubblico fino alle lacrime, i crampi e, in taluni casi, l'esaurimento nervoso.

Io, in prima fila (avete notato come sottolinei sempre la mia posizione privilegiata? Sono Poveraccia dentro), mi godo lo spettacolo e i tre concorrenti che si sfidano.
La prima esibizione è di un gruppo musicale: La figlia del dottore. Tre allegri 30-35-40-45?enni che, come lascive civette sul comò, se la cantano e se la suonano con tanto di famiglie-groupie al seguito. Io sculetto sul posto, trascinata dalla musica, leggera, piacevole e molto frulla-ricci. La loro formazione è quella più classica dei gruppi musicali: batterista schivo, bassista sorridente, frontman egocentrico e logorroico. Per arginare l'incontinenza verbale di quest'ultimo vengono chiamati prima gli artificieri e poi le teste di cuoio ma, ovviamente, nessuno riesce nell'impresa. L'abbattimento si rende necessario.
Liberato il palco dai poveri resti, viene il turno di Sergio Sasso, che porta un nuovo format d'improvvisazione: "Data". Il pubblico gli dà degli spunti, Wikipedia anche, e poi lui interpreta tre personaggi e racconta la storia che li riguarda. Improvvisazione e story telling, tutto da solo su un palco. Non è facile, al limite tra il coraggio e l'incoscienza. L'artista pare molto emozionato e la rappresentazione ha un ritmo discontinuo. L'idea è buona ma migliorabile. Intanto, chapeau per essersi buttato senza paracadute.
Infine tocca alla clownerie, all'arte di strada di Davide Fontana. E qui veniamo tutti conquistati: pubblico, giuria e artisti precedentemente esibitisi. Tutti. Ironia, musica, tempi perfetti e tanto lavoro. Lo spettacolo è un mix di pezzi diversi. Un mix ottimamente costruito. Non solo riesce bene ma dà l'impressione di avere ancora ampi margini di miglioramento. Ottimo!

Si vota e il risultato è previsto, prevedibile e giusto. Passa Fontana tra la soddisfazione generale.

Per il resto nulla da segnalare tranne due giurati, una riccia e uno no, che si litigano il microfono. Vince “quello no”, screanzato, ma la riccia medita vendetta. Tremenda vendetta!


Prossima serata eliminatoria: domani alle 21 al Cafè des Arts, in via Principe Amedeo 33/F, Torino.
Nove Giugno Duemilaequindici.
Approfitto del passaggio di un gruppo di cabarettisti amici miei: vado allo Zelig!
No, non la trasmissione televisiva. Il locale originale. Dove tutto ebbe inizio e, anche lontano dalle telecamere, continua.

Un po' blogger d'assalto, un po' groupie, un po' Yoko Ono dei poveracci, migro verso Milano, prendo pioggia a secchiate, curioso in un mondo che non conosco.

Già il viaggio è una lezione di vita: due ore chiusa in macchina a sentir discutere di cambi in scena, cappelli, giacche, e corse su e giù per il palco. Che bello dover fare esclusivamente la spettatrice. A me viene l'ansia da prestazione solo a sentirli certi discorsi. In una situazione del genere fuggirei ancor prima dell'inizio dello spettacolo. Per poi essere ritrovata con la ciucca triste da "Il Lurido" o ancora incastrata nella microfinestra del bagno. Neanche meritevole di una fuga dignitosa. Ovviamente.

A proposito di bagno, appena arrivata nel locale corro ad usarne uno. Poi, rasserenata, comincio a guardarmi in giro. A dire il vero questo famoso Zelig non mi sembra un granché. L'ingresso è così triste: dal corridoio si passa direttamente ai bagni, e poi ai camerini. I camerini? Che ci faccio nei camerini? Ho usato l'entrata secondaria, quella per gli artisti. Mi sembrava strano. Va bene il low profile del cabaret underground, ma l'ingresso dai cessi era davvero troppo!

Esco. Ci riprovo. Porta principale. Quella per il pubblico. Decisamente meglio. Foto di comici famosi, luci, specchi, brillantini. Un bel posto. Una bella energia. Un po' di emozione, persino per me che non c'entro niente con tutto l'ambaradan.

Armata di smartphone, e in modalità molto social, faccio foto brutte e un poco tutte uguali.
Ceno con il panino "Teresa Mannino". E poi prendo posto sulle tribune. Tempo trenta secondi ed ho una piaga da decubito. La prossima volta mi porto una ciambella come ogni ottuagenaria che si rispetti.

Si comincia alle 21:30. Si finisce all'1. Nel mezzo un intervallo di 10 minuti.
A presentare ci sono due terzi dei Boiler: Federico Basso e Davide Paniate.
Loro sono bravi. Ma bravi bravi! Presentano, fanno ridere, fanno da spalla, risollevano i tempi morti. A fine serata voglio portarmeli a casa e costringerli a diventare i miei migliori amici. Tipo "Misery non deve morire". Ma senza violenza, sequestro di persona, e gambe rotte. Per quanto riguarda lo squilibrio mentale: ci devo ancora lavorare su.

Nel cast ci sono comici da mezza Italia. Tantissimi. Esordienti o meno, giovani o meno, talentuosi o meno. C'è chi sembra nato per stare sul palco, c'è chi dovrebbe fare altro nella vita, c'è chi è in serata, c'è chi no, c'è chi è originale, c'è chi neanche per sogno.
E, come sempre, ci sono pochissime donne. E io, come sempre, mi lancio nella mia personale crociata: per quale stram#### di ragione buona parte delle donne che fanno comicità devono sempre e comunque parlare di uomini? E' roba trita e ritrita. Oltre che un mezzo suicidio artistico. Perché, a far ridere con battute già sentite mille volte, bisogna essere delle tigri da palcoscenico, dei geni della scrittura, o premunirsi di portare tra il pubblico tutti gli invitati della propria prima comunione.

Comunque, in molti mi hanno divertito. Qualcuno davvero tanto.  Per correttezza non dico niente sui miei amici torinesi. Che sono tutti bravi e belli, specialmente Andrea Bruno. Ma ci tengo a fare i miei più spassionati complimenti a un duo proveniente da Roma (*). Non so come si chiami il duo. Non so come si chiamino loro all'anagrafe. Non so niente. Ma sono molto bravi. In particolare uno dei due passa in scioltezza da un personaggio all'altro, con velocità e padronanza invidiabili. Se mai, per caso, doveste leggermi e riconoscervi, ve lo ripeto: bravi!
Bravi loro e anche altri.

Ma non tutti. Proprio no.

(*) Il caso e i social mi hanno permesso di rintracciare il duo romano. Sono Spadoni&Paniccia e questa è la loro pagina facebook.
Immagine tratta dal sito www.cab41.it
Avete presente il Cab 41?
Quello che sta in via fratelli Carle 41, a Torino.  Quello che la prima volta non riuscivo a trovare. Quello che la seconda volta non riuscivo a parcheggiare. Quello che... beh sì, insomma quello!

Sabato scorso sono andata al Cab 41 per assistere allo spettacolo di Nando Timoteo.
Un comico che non avevo mai visto né dal vivo e neanche in tv, nonostante vanti diverse partecipazioni in diverse trasmissioni. Ma io, come direbbe qualcuno, sono una disadattata, quindi non faccio testo.

Comunque, forte della mia ignoranza, mi sono approcciata allo spettacolo senza pregiudizi o attese particolari. E...
E mi sono divertita. Un bel po'!
Ho riso, applaudito e mi sono persino prestata a quei siparietti della serie "metà del pubblico faccia questo, l'altra metà faccia quest'altro". Mi ci sono prestata nonostante io nell'animo sia snob e sostenuta, ma Nando Timoteo ha un mondo di approcciarsi al palco e alla gente assolutamente irresistibile. E' un talento dell'intrattenimento e della comicità. Nato come animatore turistico, ha studiato teatro, fatto esperienza in tutti i campi, fino a poter vantare un eccellente repertorio e un atteggiamento coinvolgente e naturale. A Nando Timoteo non gli puoi dire di no. Lui ti chiede di cantare e tu canti. Lui ti chiede di applaudire a tempo e tu applaudi a tempo. Lui ti chiede dei soldi e tu. E tu niente, c'è la crisi! Neanche Nando Timoteo può essere così convincente!

Il Nando Timoteo Show è uno spettacolo lungo ma che scorre via velocemente. Uno spettacolo completo e godibilissimo. Uno spettacolo fatto di battute a raffica, succosi racconti di vita vissuta, e musica. Sì egli, come se non bastasse, canta e suona.

Di qualunque parte d'Italia voi siate, tenete occhi ed orecchie aperti. Dal nord al sud, lo potreste trovare ovunque. E, nel caso, vi consiglio fortemente di non lasciarvelo scappare!
E la fata Smemorina mi prepara per il Gran Ballo.
Prende zucchine e carote dal frigo, e le trasforma in una carrozza ad impatto zero.
Rapisce le vicine ottuagenarie e ne fa degli artrosici cavalli bianchi, con quella leggera sfumatura carta da zucchero che fa tanto sciura piemunteisa.
Acchiappa al volo il barista cinese sotto casa mia per dare al cocchio un'aria più internazionale.
Infine mi dota di abito, zatteroni e boa di struzzo.  Sto uno splendore: dovrei aprirmi un fashion blog!

Penso di piroettare leggiadra su me stessa, ma l'unico risultato che ottengo è quello di rotolare giù dal letto. Ouch!
Un sogno. Solo un dannatissimo sogno!
La pennica pomeridiana mi è stata fatale: ho i segni del cuscino sulla faccia, i capelli antigravitazionali, la fiatella da mangiatrice di sorci e, soprattutto, sono in ritardo!

In questo fiabesco stato afferro al volo un borsone e ci metto dentro tutto: abito, scarpe e trucchi. Poi corro a prendere la metro, attraverso il centro e arrivo finalmente in piazza Vittorio al Lab.
Ho il fiatone, saranno tutti agitati, non possono cominciare senza di me!
"Eccomiiiii!!!" esordisco, varcando l'ingresso del locale.
Tutti si girano, mi fanno un cenno, e poi riprendono a fare ciò che stavano facendo prima.
C'è chi fotografa, chi prepara balletti e chi chiacchiera.
Ho il fondato sospetto che non si siano neanche accorti della mia assenza e che avrebbero cominciato tranquillamente anche senza di me. Maledetti!

Dentro schiumo di rabbia peggio di Grimilde ma, proprio come la crudele Regina di Biancaneve, all'esterno mantengo un regalissimo aplomb.  E, senza rivendicare l'altrui cuore battente, vado a prepararmi.
Nel cesso.
Rischio la disarticolazione di una spalla nel tentativo di infilarmi di corsa l'abito VivaLeTetteAbbassoLaPancia. Sfioro la rottura di entrambi i femori nel saltare dentro le mie scarpine da CenerentolaPanterona. Alla fine però esco dal bagno sana, salva, truccata e parruccata. Anvedi che gnocca! Fiuuuuuuuuuu fiuuuuuuuuuuuuuu

Finalmente pronta mi aggiro per la sala in attesa dell'inizio. Saluto la mitica dj Valentina che, vittima dell'odierna postazione audio situata dietro al bancone del bar, ringhia contro tutti gli sprovveduti che osano chiederle da bere. A me però offre uno spritz. E che cavolo! Ora mi sento a casa!

I posti a poco a poco vengono tutti occupati, gli artisti si agitano, le luci si accendono e comincia lo spettacolo. Ricomincia Facce da Palco!
La raffinata Natalia esordisce con boys e balletto. Bella, brava e ormonalmente iperattiva!
Quest'anno, però, la presentatrice che viene dall'est subisce l'onta di essere affiancata da una tutor. Ma che tutor! Nientepopodimeno che Donna Antea Zamboni Bresci, dai palcoscenici degli anni '30 fino ai giorni nostri. Pallottoliere alla mano, dovrebbe avere più di cento anni. Portati bene, eh! Ma ecco spiegato il colorito un poco "passato".
Le due donne sono un'accoppiata di raro squilibrato equilibrio. Sono sicura che ci daranno grandi soddisfazioni.

Ma è già ora del primo concorrente: il prestigiatore Davide Allena.
Molto bravo a tenere il palco, diverte il pubblico, e intrattiene con maestria.
A dirla tutta però il ruolo dell'"attore" finisce col superare quello del mago. L'idea di aggiungere una cornice accattivante ai numeri di magia è ottima, ma io vorrei più stupore. Una ricerca dell'originalità non solo nella confezione ma anche nel contenuto.

Il secondo concorrente è il bassista Ale De Rosa, accompagnato dal percussionista Giorgio Brusamonti. Questi sono musicisti veri, non strimpellano, dietro c'è lavoro e talento. I pezzi sono inediti. Ma, in questa nuova versione, "Pancrazia un po' più stronza dell'anno scorso" mi tocca dire che lo stile molto anni '90 risulta forse un po' datato. Probabilmente è ancora presto perché la musica di quel decennio appaia vintage e ricercata.

Per terzo sale sul palco Massimo Pica.
L'anno scorso partecipò a Facce da Palco con la compagnia d'improvvisatori Detto Fatto, quest'anno presenta un pezzo da monologhista.
Ci fa ridere prendendo in giro le trasmissioni folli da cui ormai siamo tutti dipendenti: da SOS Tata a Il mio Gatto è Indemoniato. Ci ricorda le assurdità del cinema e ci dà una lezione sui film iraniani. Tutto molto divertente anche se farcito da qualche indecisione di troppo. Evidentemente, il palco di Natalia innervosisce anche chi già lo conosce.

Infine si va di Burlesque! Un tipo di spettacolo che, piaccia o meno il genere, mette sempre allegria. I  protagonisti dell'esibizione sono le Sweet Dolls con Poison De Luxe. Tre donne e un uomo che raccontano una storia in quattro atti, uno spettacolo in quattro quadri. Il tutto è carino ed originale ma io, ormai ufficialmente "Pancrazia stracciamaroni", suggerirei dei tempi più rapidi, un ritmo più serrato. Meno spazio all'unico uomo e più alle donne.

Le esibizioni sono terminate. Il pubblico vota e la giuria anche.
Ogni sera verranno promossi due artisti. Io, una vaga idea di chi possano essere già me la sono fatta e, infatti, ci prendo!
Vanno in semifinale lo stand up comedian Pica e il prestigiatore Allena. Complimenti!

Io, novella Aurora, sfranta dalla fatica corro a dormire per 100 anni o giù di lì.


Il prossimo appuntamento con Facce da Palco sarà il 22 marzo al Blah Blah in via Po.
Siateci anche voi. Vi prometto una sorpresa!
Nell’antico regno di Bulgazia viveva un crudele Barone.
Egli, per saziare le proprie voglie, ogni sera si faceva portare dai servitori una fanciulla diversa prelevata a forza dal popolo.
Poi, dopo averla concupita, la chiudeva nelle segrete a morire di stenti.

Per quale motivo si comportasse così non è dato sapere, anche se le malelingue affermano che egli volesse, in tal modo, far tacere le insoddisfatte amanti. Perché l’ardore del Barone era grande, ma il resto no!

Una sera i servitori portarono al nobile la bella Natalia.
“Kosa tu folere da me, orrido Barone?” chiese lei.
“Kosa? Non afere detto niente te, mammina?”
“Certo, mia era domanda retorica, barone perfido e pure un poco ignorante!”
“No perdiamo tempo. Fogliamo iniziare?”
“No!”
“Come no? Io sono Barone: ogni mio desiderio defe essere ordine!”
“No, cioè, sì, ma non potremmo aspettare attimino? Fare kvattro chiacchiere? Raccontare te kvalche bella storiella?”
“Bella storiella? E fa bene. Ma facciamo in fretta”

E così l’astuta Natalia prese tempo raccontando di mille personaggi ed avventure. Narrò le vicende di giovani che cercavano l’amore, il lavoro, o solo un poco di tempo libero. Raccontò di uomini che pettinavano bambole, o di tizi che mangiavano paste scotte. Parlò per ore, giorni, settimane e mesi. Parlò per un anno intero.

“In capitale di penisola italica fifefa ragazza di grande talento. Ella faceva chiamare lei il Boss, e sapefa risolvere tutti più impossibilissimi problemi di amoritudine...”
“Ecco, perché noi non facciamo adesso tanta amoritudine?”
“Aspetta ancora uno minuto! E poi c’era bella Manila che fendefa corpo ma folefa indipendenzia...”
“Ecco, ora io foglio federe un poco di tuo corpo...”
“Un attimo! E poi c’era spettacolo, talent, fatto per giovani grandi artisti!”
“Talent? Taleeent??? Taleeeeent? Perché non detto subito me? Io amo talent! Kvando inizia?”
“Come kvando? Domani alle 21! Forza, tira su tue nobili braghe, e iniziamo a cercare parcheggio per tua carrozza!”

Facce da Palco ricomincia!
Domani, venerdì 6 marzo, accorrete tutti al Lab!
La famiglia Topova vi aspetta con mille altre storie.
Jane Pancrazia Cole ve le racconterà!
Questo scrissi in occasione di una semifinale dell'anno scorso...

Ormai questa avventura è giunta al termine, ed è tempo di bilanci. Bilanci finanziari e monetizzazione. Perché, insomma, bella la vita della blogger, piena di creatività e cultura, ma pure le blogger devono mangiare e pagare le bollette!  
Questa necessità si è chiaramente palesata a Jane Pancrazia l’altra sera, mentre cenava a pane e cipolle. Era là, nel suo umido monolocale, quando ha pensato: “Facce da Palco! Dovrò pur ricavar qualcosa da questa esperienza, no? Certo, soddisfazione personale, incontri memorabili, contatti lavorativi, bla bla bla. Ma i soldi? Come poter guadagnare meravigliosi, profumati, tintinnanti denari?”   
Varie alternative si sono palesate alla sua fertile mente: 
  • intrecciare e vendere deliziosi tappetini per il bagno ottenuti con le parrucche di Natalia. Ma, siamo sinceri, certi colori non convincerebbero neanche un daltonico incontinente.  
  • Far fruttare e sfruttare le doti di stallone balcanico di Dragosh. Ma c’è il rischio che il ragazzo pretenda una parte dei guadagni. I giovani d’oggi hanno completamente perso l’etica del lavoro e lo spirito di sacrificio.  
  • Oppure vendere gli organi degli artisti eliminati. Un rene per artista: Pancrazia non è mica avida! Ma pare che un tale commercio sia illegale nel nostro paese. Non c’è nulla da fare, in Italia lo spirito imprenditoriale non viene mai apprezzato!  
Comunque, la nostra blogger non è mai stata una che si arrende facilmente. E così, ieri sera, dopo essersi messa a dormire sul suo divano-letto IKEA di quarta mano, ha avuto finalmente una vera e propria folgorazione, l’idea che la farà svoltare: Facce da Palco, il gioco da tavolo!  
Numero giocatori: da 1 a 24 artisti ardimentosi, singoli a coppie o anche a squadre. Facce da Palco sarà un gioco di società che metterà alla prova le vostre capacità teatrali, musicali, canore e danzerecce. Lo scopo del gioco sarà, ovviamente, quello di eliminare tutti gli altri concorrenti, anche fisicamente se necessario, e diventare l’unica vera Faccia da Palco. E, oltre alla gioia della vittoria, il giocatore più bravo potrà usufruire della bambola gonfiabile di Natalia, Lothar o tutti e due. Noi della Jane Pancrazia Toys, non abbiamo pregiudizio alcuno, e desideriamo che tutti i nostri clienti siano pienamente soddisfatti! 
Nella scatola è fornito tutto il minimo indispensabile per divertirsi e realizzare la vostra artistica impresa. Un microfono che non funziona, una cassa gracchiante, un paio di minislippini aderenti, una bambola inquietante, un boa di struzzo, un coltellaccio da macellaio, un paio di mocassini marroni, una sedia da regista poco resistente, una panchina ricoperta di peluche, una vestaglia di seta, e ogni 10 scatole acquistate... una donna gravida. Una persona sana di mente non saprebbe che farsene di tutto ciò, ma un vero campione di Facce da Palco riuscirà a trovarne la giusta collocazione e l’utilizzo per montare un pezzo di successo.  
Scegliete il vostro segnalino tra: • Il fiasco di vino, compagno di Natalia nelle rare notti solitarie; • Il funghetto allucinogeno, che Lothar smercia dalla Bulgazia; • O la candela con cui Pancrazia illumina il suo monolocale ora che le hanno staccato la luce.  
Poi tirate i dadi, esibitevi e, infine, pescate le carte del giudizio e pregate che la sorte vi sia benevola. Tutto è superabile tranne la bocciatura spietata della presidentessa di giuria con la carta: “la tua dizione non è all’altezza, torna al via!”  
Potrete trovare Facce da Palco in tutti i migliori, peggiori, e così così negozi di giocattoli! Non fate gli avari, mettetevi una mano sul cuore e l’altra sul portafoglio. Facce da Palco vi farà passare deliziose serate in famiglia, e forse farà riallacciare il gas a Jane.  
Grazie a tutti e buona serata!

Mi raccomando, non dimenticate: venerdì 6 marzo, alle 21 parte l'edizione 2015 di Facce da Palco.
Appuntamento al Lab in piazza Vittorio 13, a Torino.
Ingresso gratuito.
Ricomincia Facce da Palco!
Venerdì 6 marzo alle 21, al Lab di Piazza Vittorio 13 (Torino), riparte il carrozzone del talento e del divertimento.

Sono contenta come una bambina, ma anche agitata ed ansiosa.
Quindi, per prepararmi adeguatamente all'evento, in questi giorni proporrò tutto ciò che di mio è passato su quel palco l'anno scorso. Le indegne parole che ho scritto e che Francesca ha letto. Vabbé non proprio tutte, quelle meglio riuscite, perché non voglio infierire su di voi con i miei esperimenti di "testi da leggere in pubblico". Alcuni così brillanti da scatenare un gelo nella platea che neanche in Alaska.

Oggi inizio con "La storia di Facce da Palco". Un pezzo che in realtà di mio ha soprattutto la forma, mentre il contenuto è tutto (o quasi) di un paziente comico torinese che accettò di correre in aiuto di una poveraccia a cui l'ansia da prestazione aveva bloccato qualsiasi forma d'ispirazione.

Ecco dunque a voi La vera storia di Facce da Palco. Il testo originale. Mica cotiche.

Buonasera a tutti!
Io di solito mi occupo della cronaca di Facce da Palco, della stretta attualità. Questa volta, invece, vi parlerò della storia di questo talent.

Voi pensate di essere qua a vedere un piccolo show, nato solo l’anno scorso a Torino. E invece vi sbagliate, eccome se vi sbagliate! Facce da Palco ha una storia gloriosa alle spalle. Una storia che affonda le proprie radici quasi ottant’anni fa nella culla della civiltà mitteleuropea: la Bulgazia! Laggiù Natalia Topova, nonna della nostra meravigliosa presentatrice, a cui ha trasmesso il nome, la sobrietà, e la predilezione per l’amore libero. Natalia Topova, dicevo, fondò uno spettacolo che avrebbe cambiato il corso del teatro, del cabaret, della musica e lo chiamò: Facce da Palco.
Per 80 anni migliaia di artisti si sono esibiti e sfidati, per poi lanciarsi in sfolgoranti carriere! Sono certa che molti di questi li conosciate anche voi. Ve ne ricordo alcuni:
gli innamorati Albanien e Ramina, passati alla storia della musica dell’Est grazie a successi come Nostalgia socialista o Ilarità. Ve la ricordate Ilarità, no? Quella diventata famosa grazie agli immortali versi “Ilarità è mangiare un panino con dentro un bambino”. Versi poi usati da una certa magistratura per alimentare stupidi pregiudizi.

Poi ci fu il duo comico: Ficarrov e Piconoscky, provenienti da Palermograd, ridente cittadina nel sud della Siberia, i cui abitanti mangiano granita al gusto di aringhe alla parmigiana.
Oppure, più recentemente, i ballerini dall’anca sbilenca “I compagni di Maria”.
E, infine, avrete sentito parlare anche voi di quel misterioso caso legato al monologhista che recitò “Lettera aperta contro Putin”. Un vero talento! Vinse la semifinale ma non si presentò mai alla finale. Che vergogna! Una brillante carriera stroncata da una tale mancanza di professionalità! Se non puoi venire, dillo! E che si fa così? Che avrai mai avuto da fare? Cosa avrà mai potuto trattenerti?


Comunque, arriviamo ai giorni nostri. Con l’ingresso della Bulgazia in Europa e la successiva apertura delle frontiere, Natalia, degna erede della nonna, decise di portare Facce da Palco all’ovest.
Avrebbe potuto scegliere la Germania, la Francia, la Svezia. E invece no: scelse l’Italia. E all’interno dell’Italia avrebbe potuto scegliere Roma, Milano, Napoli e invece no. Scelse Torino. E a Torino avrebbe potuto scegliere qualsiasi teatro o locale, e invece no: scelse proprio il Café des Artes.


E per questa serie di fortunatissime coincidenze noi ci troviamo qui. Tutti assieme. Di sabato sera. Dopo aver girato due ore per un parcheggio. A godere di questo spettacolo. Tutto grazie a nonna Natalia e alla sua deliziosa nipote. 

Un bell’applauso!
Ve la faccio breve.
Avete presente quelle serate in cui il mondo ce l'ha con voi e voi ce l'avete col mondo? Quelle serate in cui chi vi dovrebbe volere bene mette in pratica tutto il proprio peggior repertorio per farvi sentire una cacca? Quelle serate in cui vorreste solo chiudervi in casa, staccare il telefono, e nascondervi sotto il piumone fino a data da destinarsi? Quelle serate in cui vi credete figa e poi scoprite di avere il rossetto sui denti?
Avete presente?
No?
Beati voi.

Io sì, c'ho presente, c'ho presente chiarissimamente.
Giovedì scorso è stata proprio una serata così.
Ma invece di tumularmi sotto il piumone, ho deciso che sarebbe stato meglio ridere. No, non una risata isterica da pazza. Proprio una risata vera. Più d'una possibilmente.

E per questo motivo, una settimana fa, carica dello spirito machisenefotteneanchequestomiabbatterà, sono andata a godere della seconda data live di Kotiomkin.

Uno spettacolo dove qualcuno ha fatto molto ridere, qualcuno ridere, e qualcuno insomma.
Dove la parte tecnica ha funzionato, i presentatori hanno dimostrato scioltezza, e i disturbatori hanno disturbato secondo uno schema divertente e riuscito.
Dove i battutari online si sono scatenati sulle attualissime 50 sfumature di grigio.
Dove gli Anonymous hanno presentato un commovente prediciottesimo, Morandazzo ha illuminato la platea con le sue cinematografiche perle di saggezza, e i Civatians hanno raccontato i drammi di una vita indecisa... o forse sì?... o forse no?

Il Kotiomkin live è una formula che funziona. A cavallo tra rete e palco, professionisti e amatori, cabaret e satira. Uno spettacolo che le diverse teste matte della nota pagina facebook stanno portando in tutta Italia. Che io sappia almeno: Milano, Roma, Genova e Torino.
Ah, ovviamente, le serate torinesi sono le migliori. E che ve lo dico a fare?

Il prossimo appuntamento sotto la Mole sarà il 5 marzo alle 21:30, al Colors, in via Sacchi 63.

E, visto che oggi mi sento particolarmente generosa, segnalo per i miei lettori romani, il KotiomkinTevere, stasera, ore 21:30, al TAG (Tevere Art Gallery) in via Passera 25.
E per i milanesi, sempre stasera, il Kotiomkin live alle 22, presso La Strada in via Patellani 4.

Buon divertimento a tutti! Fate come me: uscite da sotto i piumoni e andate a ridere ridere ridere!...prima però controllate il rossetto.
Io ho mangiato un hamburger buonissimo. Di corsa, con le mani gelate e la Gran Madre che occhieggiava invidiosa. Sono scesa ai Murazzi ed entrata al Magazzino sul Po. Ho assistito a una serata di CaleidoScoppio. Ne ho scritto fitto fitto su un'agenda.
E poi, alla fine, sono salita sul palco e ho letto la mia Cronaca davanti a tutti. Un microfono e due djembe a farmi compagnia.

Vi siete persi quest'esperimento di instant blogging? Non c'è problema. Ecco a voi il testo originale, rigorosamente NON riveduto e NON corretto.

Buonasera, vi spiego com'è andata, perché mi trovo qui.
Ho ricevuto l'invito su Facebook, l'idea della serata mi è piaciuta, e quindi ho condiviso, ho "piacciato", ho cliccato "parteciperò". Ho fatto tutte quelle cose che si fanno in questi momenti. Sono stata leggera e inconsapevole.
Poi, una settimana fa, Esther mi ha contattata.
"Allora che fai? Sali sul palco?"
"Eh? No, sul palco no! Io detesto parlare in pubblico"
Voi non potete capire, mi viene l'ansia, le palpitazioni, la voce da gallina isterica. Faccio cose patetiche, tipo mettermi una minigonna inguinale per distrarre il pubblico con lo stacco di coscia. Perdo l'etica e la morale.
"Sul palco no, non esiste!" dico.
"Dai! Ti esibisci alla fine. Fai la cronaca della serata: instant blogging"
"Instant che? No, guarda, ci penso, eh..."
Ci ho pensato. Ed eccomi qui. Voce isterica e patetico stacco di coscia compresi.
Eccomi qui a fare la cronaca della serata. La mia cronaca. Della mia serata. Dal mio esclusivo punto di vista. 
Arrivo alle 20-20:30 e mi ritrovo subito meravigliosamente a disagio. La gente prova, suona, qua è pieno di artisti. Io sono una blogger. Una che scrive su internet. Una poveraccia. Farò una figura pessima.
Quindi, per sopravvivere, decido di entrare nel mood "vabbè tanto non mi conosce nessuno". Esattamente cinque secondi dopo entra Noemi Cuffia. Lei è blogger ma anche una scrittrice coi controcazzi. Ah, dimenticavo, lei mi conosce. Ecco. Ciao Noemi! 
La serata comincia: si festeggia il primo compleanno del CaleidoScoppio, un "mix di arti diverse", come dicono i presentatori. Pittura, video, musica, fotografia, cabaret. Tutto assieme.
Parte  l'appello. Chiamano Sciencol. Nessuno alza la mano. Chi è? Dov'è? Assente? Ah no, sono io: J-a-n-e C-o-l-e. Le soddisfazioni cominciano a mazzi!
 
Finalmente si parte. Con Na Na, la zia di CaleidoScoppio. Una gran testa di capelli che già, solo per questo, si guadagna tutta la mia sfacciata simpatia. Lei fa gli auguri, gli auguri "al contrario".
Poi si canta e si suona. L'atmosfera è rilassata. Mi tranquillizzo. Un po', non troppo. 
Intanto, in giro per il locale, si disegna, vignetta e graffita. 
Sul palco si sonetta e filosofeggia. Ci si rilassa: "non bisogna essere i migliori".
Il poeta-filosofo poeteggia ed è bravo, bravo assai.
Finisce lui, si passa a uova e galline, e poi si torna alla musica. Giovanissima e con una gran voce.
Il tempo passa, arriva l'"amico palazzo" e capelli di bacca. Arrivano fantastici microracconti. La follia delle parole e dell'immaginazione. Il potere del 'tutto è possibile'. Ecco, questo è proprio l'ambiente mio: la scrittura e la follia. Quasi quasi mi commuovo e, invece no, rido, rido tanto.
Smetto di ridere e arrivano due ragazze che lo stacco di coscia ce l'hanno sul serio. Musica d'altri tempi e danza d'altri luoghi. 
Intanto, in giro per il locale, c'è chi chiacchiera, chi si conosce, chi prova a dipingere e chi lo fa sul serio, ma con le spezie. 
Sul palco si litiga con l'amplificatore, si combatte e poi si vince. Ed è musica ed è poesia. Con o senza titolo. Non importa.
Poi è poesia ed è musica.
Si passa da Frank Sinatra in gonnella a Massimo Pica e il cinema. Secondo lui. Secondo lui e il suo amico esperto di film iraniani, pecore e pastorelli.
Dopo è il turno della padrona di casa, Esther Nevola, e delle sue parole e delle sue emozioni. Che sono sue e di tutti.
Ed ancora musica e immagini.
Papere, cacciatori e momenti di commovente comicità.
Musica, Fabio Bosco, Baudelaire e djembe: l'accostamento che non ti aspetti. 
Intanto, in giro per il locale, c'è chi mangia una pizza e chi scrive una cronaca. Io.

L'8 gennaio scorso dovevo trovare il modo per passare una serata che mi distraesse dall'imminente sopraggiungere della mezzanotte e, con questa, del mio genetliaco.

Le possibilità erano:
  • Collegarmi con la mia "cumpa" di complottisti per dimostrare la causa delle scie chimiche, rivelare al mondo l'inutilità dei vaccini, diffondere in rete le prove del falso sbarco sulla Luna, curare l'ebola con la tisana di finocchio, e superare l'ultimo livello di Candy Crush Saga.
  • Accodarmi a un gruppo di ecoterroristi per un'azione dimostrativa in Egitto. Tracciare un messaggio di speranza e salvezza per il nostro pianeta e la genuina musica pop di una volta: l'intero testo di "We are the world" trascritto con l'uniposca fucsia sulla facciata ovest della piramide di Cheope.
  • Imbucarmi alla prima serata torinese di Kotiomkin live.
Che ci crediate o meno, ho scelto la terza opzione. Ho scelto la satira dal vivo.
In fondo a Candy Crush sono una pippa e l'inchiostro indelebile macchia le mani.


Voi sapete cos'è Kotiomkin?
E' una pagina di satira nata un paio di anni fa. Un collettivo di circa 700 burloni sparsi per tutta Italia.
Scrivono battute a raffica, le scremano e poi le diffondono in rete. Secondo me delle volte dovrebbero scremarle meglio. Ma tutto è perfettibile e io sono parecchio scassam... rompic.... Esigente. Sono parecchio esigente.

Destino vuole che io conosca più d'uno di questi fenomeni dallo spirito salace, e quindi che non abbia potuto esimermi dall'andare a vedere la prima di questo show.

Una serata a base di battute storiche, battute recitate, battute in diretta dalla rete. Queste ultime un poco sotto tono a dire il vero. Che i migliori elementi di Kotiomkin fossero già tutti presenti sotto la Mole?
Una serata di sketch e monologhi. Perone e Gorno i miei preferiti.
Una serata con collegamenti. Molti riusciti, altri meno. Da dimenticare quello al finto collettivo Cinque Stelle. Da incorniciare quelli brevissimi ma esilaranti con Morandazzo, il maggior esperto mondiale di cinema.
Una serata con i disturbatori ai lati del palco e i disturbati a presentare. Menzione speciale alla bionda debuttante Julia Campa. E pure al mio personale oggetto del desiderio: il suo boa di struzzo.

Tante risate, tanta carne al fuoco e uno show che è scivolato via velocissimo.
Un esperimento migliorabile, soprattutto dal punto di vista tecnico, ma ricco di ottimi spunti.

Vi consiglio, quindi, sia il reading del 22 sia il secondo Kotiomkin Live del 5 febbraio.
Tutti e due alle 21:30.
Tutti e due al Colors Club in via Sacchi 63.

Ci si vede lì.
Io sarò la riccia che tenta di fregare il boa alla Campa.
Amo questa foto.
Mi piace questa storia.
Adoro questi due ragazzi. Amedeo e Pippo.
Conosciuti tramite Facce da Palco, ho avuto il piacere di rincontrarli e intervistarli grazie alla collaborazione tra Humans-Torino e Off Stage.

Basta guardare per un attimo quest'immagine per ritrovare il sorriso.

Il link diretto alla pagina Facebook.
La cronaca del loro spettacolo.
Martedì 2 dicembre sono tornata al Cab41 per vedere gli Stand Up Comedian.
Questa volta però avevo appuntamento con il socio:
"Stasera vai al Cab?" mi ha chiesto.
"Sì"
"E se venissi anch'io? Così facciamo un poco di foto e interviste che, come al nostro solito, siamo alla canna del gas, abbiamo pochissimo materiale da parte, continua a piovere, è sempre buio, siamo oberati di lavoro, ci sono le cavallette, arrivano gli alieni, e mi si è scotta la pasta"
"Ti si è scotta la pasta? Oh cielo! Corriamo al Cab prima che sia troppo tardi!"

Ovviamente, per "correre al Cab" s'intende:
il socio che arriva tranquillamente con la sua auto e parcheggia davanti al locale, con una ruota sul marciapiede, una sulle strisce pedonali, una in bilico sopra il bidone dell'umido, e la quarta piantata sul femore in titanio di un vecchietto di passaggio.
Ed io che arrivo in orario, ma poi giro 20 minuti per trovare un posto. Venti minuti dopo i quali inizio a parlare in latino al contrario, girare la testa di 180 gradi, e vomitare minestrone a spruzzo. Fino a quando un tizio lascia libero un parcheggio, io ritrovo la fede, posteggio l'auto, bacio bambini, faccio camminare gli storpi, do la vista ai ciechi, e impartisco benedizioni random.

Una volta dentro il locale, il socio ed io fotografiamo e intervistiamo due cabarettisti e uno spettatore. I link sono i seguenti: uno, due e tre.

Poi ci sediamo e ci godiamo lo show.

I monologhisti si alternano sul palco. E con loro i più diversi argomenti: prosciutti vegetariani, gatti indemoniati, parrucchiere mefistofeliche, droghe e dipendenze assortite, uomini come pesci rossi, infanzie in un mondo senza telecomando, e persino elucubrazioni mistico religiose da rogo medievale.

Noi ridiamo e poi ci confrontiamo su un'annosa questione che ci vede su fronti contrapposti.
"L'importante è sapere stare sul palco" sostiene il socio, "e se non sai scrivere basta che trovi un autore"
"Certo, ma allora non sei più uno stand up comedian" rispondo io, "sei un attore che recita un copione. E' uno spettacolo anche questo ma non è stand up comedy, è altro"

Io ho ragione. Il socio ha torto. E voi dovete essere tutti d'accordo con me. Punto.
Perché siete sul mio blog e lui parcheggia sui femori d'innocui vecchietti. E, soprattutto, perché io esigo un po' di solidarietà: molti di voi neanche lo immaginano ma, con quelle due righe lì, rischio di attirarmi tanta di quell'antipatia che, al solo pensiero, necessito già di conforto.
Grazie.

Detto ciò, che fate domani?
Io torno al Cab41 ad assistere all'ultima serata di stand up prima delle feste.
Ci sarete anche voi? E allora diamoci appuntamento alle 21:30 in via fratelli Carle 41 (41!).
Io vorrei essere una di quelle blogger cool.
Quelle con l'occhiale da sole figo, il capello biondo fluente, e il sorriso che abbaglia.
Lo vorrei tantissimo, ma senza gli occhiali da vista non ci vedo una mazza, ho i capelli scuri e incazzosi, e mi sono persino dimenticata di prenotare la prossima pulizia dei denti e mo' chissà quando trovo posto!

Io vorrei essere una di quelle blogger intellettuali.
Quelle con la frangiona, lo sguardo intelligente, e le frequentazioni di un certo spessore.
Lo vorrei tantissimo, ma con la frangia sembro mia zia Peppina, se m'impegno a fare una faccia intelligente mi trasformo in uno strano mix tra Igor e Jack Nicholson, e amo frequentare cialtroni dagli interessi folli, tali e quali a me!

Io vorrei, lo vorrei tantissimo, ma mi mancano le basi!
Io sono quel tipo di blogger che dovrebbe andare a vedere uno spettacolo che aspetta da un mese e, il giorno prima, si ritrova  a letto con due tonsille grandi come palline da tennis, una gola infiammata tipo il cratere dell'Etna, e la tosse di un vecchio bronchitico che ha 110 anni ma fuma da 120.
In questo incantevole stato, a questo tipo di blogger, non rimane altro che mandare un messaggio "a chat unificate" in cui annuncia la propria imminente dipartita e la susseguente mancata presenza al tanto agognato show.
Poche ore dopo, però, di fronte a un lieve miglioramento, questo tipo di blogger si veste di corsa, prende la metro e arriva appena in tempo per assistere alla doppia serata di Cabaret della rassegna OffStage.

Insomma, non sarò cool, non sarò intellettuale, ma ho una certa sconclusionata imprevedibilità che mi rende affascinante. O almeno mi piace raccontarmela così.

Vado di cronaca? Vado.

Lo spettacolo sta per iniziare. Io arrivo giusto in tempo. Io e i miei millemilioni di fazzoletti di carta.
Nat mi vede e, stupita dalla mia presenza, dice a chiunque sia disposto a darle retta: "C'è Pancrazia! C'è Pancrazia!" Tutti la guardano come una pazza. Ma non importa, lei ed io siamo contente.

Mi siedo.
Si comincia con la prima del video. Quale video? Non dico nulla. Taccio. Vi spiegherò, con dovizia di particolari, lunedì prossimo. Sono sadica? Sì, lo sono.

Dopo il video, dicevo, è la volta del pre show affidato a Gilèt&Salopèt (Qui su Humans). Il duo comico rivelazione della scorsa edizione di Facce da Palco. Amedeo e Pippo. Giovanissimi, talentuosissimi, divertentissimi. Pochi mesi fa ci stupirono tutti, facendoci chiedere cosa sarebbero stati in grado di fare tra un paio di anni con un po' di lavoro ed esperienza in più. Intanto posso dire che, nel giro di una primavera e di un'estate, hanno lavorato sul pezzo forte del loro repertorio. Un surreale litigio tra Moka e Tazzina, una sfida a suon di tradimenti, amori rubati e relazioni bollenti. Bravi! La strada mi sembra quella giusta.

Finito il pre show si passa allo spettacolo principale con i Tracataiz Tracataiz. Un trio milanese che ci fa ridere tutti a suon di sketch, dialoghi assurdi, sponsor discutibili e l'ilare dramma del Maneki Neko. Di che? Il Maneki Neko! Il gatto giapponese porta fortuna. Quello con la zampa alzata. Quello che, a forza di stare così, soffre di "braccite dondolina". Una patologia, una piaga sociale, un dramma che non si può ignorare!
Bravi i Tracataiz Tracataiz. Bravi e coinvolgenti. Basta stare ad ascoltarli per 10 minuti e s'inizia a svalvolare come loro...aiutate il Maneki Neko!

Finisce la serata.
Io e i miei millemilioni di fazzoletti ce ne torniamo a casa.
Ora sto una schifezza e sogno il piumone come pietra tombale di tutte le mie sofferenze. Ma, se proprio bisogna andarsene, meglio farlo ridendo!
Vi ricordate che qualche settimana fa litigai con la mia inadeguatezza per raggiungere il Cab 41?
Due settimane dopo ci sono ritornata ma, forte dell'esperienza precedente, mi sono marchiata a fuoco nel cervello l'indirizzo esatto. E, infatti, ho raggiunto facilmente il punto desiderato.
Peccato che non ci fosse parcheggio vicino al locale ed io mi sia messa a girare per vie, viuzze, sensi unici, vicoli corti, vicoli stretti, stazione nord sud est ovest e parco della vittoria, prima di riuscire a posteggiare, scendere dall'auto, e...
...e non avere la più pallida idea di dove fossi finita.

Sotto la pioggia, mi sono fatta guidare dal navigatore del cellulare come un cieco dal proprio cane.
Sorprendentemente, alla fine, sono riuscita ad entrare e prendere posto ancora prima che lo spettacolo cominciasse. Evidentemente, il dio dei cabarettisti mi guarda benevolo.

La prima sera del Lab Stand Up, laboratorio per monolighisti, mi ero molto divertita. Ma la seconda persino di più!
Ho riso grazie alla colorita lingua italiana osservata da un punto di vista tutto americano.
Ho riso perché anch'io, come tutti, ho incontrato un idraulico che mi ha mortifcata con un "Ooooooohhhh, ma chi ti ha fatto questo lavoro qui?"
Ho riso perché non amo particolarmente i pezzi che affrontano il rapporto uomo-donna, ma alcune dinamiche sono sacrosante verità che trascendono il limite del buon senso e si proiettano gioiose nella fantascienza!
Insomma, ho riso!

E la terza serata? La terza sarà martedì 18 novembre.
Vorrete mica perdervela?
Vorrete mica perdervi l'occasione di ascoltare undici comici raccontarvi piccoli brandelli di realtà?
Vorrete mica perdervi l'occasione di godere di uno spettacolo gratis in un posto bello come il cab 41?
Vorrete mica perdervi l'occasione di assistere al mio trafelato arrivo? Sarò facile da riconoscere: capello bizzarro, occhiale appannato, cappottino da Epifanio.
No dico, vi vorrete mica perdere tutto ciò?

E allora martedì 18 novembre, ore 21:30, fatevi trovare al Cab 41, in via Fratelli Carle 41.
Ad aspettarvi ci saranno: Massimo Pica, Sergio Silvestri, Claudio Sterpone, Gianpiero Perone, Manuel Negro, Sergio Cardinale, Elisabetta Gullì, Mike Rollins, Mauro Ventola, Marco Guarena, e Federica Ferrero.
Ne vedrete e sentirete delle belle!
Più o meno un anno fa chiesi: "ma qua a Torino qual è il locale storico del cabaret?"
Più o meno un anno fa mi fu risposto "Cab 41" con l'accondiscendenza che si deve a una povera disadattata.

L'altro ieri sono finalmente entrata nel tempio del cabaret sottolamole. E, per fare ciò, consapevole dei miei limiti, mi sono aggrappata a Google Map come una cozza allo scoglio. Ricerca impostata: via f.lli Carle 77. 
Tra la lettura del messaggio che mi era stato inviato con l'indirizzo esatto (via f.lli Carle 41) e i miei polpastrelli che digitavano deve essersi inceppato qualcosa. I miei due neuroni si devono essere distratti. Le mie sinapsi devono essere state subaffittate dalla vicina novantenne. Chi può dirlo? Fatto sta che un 41 è diventato un 77, ed io mi sono trovata di sera, da sola, a fissare un angolo di strada deserto. Deserto. Sì perché, tra l'altro, in via fratelli Carle la numerazione arriva solo fino al 67. Il 77 neanche c'è!
Di fronte alla mancanza del numero civico non mi ha sfiorato per un attimo l'idea di aver clamorosamente sbagliato indirizzo. E quindi di ricontrollarlo. Figurarsi! Perché mai tanta ovvietà? La spiegazione doveva essere un'altra. Il locale doveva essere nascosto da qualche parte: in un interno che mi era sfuggito, rinsecchito tra due palazzi come la casa di Sirius Black in Harry Potter, oppure risucchiato per sempre in un'altra realtà spazio temporale. 

Annebbiata da tanta meravigliosa e ottusa chiusura mentale, non mi è restato altro che chiedere disperatamente aiuto. Un aiuto umano e collaborante, però,  e non l'ennesima app di stamin@##! 
Buttato Google Map alle ortiche, mi sono fiondata nel primo locale aperto e ho frignato davanti al proprietario:
"Ma lei lo sa dov'è il Cab 41? Perché non riesco a trovarlo? Sarebbe così gentile da indicarmelo? E' il numero 77, ma il 77 non c'è, dov'è il 77?", il tutto in una profusione di occhioni supplichevoli, ciglia sbatacchianti, e bocca a cucchiaino. Perché la mancanza di senso dell'orientamento e conoscenza urbanistica della mia stessa città mi trasforma facilmente in un essere piccolo, bisognoso d'aiuto, e incapace di mantenere una qualsivoglia dignità.
"Non lo trova perché il Cab 41 non sta al 77. Ma al 41. Cab 41. Lo dice il nome stesso" il tutto in una profusione di umana pietà per una deficiente.
Un'altra tacca nel mio personalissimo cinturone delle figure da rincoglionita.
Soddisfazioni a mazzi, proprio.

Tornata dunque sui miei passi, ho potuto finalmente varcare la soglia del mitico Cab 41.

Ma io, l'altro ieri, che ci sono andata a fare al numero civico 41 di via fratelli Carle?
L'occasione è stata la prima serata del Lab Stand Up.
Lo spazio dedicato agli stand up comedian. I monologhisti. Insomma, quelli che si mettono di fronte a un microfono e parlano, parlano, parlano.
Obiettivo? Raccontare la propria visione della vita, del mondo, dell'Europa, dell'Italia, del pianerottolo, del matrimonio, o dell'interno delle mutande. Tutto ciò facendo ridere. Meglio se facendo MOLTO ridere.

Ieri sono saliti sul palco otto monologhisti, ognuno con una quindicina di minuti a propria disposizione. Ognuno ha provato e sperimentato come in ogni laboratorio che si rispetti.
C'erano i veterani e i giovanissimi. Gli aggressivi e i moderati. Gli esperti e gli insicuri. Quelli che avevano fatto tv e quelli che ancora se la facevano addosso. Quelli con una faccia conosciuta e quelli no.
Il bello di questa idea è proprio questo: c'è un po' di tutto.
Lo spettatore arriva, si siede, ordina qualcosa da bere, e per un paio d'ore ascolta i comici che si susseguono sul palco. Più o meno bravi. Più o meno divertenti. Più o meno politicamente scorretti, perché in un locale ci si può permettere ciò che in tv, ad esempio, non si potrebbe. Nessuna censura. Evvivaiddio!
Tanto che per entrare bisogna avere almeno 18 anni. A tal proposito, inspiegabile che nessuno mi abbia chiesto i documenti. Deve essere stata una svista.

La battuta migliore della serata? "Renzi è lo sbiancamento anale di Berlusconi".
La personale conclusione della serata? Tra un comico che porta l'ennesimo, seppur divertente, monologo incentrato sui rapporti tra uomo e donna, e un altro che prova a sperimentare con qualcosa di diverso, ma magari un po' meno divertente, preferisco assolutamente il secondo. Perché quel testo avrà la possibilità di essere migliorato, anche molto, mentre una minestra riscaldata sarà sempre e soltanto una minestra riscaldata.
Giocare sul sicuro con la comicità fa portare a casa la serata. Ma non porterà mai l'autore da nessun'altra parte.
In un laboratorio bisogna dimenticare le sicurezze e provare a lanciarsi un poco più in là. C'è il rischio di prendere una clamorosa craniata, ma è l'unico modo per crescere.

Per concludere: siete maggiorenni e curiosi? Sappiate che le prossime serate di Lab Stand Up sono previste per il 4 e il 18 novembre, il 2 e il 16 dicembre. Ore 21:30.
Ingresso gratuito.
Il tutto al Cab 41 in via fratelli Carle 41. Quarantuno. Q-u-a-r-a-n-t-u-n-o. Mi raccomando!
A seguire la cronaca di un sabato appena trascorso.

Ore 19.00
Punto verso il centro con l'auto. Ho lo stomaco vuoto e sono di corsa.

Ore 19:20
Mi telefona IlSocio. Stasera, oltre che con Radio Cole, siamo in ballo con Humans-Torino.
"Tra dieci minuti arrivo" mi dice.
"Perfetto"
"Sono zoppo"
"Cosa?"
"Agility"
"Ah"

IlSocio ha da poco ripreso a fare agility col proprio cane.
La bestiola va come una scheggia.
L'umano arranca.
Pare che il quadrupede stia meditando di abbandonare il bipede ad un autogrill. Difficile dargli torto.

Ore 19:30
Comincia la ricerca del parcheggio.

Ore 19:35
Si conclude la ricerca del parcheggio.
Lascio la macchina lontano dal locale, ma non tanto lontano come altre volte, ad una distanza quasi dignitosa.
Mi commuovo.

Ore 19:45
Arrivo al Cafè des Arts, in via Principe Amedeo 33/f.
IlSocio è già davanti all'ingresso. La sua auto pure. Lo odio!
Accarezzo l'idea di acciaccargli pure l'altra gamba. Ma mi serve vivo e anche deambulante. Quindi desisto.

Ore 20:00
Incontriamo, abbracciamo, sbaciucchiamo, e intervistiamo Cecilia D'Amico, l'attrice romana vincitrice della scorsa edizione di Facce da Palco, tornata sotto la Mole per aprire in bellezza la stagione di Palco Oscenico.

Io domando, IlSocio fotografa, la comica si dimostra disponibile e con la chiacchiera caricata a pallettoni. Perfetto. Il risultato finale mi piace assai.
Le foto e le parole dell'incontro potete trovarle qui.
(Avete messo il like a Humans Torino? Non avete ancora messo il like a Humans Torino? Cosa aspettate a mettere il like a Humans Torino?!?! Mettete il like a Humans Torino!)

Ore 20:30
Mi avvento sul buffet dell'aperitivo con la voracità di un lupo della steppa siberiana.
Bevo vino rosso, mastico pizzette, ingoio bruschette, spalmo salsine e sgranocchio grissini.
Il barista mi osserva basito e leggermente spaventato.
Io lo ignoro. Ho fame.

Ore 21:20
Occupo, orgogliosa sbruffona e satolla, il posto che mi è stato tenuto da parte dall'organizzazione.


Ore 21:30
Musica introduttiva.
Cecilia sale sul palco.
Comincia lo spettacolo.


Cecilia D'Amico veste i panni di quattro diversi personaggi.
Tre donne e un ragazzo, tutti alle prese con le difficoltà di relazione, amorose o umane che siano. Il tutto fatto con un'ironia travolgente e una notevole presenza scenica.

Impossibile non riconoscersi in una o più delle maschere rappresentate.
Io, personalmente, adoro Mara. Esasperata, disperata, indomabile, travolgente, sarcastica, insicura, pazza, spazientita, speranzosa. UnaDiNoi! Noi a cui gli uomini piacciono ancora. Nonostante le delusioni e l'innegabile convinzione che meriterebbe di essere sterminati. Ma poi, sai che noia!

Un'ora di risate, trasformazioni e video.
Un'ora in cui è riassunto il lavoro di anni.
Un'ora in cui Cecilia ci presenta la sua prima creatura. E, per questo,  la più preziosa.

Questo sabato si è aperta ufficialmente la rassegna di Palco Oscenico.
Era ora!
E adesso?
Adesso la si segue fedelmente e appassionatamente.

Il prossimo appuntamento?
Sabato, 4 ottobre, al Cafè des Arts sarà la volta dei DettoFatto.
Numerosi e rumorosi, i migliori improvvisatori torinesi dotati di Gorilla ci faranno sicuramente ridere.
E noi, probabilmente, faremo ridere loro. In che senso? Venite e lo scoprirete!
Secondo Wikipedia Torino occupa una superficie di 130,84km² e conta un numero di abitanti pari a 902.137 unità.
Ma Wikipedia mente.

Torino è un trilocale con bagno, sgabuzzino, ampio terrazzo, spazio auto in cortile, e cantina. 110m². Calpestabili. Non uno di più.
E noi torinesi saremo, a voler tenersi larghi, un migliaio. Mille persone che entrano ed escono da questo alloggio, come lo chiamiamo noi, incontrandosi e scontrandosi in continuazione. C'è chi passa dalla finestra, chi se ne va sbattendo la porta, e chi dirige il via vai come il più esperto dei padroni di casa. Tutti noi, tutti assieme, negli stessi luoghi, in tempi diversi o uguali.

Prendi un caffè in cucina e ti passa lo zucchero una tua compagna delle superiori.
Vai al cinema in soggiorno e ti trovi seduta accanto a tuo cugino.
Esci in terrazza per vedere uno spettacolo di cabaret e scopri che quel terrazzo è lo stesso dove tu, meno di un anno prima, hai fatto un corso di acquerello. Lo stesso luogo dove l'insegnante, individuate immediatamente le tue doti, prese ad usarti come metro di giudizio. Negativo. "Più acqua, devi usare più acqua. Sei quasi peggio di Pancrazia!" "Che orrore! Una roba così non la farebbe nemmeno Jane!" "Sei irrecuperabile, vatti a sedere vicino alla Cole e fatevi compagnia"

Ieri sera sono tornata a Lombroso16, il coloratissimo centro policulturale che lo scorso autunno vide il nascere e l'estinguersi della mia carriera da acquerellista. Carriera durata il tempo di un gatto in tangenziale. Impagliato.

Sono tornata nella stessa sala per assistere a uno spettacolo di stand up.
Quello di Elena Ascione, una stand up comedian, di cui avevo già scritto bene in passato. Ricordate?
Elena ci ha fatto ridere raccontando le sue nevrosi e manie, l'ossessione per il controllo e l'ordine della casa. Praticamente una di famiglia!
La magia si è ripetuta anche questa volta. Elena ha fatto ridere me, e tutto il resto del pubblico.
Ha raccontato il mondo delle donne: dalle favole all'Eden, dal multitasking isterico alla pacifica consapevolezza delle ottuagenarie, dalla dieta drenante alla prova abiti in camerino.
Ha espresso semplici concetti condivisibili: "un uomo scontroso probabilmente non ha subito gravi traumi infantili, è solo stronzo!"
Ha chiarito trame e complotti secolari: "con le favole ci è stato insegnato che dobbiamo essere salvate da un principe. Ma anche che noi, a nostra volta, dobbiamo salvare lui, Rospo o Bestia che sia, in un cortocircuito culturale che ci trasforma in svenevoli crocerossine destinate all'infelicità."
E' riuscita, come mai nessun altro prima, a rappresentare la commessa tipo di un negozio di abbigliamento tipo. Commessa che, non me ne vogliano le appartenenti alla medesima categoria, viene selezionata in base alla propria stronzaggine. Caratteristica che questa esprime, in tutte le sue potenzialità, piazzandosi dietro la tenda del camerino e chiedendo: "Va tutto beneeee???" Già sapendo che non va affatto tutto bene. Poiché la cliente tipo di un negozio di abbigliamento tipo, magra o morbida che sia, guardando la propria immagine riflessa, si sentirà sempre e comunque un epico, fantasmagorico, sfavillante cesso a pedali!

Elena parla di sé e degli altri. Ride di sé e degli altri.
Travolgente, sicura, padrona del palco e dell'attenzione del pubblico.
E' valsa la pena tornare nel luogo dell'acquerellico delitto, eccome se ne è valsa la pena!

NdA: i virgolettati sono miei, non estrapolazioni letterali del monologo di ieri. L'Ascione le cose le dice meglio.
NdA2: non era la mia insegnante di disegno ad essere cattiva, ero io ad essere una pippa.
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