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La finale è stata vinta dai Due x Uno Cinque. Trionfalmente.
Bravi, elastici, divertenti, ci hanno raccontato la Divina Commedia e i Promessi Sposi lasciandoci senza parole.
Davide Fontana e Manuele Laghi, gli altri due finalisti, hanno forse patito di più l'ansia da verdetto e sono apparsi entrambi appannati rispetto alle serate eliminatorie. Ma il livello generale delle esibizioni è stato comunque molto alto. E un posto (o più di uno) nel prossimo calendario di OffStage se lo sono guadagnati tutti e tre.

Una menzione speciale va poi agli ospiti: i Bella Domanda.
Vecchia conoscenza della rassegna, diventano ogni giorno più bravi e più belli. Prima o poi la fama li travolgerà, col conseguente afflusso esagerato di denaro. Ed essi, generosi quasi quanto sexi, ci ospiteranno tutti in un mega ranch tra le risaie vercellesi.

In attesa di realizzare il mio sogno da Mangano-mondina, approfitto di questo micropost per salutare e ringraziare, meglio tardi che mai, il triumvirato che dirige, governa, e nutre questo meraviglioso talent: Nathalie, Elena e Francesca.
La prima mi ha accolta in squadra ancora prima di conoscermi.
La seconda è il mio migliore sponsor.
La terza mi ha insegnato il rossetto rosso e il mascara notte.
Grazie e a presto.

(*)Foto di Daniele Robotti.
Stasera c'è la quarta serata eliminatoria di Facce da Palco e io devo ancora scrivere della terza. Oh cielo, non c'è tempo da perdere, inforcate gli occhiali, bagnate gli indici e sfogliate virtualmente questa mia arguta cronaca.

Innanzitutto, c'è da fare un passo indietro a pochi giorni prima dell'evento. Quando mi telefona Elena Mulè, eminenza grigia metalizzata della kermesse teatrale, e mi dice:
“Buongiorno Lady Pancrazia, divina tra le divine, la disturbo?”
“Beh, insomma, sono le undici di mattina, ho appena fatto colazione a ostriche e champagne; Gianluì, il visagista delle dive, mi sta facendo la pedicure; e dopo devo portare a spasso Poldino, il mio carlino che ha un pedigree che Betty d'Inghilterra se lo sogna. Ma, a parte questo, sono libera. Dimmi, plebea, perché mi cerchi?”
“Ehm divina volevo solo dirle che noi, cioè, non solo io ma tutta l'organizzazione, noi, dicevo, pensavamo che sarebbe stato carino se voi, i giurati, non foste sempre gli stessi ma faceste un poco a rotazione”
“...”
“Nello specifico, ehm, ella, ehm, sublime, la prossima volta dovrebbe lasciare il posto a un altro giurato e stare tra il pubblico”
“...”
“Mantenendo comunque l'ambito ruolo di blogger”
“...”
“L'unica e sola blogger ufficiale dell'evento, ovviamente”
“Ovviamente.”
 Io, com'è nel mio stile, la prendo da gran Signora, non urlo, non strepito, ma alzo solo il sopracciglio sinistro. Leggermente.
Prima do mandato alla mia stuola di avvocati di agire, chiedere danni, un adeguato rimborso, e la testa di questi screanzati. La lesa maestà è un reato grave. Poi suggerisco a Poldino, che ha la vescica canina un poco debole, di spiscettare abbondantemente sulle ruote delle auto e sulle scarpe scamosciate dell'organizzazione tutta. Infine, abbasso il sopracciglio, e mi reco comunque alla serata. Perché sono una blogger professionista, IO! Una che mantiene fede ai propri impegni, IO! Una che non c'ha mai una mazz… da fare, IO! Vabbè, dicevo, nella mia immensa bontà e professionalità decido di recarmi comunque ad assistere alla serata. Ed ecco qui la cronaca.

Anche questa volta si sfidano tre artisti, anche questa volta l'emozione è tangibile: fogli che si perdono, trucco che si scioglie, computer che s'imbizzarriscono.

I primi ad esibirsi sono Roberto Tavella e Nancy Citro, vecchie conoscenze di Facce da Palco che, due anni fa, si erano guadagnati la semifinale con i Sumadai, la compagnia d'improvvisazione di cui fanno ancora parte. Questa volta, però, decidono di lasciare a casa i colleghi e provano a mettersi in gioco con un nuovo format dall'evocativo nome “Terapia di coppia”. E, infatti, è questo quello a cui si assiste: una terapia di coppia tutta improvvisata. Dove, per dare vita ai propri personaggi, si chiedono suggerimenti al pubblico e, per avanzare nella storia, si fanno intervenire i giudici che rivestono, per loro stessa sorpresa, il ruolo che fu di Freud.
Il tutto è gradevole, divertente e immediato. I conflitti uomo-donna vengono descritti in maniera buffa e leggera. Ma i due improvvisatori, forse per paura di non raccontare abbastanza o di non fare abbastanza nei 20 minuti a disposizione, tendono a “correre” troppo, non sfruttando a pieno le scene più promettenti ed esilaranti.
Il risultato è comunque buono, il pubblico apprezza e la giuria, gasata dal ruolo da psicanalista che gli è stato affidato, finisce per prenderci fin troppo gusto. Ed è per questo che stabilisce la durata della seduta, compila ricette mediche, ed emette regolare fattura.

Dopo l'improvvisazione è la volta di un monologo drammatico, portato in scena da Sabrina Divina Conquistadina.
Il testo nasce dall'unione di pensieri, poesie, e pezzi scritti da lei nel tempo. E, proprio per questo, richiederebbe un ulteriore lavoro di lima e legatura.
La recitazione è molto acerba. Troppo artefatta. Che sia un meccanismo di difesa attuato da chi si sta mettendo tanto in gioco o una semplice mancanza di mestiere non è dato sapere.
Ma a Sabrina bisogna, comunque, concedere l'onore delle armi per aver avuto il coraggio di raccontare se stessa, “Più donna che uomo, ma non una donna, non un uomo”. Per aver provato a spiegare il difficile percorso della transizione, l'aggressione del giudizio della società, e la complessità del conflitto interiore.
La forma è da rivedere, ma l'emozione è tangibile e onesta.

Alla fine tocca a Manuele Laghi, anch'egli vecchia conoscenza della competizione. Questa volta non si presenta all'interno dell'esilarante trio comico Tracataiz Tracataiz ma tutto solo. O quasi. Sul palco ci sono lui e un computer.
Il suo monologo è molto divertente, capace di analizzare la società attuale con le sue mille follie. Ma la follia più grande la fa lui, che rinuncia ad un tecnico audio per fare tutto da solo col suddetto computer. L'idea di base è comprensibile e condivisibile, quasi una protesta, “I locali, non investono, i tecnici costano e, se questo lavoro lo vuoi fare per vivere, devi essere indipendente e in grado di poter gestire ogni aspetto dello show in completa autonomia”. L'idea, come dicevo, ha tutta la mia solidarietà ma il pc se ne sbatte della libertà di Manuel e del mio appoggio morale e, con una tempistica che solo le infernali macchine sanno avere, si pianta, si blocca, fa le bizze. Lo stronzone. Costringendo l'artista ad improvvisare e menare il can per l'aia per 5 minuti buoni. Poi, finalmente, anche la tecnologia si mette una mano sulla coscienza, il monologo può partire come si deve, e il comico milanese ci fa ridere tutti come lui ha sempre dimostrato di saper fare. Applausi!

La sfida si è conclusa, è tempo di annunciare il vincitore: passa Manuel Laghi. L'uomo ha sconfitto la macchina.

Stasera al Blah Blah ci sarà la quarta imperdibile eliminatoria di Facce da Palco, io sarò nuovamente in giuria ma, per scrupolo, Poldo me lo porto comunque. A dopo!
Ormai siamo alle porte della terza serata eliminatoria di Facce da Palco ed io devo ancora scrivere la cronaca della seconda. Quindi? Quindi, rimedio subito.

Siamo al Cafè des Arts e si ride, si ride parecchio. Merito dei tre presentatori eccezionalmente ispirati.
La Diva Zamboni Bresci, in particolar modo, acida come non è stata mai, non risparmia battute al vetriolo contro tutti, artisti compresi. La cattiveria le dona. Divina!
Natalia, gnoccherrima as ever, cerca di impalmare incastrare un belloccio pescato a caso dal pubblico. Egli si finge turbato ma sta volentieri al gioco. La di lui fidanzata si finge tranquilla ma in realtà ribolle di rabbia omicida.
La terza testa di questo Cerbero presentante, tale Rato Glitte (che se ne colga l'arguto gioco di parole), cantante confidenziale di Bulgazia, canta. Canta assai. Coinvolgendo il pubblico fino alle lacrime, i crampi e, in taluni casi, l'esaurimento nervoso.

Io, in prima fila (avete notato come sottolinei sempre la mia posizione privilegiata? Sono Poveraccia dentro), mi godo lo spettacolo e i tre concorrenti che si sfidano.
La prima esibizione è di un gruppo musicale: La figlia del dottore. Tre allegri 30-35-40-45?enni che, come lascive civette sul comò, se la cantano e se la suonano con tanto di famiglie-groupie al seguito. Io sculetto sul posto, trascinata dalla musica, leggera, piacevole e molto frulla-ricci. La loro formazione è quella più classica dei gruppi musicali: batterista schivo, bassista sorridente, frontman egocentrico e logorroico. Per arginare l'incontinenza verbale di quest'ultimo vengono chiamati prima gli artificieri e poi le teste di cuoio ma, ovviamente, nessuno riesce nell'impresa. L'abbattimento si rende necessario.
Liberato il palco dai poveri resti, viene il turno di Sergio Sasso, che porta un nuovo format d'improvvisazione: "Data". Il pubblico gli dà degli spunti, Wikipedia anche, e poi lui interpreta tre personaggi e racconta la storia che li riguarda. Improvvisazione e story telling, tutto da solo su un palco. Non è facile, al limite tra il coraggio e l'incoscienza. L'artista pare molto emozionato e la rappresentazione ha un ritmo discontinuo. L'idea è buona ma migliorabile. Intanto, chapeau per essersi buttato senza paracadute.
Infine tocca alla clownerie, all'arte di strada di Davide Fontana. E qui veniamo tutti conquistati: pubblico, giuria e artisti precedentemente esibitisi. Tutti. Ironia, musica, tempi perfetti e tanto lavoro. Lo spettacolo è un mix di pezzi diversi. Un mix ottimamente costruito. Non solo riesce bene ma dà l'impressione di avere ancora ampi margini di miglioramento. Ottimo!

Si vota e il risultato è previsto, prevedibile e giusto. Passa Fontana tra la soddisfazione generale.

Per il resto nulla da segnalare tranne due giurati, una riccia e uno no, che si litigano il microfono. Vince “quello no”, screanzato, ma la riccia medita vendetta. Tremenda vendetta!


Prossima serata eliminatoria: domani alle 21 al Cafè des Arts, in via Principe Amedeo 33/F, Torino.

Squillino le trombe, rullino i tamburi, sviolinino i violini: Facce da Palco è tornato e con esso Jane Pancrazia Cole in versione giudicessa suprema.
Ella, che ormai montatasi la testa parla di sé in terza persona, indossa un paio di calze contenitive, si arrampica su tacchi vertiginosi di sexi scarpe ortopediche e, pittatasi le labbra di rosso vermiglio, attraversa di gran carriera le vie del centro. Orgogliosa ed altera, con la sua inconfondibile  falcata gigia, raggiunge il Blah Blah in tempo record: da Porta Nuova a via Po in soli 20 minuti, calli e fiatone asmatico compresi!
Ad attenderla trova il pubblico delle grandi occasioni. Gente ovunque: sulle sedie, i tavolini, appesa alle tende, nascosta nel mixer audio, a mollo nella insalatiera dell'aperitivo. Ma, in fondo, a lei che frega? In quanto imperatrice delle giudicesse, vanta un posto d'onore in prima fila e, ovviamente, se ne bulla con chiunque abbia la sventura di darle retta. Perché l'umiltà non le appartiene, quasi quanto la capacità di esibire una pettinatura decente.


Il grande talent teatrale sta per riaprire i battenti e Pancrazia, professionale da par sua, ha una sola preoccupazione: avere almeno una foto decente! 
"Buonasera a te, fotografo ufficiale dell'evento" cinguetta.
"Buonasera" 
"Volevo solo dirti che, nel caso tu volessi immortalare la giuria e rendere gnocchissima la blogger meno fotogenica dell'universo, la suddetta blogger sarebbe talmente riconoscente da dare il tuo nome al suo primogenito"
"Ok" sorride compiaciuto il fotografo ufficiale dell'evento. 
Sorride di quel sorriso sicuro, di quel sorriso che già decine e decine di fotografi hanno esibito prima di lui. Quel sorriso che sembra dire "non esistono persone poco fotogeniche, esistono solo fotografi poco capaci". Quel sorriso che, però, si raggela in una smorfia di sorpresa e orrore al primo clic, di fronte alla spietata evidenza dei fatti: gli adorabili connotati di Jane Pancrazia Cole, ad ogni scatto, si mischiano in maniera improponibile. 
Picasso ne sarebbe stato estasiato. Solo lui, però.
Jane piange, il fotografo cerca qualcosa di forte da bere.
Il primogenito verrà chiamato "Ehi tu!"


Ma finalmente la gara ha inizio.
Tre concorrenti tre si sfidano.
Il gruppo Due X Uno Cinque racconta l'inferno dantesco con corpo, parola e dialetti. Risate ed entusiasmo, sul palco e in platea. La giudicessa riacquista il buonumore e si bea dell'appagamento artistico.
Inizio col botto e gli altri a rincorrere.
Yuri Ferrero mette in scena la difficile vita del call center. Porta una riduzione dello spettacolo intero. Evidentemente la riduzione sbagliata. Lunga e lenta.
Infine, i Brocchi da Carretta, una compagnia amatoriale, si esibiscono in una pièce di Oscar Wilde. 
E qua mi sia concessa una breve digressione. Perché le compagnie amatoriali si ostinano a fare i classici? A parte rarissimi casi, un testo classico, una recitazione dilettantistica, e costumi che puzzano di naftalina, portano inevitabilmente all'effetto recita della parrocchia. 
Perché non osano? Eppure non avrebbero niente da perdere! 
Comunque, nello specifico, i BdC svolgono discretamente il compito, fanno il proprio, ma il professionismo è un'altra cosa e, in quanto tale, merita di essere riconosciuto e premiato.


Il verdetto è tanto prevedibile quanto giusto: passano i Due X Uno Cinque, ampiamente meritevoli.
Applausi, sipario.

Alla prossima: il 20 febbraio al Cafè des Arts!
L'anno scorso entrai per la prima volta a far parte della giuria di Facce da Palco.
Mi bastò afferrare la biro smangiucchiata da giudice, per trasformarmi immediatamente da pucciosa blogger felice a molesta giudicante mai contenta.

I primi che ebbero a che fare con questa mia nuova perfida versione furono, ahiloro,  i  Proprietà Commutativa di cui scrissi così:

"...lo spettacolo s'intitola 3Q-Liberi esperimenti politici. In scena ci sono cuochi e snob. E poi c'è lui. Il cowboy. La voce narrante. Il fil rouge con la sua aria da vecchio west e il suo Johnny Cash. Lui. Completamente avulso dal contesto. Ma non avulso in un modo surreale e immaginifico. Più in un modo 'eh???'
(...)ad esibizione finita chiedo più o meno così: 'Perché c'era un cowboy in scena?'
E mi viene risposto più o meno così: 'Perché mi sono innamorato di questo personaggio e ho deciso di metterlo dentro questo spettacolo'
Ecco. No!
Mai mai mai innamorarsi di un personaggio e metterlo a forza in una storia che non è la sua. Non funziona a teatro come non funziona in letteratura. I personaggi vanno rispettati. I capricci degli artisti: no. Neanche quando gli artisti siamo noi. Bisogna essere spietati con i propri vezzi. Altrimenti potrebbe esserlo qualcun altro. Tipo una blogger qualunque"

Poi così:

"...per la semifinale portano un testo leggermente modificato e, secondo me, migliorato. Ma riportano pure il cowboy.
I due attori, comunque, hanno letto la mia critica e l'hanno presa sul serio. Ora, mi assicurano, nella versione completa dello spettacolo il personaggio del vaccaro ha una sua ragione d'essere. Per la cronaca: loro due sono degli attori davvero capaci, ne sono sempre più convinta, e anche la loro scrittura è di ottimo livello. Insomma, lo posso confessare: la prima volta che li vidi ebbi il sospetto di una supercazzola teatrale. Ora no, la storia ha un suo senso, una sua struttura, ben fatta e convincente. Nonostante il Johnny Cash de noartri"

E infine così:

"...spingono sull'acceleratore, osano. Sfiorano l'eccesso con l'eleganza che li contraddistingue. Sono bravi. Dannatamente bravi. E intelligenti. Cavoli, ormai mi sono quasi affezionata persino al loro inspiegabile cowboy!" 


Il 17 gennaio scorso i Proprietà Commutativa sono tornati in scena per Off Stage. E io, come i peperoni, mi sono riproposta loro in prima fila. Una tassa, Una iattura. Una. 
Con le caviglie educatamente incrociate sotto la sedia e le labbra strette da signorina Rottermeier, mi sono apprestata a giudicare per la quarta volta questo lavoro. E loro?
Loro mi hanno regalato il piacere di uno spettacolo intelligente e fruibile, ben scritto, ottimamente recitato, e parecchio divertente.
Loro mi hanno fatto dono di un progetto cresciuto e migliorato, frutto di uno studio serio e di un approccio critico intelligente,
Loro mi hanno omaggiato della pia illusione di aver contribuito anch'io, col mio punzecchiarli, a questa notevole crescita.

Bravi! Bravi! Bravi!
3Q Liberi Esperimenti Politici è uno spettacolo da vedere.
I Proprietà Commutativa sono due artisti a cui auguro un meritato luminoso futuro.
Valentina e Alessandro sono l'ennesimo esempio che Facce da Palco porta fortuna (questa è in codice, chi non la capisce non si crucci).


Stasera torna in scena al Café des Arts Alessandra Donati, colei che vinse Facce da Palco pari merito proprio con i Proprietà Commutativa. Accorrete numerosi, sono sicura che anche questa volta ne varrà la pena.

NdA: le foto non sono mie ma vigliaccamente sottratte dalla pagina Facebook di Facce da Palco,
Da Aprile a Luglio ho condotto laboratori di scrittura dal vivo e via Skype. Ho incontrato gente che non conoscevo e rivisto visi amici. Ho goduto del talento degli altri, della loro voglia d'imparare e del piacere di mettersi in gioco. Mi sono tuffata in un mondo che mi ha dato tantissimo e a cui ho ancora tanto da dare.

Da Aprile a Luglio ci sono stati fantasiosi aperitivi prescrittura, e frugali cene precollegamento. Ci sono stati personaggi e intrecci, aggettivi e verbi, incipit e finali, dialoghi e descrizioni. E ci sono stati, soprattutto, monologhisti in odor di paternità, produttrici sane di racconti, ragazze alle prese con semafori e dinosauri, amanti della letteratura ottocentesca, talenti semplici e inaspettati, penne create per raccontare l'infanzia,  narratrici di mondi fantastici, inventori di biografie articolate, menti insoddisfatte sempre in grado di mettersi in discussione, elaboratrici di trame semplici e complesse, giovani ironici al servizio dell'arte del racconto.

Da Aprile a Luglio c'è stato tutto questo e anche di più.
Grazie a tutti dall'onorata testimone di tanta vivacità e bellezza.
Ci si vede a settembre, dal vivo e via Skype.





Da più di un anno, come molti di voi già sapranno, mi occupo della pagina facebook Humans -Torino.
Io e il mio socio, il fotografo Sergio Sasso, giriamo per la città alla ricerca di volti e storie. Delle volte c'imbattiamo nella preziosa normalità, altre nella ricca straordinarietà.

Circa due settimane fa abbiamo visto da lontano un gazebo, una vecchia auto e due ragazzi. Ci siamo avvicinati, ci siamo fatti raccontare il loro progetto, e ce ne siamo innamorati.

Andrea e Luca sono due cugini con gli stessi occhi e gli stessi sorrisi.
Due cugini che, dopo aver acquistato una vecchia 500, si sono chiesti "Fin dove può arrivare?"
Da quella domanda è nata una sfida: raggiungere Tokyo in nove mesi.
Attraversare Europa ed Asia per raccogliere fondi in favore della FORMA Onlus, la Fondazione dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino. E, durante questo viaggio, visitare diversi centri pediatrici e far disegnare ai bambini ricoverati i loro sogni.

Un'avventura per nutrire i sogni degli altri con il proprio, e viceversa.
Una follia per rendersi utili e mettersi in gioco, senza perdere il sapore della sfida e delle epiche imprese.
Due cavalieri con un particolare destriero attraverseranno mari, monti ed estese pianure. Ammansiranno draghi. Stregheranno maghi e fattucchiere. Incontreranno gnomi, principi, principesse, fatine e scudieri. Sarà una favola on the road a cui potremo partecipare tutti, "Spingendo" la macchina grazie a donazioni e consigli, proposte e sorrisi.

La partenza è prevista per il 3 luglio dalla Basilica di Superga.
Le offerte che giungeranno serviranno a finanziare diversi progetti, tra cui la ristrutturazione di alcuni reparti e la Pet Teraphy.

Continuerò a seguire questo sogno per me, per il mio blog e per voi. C'è ancora tanto da fare. E' una scommessa. E' una follia. Ma è un grande cuore che già corre.
Per saperne di più e innamorarvi anche voi: cliccate qui e qui.
Be Revolution from we.mind on Vimeo.
Scrivere di chi sa scrivere mi mette sempre un poco d'ansia.
E' forte la tentazione di glissare causa inadeguatezza, ma su questo blog ho sempre condiviso il bello che ho incontrato, e non intendo smettere.

Domenica scorsa ho assistito alla prima estiva de "Il Grande Fresco".
Uno spettacolo, un gruppo, un trio, fatto di poesia e musica. Un contenitore di parole e note. Un concerto reading. Un piccolo capolavoro di Guido Catalano, Federico Sirianni e Matteo Negrin. Un poeta, un cantautore e un musicista.

Bravi.
Tutti e tre. In maniera diversa ma complementare.
Era da tanto che non godevo di uno spettacolo così bello. Uno spettacolo dove c'è tutto: talento, lavoro, originalità, ironia.

Una di quelle sere in cui torno a casa felice, con la voglia di parlarne sul blog, ma anche la consapevolezza di non esserne all'altezza. Forse.

E allora meno parole ma più utili informazioni.
Questi sono i link: curiosate tra le pagine, scorrete le date, scegliete se andare a vederli come singoli o come gruppo, a Torino e non. Ne varrà, comunque, sempre, la pena.
Guido Catalano, Federico Sirianni, Matteo Negrin, Il Grande Fresco.



Venerdì sera.
Rossetto rosso d'ordinanza e scaramantico selfie pre-serata.
L'autoscatto beneaugurante funziona: trovo parcheggio in un microsecondo.

Arrivo alla casa del quartiere dove artisti e tecnici provano. Incontro gli altri giudici, ci chiacchiero e, intanto, bevo vino rosso e mangio fusilli al dente: è l'aperitivo bellezza!

Inizia la serata finale.
I Boys e Natalia omaggiano oltraggiano la Carrà.
Donna Antea si dà coraggio a forza di cordiali.

Sul palco salgono Alessandra Donati e i Proprietà Commutativa.
Lei è più centrata della prima volta. Più sicura e con meno sbavature. Il pezzo, leggermente modificato, ne esce molto migliorato. Emoziona. Brava!
Loro spingono sull'acceleratore, osano. Sfiorano l'eccesso con l'eleganza che li contraddistingue. Sono bravi. Dannatamente bravi. E intelligenti. Cavoli, ormai mi sono quasi affezionata persino al loro inspiegabile cowboy!

Al momento della votazione sono in seria difficoltà. Per un attimo penso di dare un parimerito e affidare vigliaccamente la questione agli altri. Ma alla fine scelgo.
Dopo 30 secondi però cambio idea. Poi di nuovo dopo altri trenta. Così fino alla proclamazione. Uno o l'altro, boh! Diversi e validi, come si fa a decidere?

E, infatti, per una volta i numeri si accocchiano in karmica armonia. I voti di giuria e pubblico s'incastrano perfettamente. E il risultato è un sorprendente pareggio!
Vincono la terza edizione di facce da Palco: Alessandra Donati e i Proprietà Commutativa!

La competizione è finita. Le mie responsabilità da giurata anche. E' il momento di far festa, di bere mojito, di abbracciare vecchi e nuovi amici, di salutare i Bella Domanda che sono venuti ad esibirsi, fare ridere ed arricchire la serata.
E' il momento di chiudere quest'esperienza, ma è solo un arrivederci. Si torna l'anno prossimo con Facce da Palco, e già in autunno con altre imperdibili avventure!

ps: grazie a tutti, tutti, tutti. Ma soprattutto a Nat,  folle ed affascinante, Elena, compagna di telefonate tra freelance, e Francesca, la MIA make up artist!
Le scale sono sporche e buie. S'intuisce una luce più in basso. La si segue.
Si arriva in una larga stanza sotterranea. Vecchie mattonelle in bilico sulla parete, un grande lavandino, una sedia.
Ci si accomoda. Le luci svelano impietose segni e rughe.
Parte la registrazione. Monologhi. Di rabbia, esaltazione, dramma.
Sul viso e le palpebre scorrono le reazioni alle parole pesanti come pietre.
Alla fine si aprono gli occhi. Un secondo per adeguarsi alla luce, e poi lo scatto a fermare le tracce dell'esperienza.

Questo è stato (S)cript. Performance fotografica teatrale ideata e realizzata da Sergio Sasso nell'ambito del Fringe Festival di Torino. A questa seguirà, probabilmente, una mostra. Vi terrò informati. Ne varrà la pena.
Ariecchime!
Torno dopo due lunghe assenze: una dal blog e l'altra da Facce da Palco.
La prima dovuta ad improrogabili impegni lavorativi. La seconda all'anniversario degli amati coniugi Cole, che mi hanno coinvolta e travolta con l'organizzazione di una sobria festicciola degna del sultano del Brunei. Lo spettacolare evento si è frapposto fra me e la prima semifinale di FdP. La prima data persa in due anni di devoto amore nei confronti di questa manifestazione. Ancora non ci credo che siano andati avanti senza di me. Quanta amarezza!

Ma sabato scorso, in occasione della seconda semifinale, sono tornata da Natalia&Co e sono anche tornata in giuria. Tornata per tre pezzi che già avevo massacrato giudicato nelle serate eliminatorie.

Ad iniziare sono le ragazze chiuse in ascensore, quelle della compagnia Terra Vergine: ve le ricordate?
In occasione della loro prima esibizione scrissi sul blog:
"Le ragazze lavorano molto bene assieme. C'è fluidità nei dialoghi serrati, come nei movimenti costretti in pochi metri. Ma, nella mia attuale versione ScassosissimaPancrazia, mi tocca sottolineare quanto la recitazione e la scrittura funzionino molto bene nelle parti comiche, e molto meno in quelle drammatiche. Consiglio di lavorarci ancora su." 
In occasione della semifinale dico direttamente al microfono: "Siete molto brave ad usare corpo e spazio". Il che è vero. Recitano in un fazzoletto e poi evadono dalla costrizione e ballano. Belle, coordinate, convincenti. Brave loro, interessante la costruzione del pezzo, ancora con ampi margini di miglioramento il testo.

Poi tocca al prestigiatore Davide Allena.
Di lui scrissi:
"Molto bravo a tenere il palco, diverte il pubblico, e intrattiene con maestria. A dirla tutta però il ruolo dell'attore finisce col superare quello del mago. L'idea di aggiungere una cornice accattivante ai numeri di magia è ottima, ma io vorrei più stupore. Una ricerca dell'originalità non solo nella confezione ma anche nel contenuto."
Sabato aggiungo: "Stai cercando di svecchiare il tipico spettacolo di magia, hai questo aspetto fit, muscoli in mostra, da figo. Ma, ti prego, cambia le musiche che invece sono proprio vecchie e non c'entrano nulla". Voci di corridoio mi sussurrano che il mago abbia scelto ogni pezzo personalmente, con attenzione certosina. Ecco. Probabilmente ora mi odia. Ma ribadisco: da rivedere tutto il tappeto musicale. Tutto.
Firmato: la donna che presto verrà tagliata in 2, 3, 4 parti.

Infine, arieccolo: il cowboy dei Proprietà commutativa.
Rimembrate?
"-Perché c'era un cowboy in scena?- 
-Perché mi sono innamorato di questo personaggio e ho deciso di metterlo dentro questo spettacolo-
Ecco. No! Mai mai mai innamorarsi di un personaggio e metterlo a forza in una storia che non è la sua. Non funziona a teatro come non funziona in letteratura. I personaggi vanno rispettati. I capricci degli artisti: no. Neanche quando gli artisti siamo noi. Bisogna essere spietati con i propri vezzi. Altrimenti potrebbe esserlo qualcun altro. Tipo una blogger." 
Probabilmente uno dei giudizi più severi che abbia mai espresso in due edizioni di cronache.

Per la semifinale i Proprietà Commutativa portano un testo leggermente modificato e, secondo me, migliorato.
Ma, come dicevo, portano pure il cowboy. I due attori, comunque, hanno letto la mia critica e l'hanno presa sul serio. Ora, mi assicurano, nella versione completa dello spettacolo il personaggio del vaccaro ha una sua ragione d'essere.
Per la cronaca: loro due sono degli attori davvero capaci, ne sono sempre più convinta, e anche la loro scrittura è di ottimo livello. Insomma, lo posso confessare: la prima volta che li vidi ebbi il sospetto di una supercazzola teatrale. Ora no, la storia ha un suo senso, una sua struttura, ben fatta e convincente. Nonostante il Johnny Cash de noartri.

Credo che, a questo punto, sia chiaro ai più: sono proprio i Proprietà Commutativa a volare in finale. Meritatamente.

Sfideranno Alessandra Donati.
Avremo sul palco tre fuoriclasse.
Non vedo l'ora di assistere alla sfida.
Appuntamento il 22 maggio alla Casa del Quartiere, in via Morgari 14, Torino.
Io ci sarò!
Voi?

N.d.A: le foto sono di Sergio Sasso e risalgono alla seconda serata eliminatoria (materiale di repertorio, insomma).
"Ma sì, questa volta niente auto. Prendo la metro e poi faccio una passeggiata. Basterà che esca con il giusto anticipo".
Così pensai il 4 aprile.

"Pronto, Jane?"
"Ciao Elena!"
"Scusami, non voglio metterti fretta ma si può sapere dove cavolo sei finita? Qua dobbiamo cominciare! Stai ancora cercando parcheggio?"
"Parcheggio? No, no. Ho deciso di venire in metro"
"Ah"
"E di farmi il resto a piedi"
"Ah"
"Beh, forse non è stata proprio l'idea del secolo. Ma arrivo eh!"
Così ritardai clamorosamente il 4 aprile.

"Eccomi!"
Così annunciai giuliva il mio arrivo ad una Elena sollevata e ad una Natalia con lo sguardo dell'IraFunestadiBulgazia, il 4 aprile.

Ma sul palco cos'è accaduto, il 4 aprile?
Vado di cronaca? Fredda, spietata, chirurgica cronaca? Vado.

Inizia Fiona Dovo. Da Genova.
Porta "Per colpa di Nevio". La storia di una donna che ama le donne. Ma rimane incinta di un uomo. O di un attaccapanni. Trovata scenica ottima!
Fiona porta umanità, sarcasmo e divertimento. Lo spettacolo ha un giusto ritmo. Lei è bravissima. Il suo teatro è anche cabaret. Sicuramente una delle cose migliori viste finora a Facce da Palco. Ma, proprio a voler esser pignoli (cosa che quest'anno mi riesce benissimo), il finale non è all'altezza del resto dello spettacolo. Fiona, per la chiusa, mette da parte l'ironia in favore di un registro più struggente e sdolcinato. Peccato.

Dopo tocca a Francesco Cevaro, da Udine, con un monologo tratto da Novecento.
Pulito.
Ma manca il guizzo, nell'elaborazione del testo e anche nella sua messa in scena.

Segue una vecchia conoscenza livornese: Alessandra Donati.
Partecipò a Facce da Palco l'anno scorso, portando in semifinale la sua Carmilla con Beatrice Neri e Silvia Rosellini.
Questa volta è da sola, ma interpreta due personaggi: Lolita e Alice (da Closer).
Parte un po' in sordina, con qualche imprecisione di troppo. Ma poi è un crescendo di fascino e intensità. Il risultato finale è molto buono. Lei, però, può fare anche di meglio.

Per ultimi tocca agli unici concorrenti torinesi della serata: i Soliti.
Portano in scena Cechov. Sono una compagnia amatoriale e si vede. Intrattengono piacevolmente ma in maniera molto scolastica. Una menzione speciale va, comunque, all'unica donna in scena: Nadia Forlin, dotata di notevoli tempi comici.

Un'ottima serata. La giuria, di cui faccio parte anche questa volta, vota compatta. Il pubblico è più diviso. Il risultato finale è giusto. Passano il turno Fiona Dovo e Alessandra Donati.

Dopodomani ci sarà la prima delle due semifinali.
L'appuntamento è alle 21 al Cafè des Arts, in via Principe Amedeo 33, a Torino.
Non mancate!

NdA: le foto (bellisime) sono del socio, Sergio Sasso.
Le presentatrici di Facce da Palco: Natalia e Donna Antea
Da ragazzina facevo sempre l'arbitro di pallavolo.
Alle medie e alle superiori, appena possibile, lasciavo il campo per arrampicarmi sul seggiolone del potere.
E perché mai?
Ovvio, perché ero una pippa! E stare lì, a mani giunte, in difesa, aspettando di esibirmi in un bagher vincente o, più probabilmente, di beccarmi una pallonata in faccia, mi metteva una certa ansia. Così abbandonavo la nave e cercavo rifugio lì dove osano le aquile, sul seggiolone appunto. Che poi, considerando che soffro di vertigini, era comunque uno sfoggio di un certo coraggio, oltre che di un'evidente disperazione.

Stavo dicendo, da ragazzina finivo spesso col fare l'arbitro a pallavolo.
Io ce la mettevo davvero tutta, prendevo il mio ruolo molto seriamente e cercavo di essere assolutamente imparziale: non avvantaggiavo le mie compagne, non provavo a far vincere le mie amiche, non prediligevo la mia classe. Sprizzavo rigore e correttezza da ogni poro ma, nonostante ciò, venivo spesso criticata da entrambe le parti. Amiche o nemiche, compagne o meno, una classe o l'altra, riuscivo nell'ardua impresa di scontentare tutti.
Non so da cosa dipendesse, forse dal mio essere troppo pignola, forse dal mio essere poco elastica, forse dal mio essere miope, fatto sta che s'incacchiavano tutti come bisce. Una volta un ragazzo di un'altra classe arrivò perfino a minacciarmi: "Ci vediamo fuori!", mi disse serio. Per fortuna, io non ebbi neanche il tempo di farmela sotto, perché i suoi compagni gli diedero del "cretino" e i miei, comunque, mi fecero da scorta.

Da questo lunghissimo preambolo capirete i miei sentimenti contrastanti quando mi fu proposto di entrare a far parte della giuria di Facce da Palco. Provai tanto orgoglio per il ruolo, ma anche una certa ansia per la responsabilità. Lì non avrei neanche avuto un seggiolone su cui scappare. Ma, in fondo, se non avevo ricevuto nessuna minaccia (non esplicita quanto meno) in un anno di cronache varie sul blog, c'erano buone probabilità che sopravvivessi anche a qualche serata da giurata.

E così, domenica scorsa, ho preso il mio posto in prima fila. Ho impugnato carta e penna, e mi sono buttata in questa nuova avventura.

E, finalmente, via di cronaca!
Si esibiscono tre artisti. Nell'ordine: i Proprietà Commutativa, Francesca Cassottana e le Terra Vergine. Una serata tutta dedicata al teatro.

I Proprietà Commutativa sono bravi, bravi sul serio. Due ottimi attori con una perfetta padronanza del palco. Su di loro niente da dire. Sul testo che portano sì.
Lo spettacolo s'intitola "3Q-Liberi esperimenti politici". In scena ci sono cuochi e snob. E poi c'è lui. Il cowboy. La voce narrante. Il fil rouge con la sua aria da vecchio west e il suo Johnny Cash. Lui. Completamente avulso dal contesto. Ma non avulso in un modo surreale e immaginifico. Più in un modo "eh???"
Sono confusa, Questo è solo un estratto dello spettacolo, magari non ci arrivo io, magari mi mancano tutte le informazioni. E quindi, per togliermi il dubbio, ad esibizione finita chiedo più o meno così: "Perché c'era un cowboy in scena?"
E mi viene risposto più o meno così: "Perché mi sono innamorato di questo personaggio e ho deciso di metterlo dentro questo spettacolo"
Ecco.
No!
Mai mai mai innamorarsi di un personaggio e metterlo a forza in una storia che non è la sua. Non funziona a teatro come non funziona in letteratura. I personaggi vanno rispettati. I capricci degli artisti: no. Neanche quando gli artisti siamo noi. Bisogna essere spietati con i propri vezzi. Altrimenti potrebbe esserlo qualcun altro. Tipo una blogger.

Francesca Cassottana, ispirata da alcune lettere originali, porta in scena un'umanissima Frida Kahlo. Ottima l'idea, così come l'impatto visivo iniziale. Meno la realizzazione. Per ora.
Lo spettacolo è ancora troppo in costruzione, sa d'incompiuto. E' una promessa che potrebbe essere mantenuta, ma anche no. Personalmente la vedo come una sfida, un progetto ambizioso che necessita di più teste al lavoro. Un impegno arduo per cui consiglio di coinvolgere più professionalità.
C'è tanta fatica da fare, e tanto tempo da spendere, ma potrebbe valerne davvero la pena.

Le Terra Vergine sono quattro attrici chiuse ne "L'ascensore". Bloccate in un momento della vita. Vincolate in uno spazio ristretto. In pausa.
Le ragazze lavorano molto bene assieme. C'è fluidità nei dialoghi serrati, come nei movimenti costretti in pochi metri. Ma, nella mia attuale versione ScassosissimaPancrazia, mi tocca sottolineare quanto la recitazione e la scrittura funzionino molto bene nelle parti comiche, e molto meno in quelle "drammatiche". Consiglio di lavorarci ancora su.

La serata è finita. Il pubblico vota. La giuria vota. Io, per la prima volta, voto.
Passano il turno Proprietà Commutativa e Terra Vergine. I due lavori compiuti della serata. Inevitabile.
Dopo l'annuncio, però, mi becco mezz'ora di critiche circa il risultato. Mica da parte degli artisti o dei loro amici. No, da parte dei MIEI amici. Nessuno però minaccia di picchiarmi fuori dal locale. Faccio progressi.

L'ultima serata eliminatoria è prevista per il 4/4/2015 al Café des Arts. Ci sarò anch'io. E' un duro lavoro ma qualcuno lo deve pure fare.

N.d.A. le favolose foto sono del socio Sergio Sasso.
Avete mai frequentato un laboratorio di scrittura?
Io feci l'ingresso in questa realtà molti anni or sono.
Eravamo un gruppo vario e variopinto.

C'era l'attrice teatrale che scorrazzava sulla sua 2 Cavalli alimentata a fantasia. C'era la signora del bel mondo con un passato da sessantottina e un presente con maggiordomo filippino. C'era la ragazza snella, nervosa ed essenziale. Essenziale come i suoi haiku. C'era l'arte terapeuta capace di dipingere trame e di intrecciare disegni. C'era l'astrologa argentina, che un po' raccontava e un po' si faceva raccontare. C'era l'uomo siciliano che viveva in un furgone con le sue piccole scene piene di sole. C'era l'uomo piemontese capace di camminare lungo un filo teso tra due montagne, e di scrivere storie musicali come canzoni. C'era persino una blogger che, a guardarsi attorno, pensava di essere vittima di un'allucinazione. Di essere finita nel bel mezzo di un racconto pieno di personaggi pazzeschi.

Ma quello era il passato.
Ora occupiamoci del presente e anche del futuro.
Chi ci sarà il primo di aprile? Data in cui partirà un nuovo laboratorio di scrittura. Il mio.
Chi si butta con me? Non vi posso promettere un'umanità tanto varia e interessante. Ma energia, esperimenti e voglia di confrontarsi, sì!

Un laboratorio di scrittura è sempre un luogo magico. Dove vengono le idee migliori. Persone inaspettate sono in grado di dare consigli preziosi. Si cresce e ci si arricchisce.

Per chi scrive da sempre e per chi non ha scritto mai.
Voi cosa state aspettando? Io sto aspettando voi!

Immagine tratta dal sito www.cab41.it
Avete presente il Cab 41?
Quello che sta in via fratelli Carle 41, a Torino.  Quello che la prima volta non riuscivo a trovare. Quello che la seconda volta non riuscivo a parcheggiare. Quello che... beh sì, insomma quello!

Sabato scorso sono andata al Cab 41 per assistere allo spettacolo di Nando Timoteo.
Un comico che non avevo mai visto né dal vivo e neanche in tv, nonostante vanti diverse partecipazioni in diverse trasmissioni. Ma io, come direbbe qualcuno, sono una disadattata, quindi non faccio testo.

Comunque, forte della mia ignoranza, mi sono approcciata allo spettacolo senza pregiudizi o attese particolari. E...
E mi sono divertita. Un bel po'!
Ho riso, applaudito e mi sono persino prestata a quei siparietti della serie "metà del pubblico faccia questo, l'altra metà faccia quest'altro". Mi ci sono prestata nonostante io nell'animo sia snob e sostenuta, ma Nando Timoteo ha un mondo di approcciarsi al palco e alla gente assolutamente irresistibile. E' un talento dell'intrattenimento e della comicità. Nato come animatore turistico, ha studiato teatro, fatto esperienza in tutti i campi, fino a poter vantare un eccellente repertorio e un atteggiamento coinvolgente e naturale. A Nando Timoteo non gli puoi dire di no. Lui ti chiede di cantare e tu canti. Lui ti chiede di applaudire a tempo e tu applaudi a tempo. Lui ti chiede dei soldi e tu. E tu niente, c'è la crisi! Neanche Nando Timoteo può essere così convincente!

Il Nando Timoteo Show è uno spettacolo lungo ma che scorre via velocemente. Uno spettacolo completo e godibilissimo. Uno spettacolo fatto di battute a raffica, succosi racconti di vita vissuta, e musica. Sì egli, come se non bastasse, canta e suona.

Di qualunque parte d'Italia voi siate, tenete occhi ed orecchie aperti. Dal nord al sud, lo potreste trovare ovunque. E, nel caso, vi consiglio fortemente di non lasciarvelo scappare!
Nell’antico regno di Bulgazia viveva un crudele Barone.
Egli, per saziare le proprie voglie, ogni sera si faceva portare dai servitori una fanciulla diversa prelevata a forza dal popolo.
Poi, dopo averla concupita, la chiudeva nelle segrete a morire di stenti.

Per quale motivo si comportasse così non è dato sapere, anche se le malelingue affermano che egli volesse, in tal modo, far tacere le insoddisfatte amanti. Perché l’ardore del Barone era grande, ma il resto no!

Una sera i servitori portarono al nobile la bella Natalia.
“Kosa tu folere da me, orrido Barone?” chiese lei.
“Kosa? Non afere detto niente te, mammina?”
“Certo, mia era domanda retorica, barone perfido e pure un poco ignorante!”
“No perdiamo tempo. Fogliamo iniziare?”
“No!”
“Come no? Io sono Barone: ogni mio desiderio defe essere ordine!”
“No, cioè, sì, ma non potremmo aspettare attimino? Fare kvattro chiacchiere? Raccontare te kvalche bella storiella?”
“Bella storiella? E fa bene. Ma facciamo in fretta”

E così l’astuta Natalia prese tempo raccontando di mille personaggi ed avventure. Narrò le vicende di giovani che cercavano l’amore, il lavoro, o solo un poco di tempo libero. Raccontò di uomini che pettinavano bambole, o di tizi che mangiavano paste scotte. Parlò per ore, giorni, settimane e mesi. Parlò per un anno intero.

“In capitale di penisola italica fifefa ragazza di grande talento. Ella faceva chiamare lei il Boss, e sapefa risolvere tutti più impossibilissimi problemi di amoritudine...”
“Ecco, perché noi non facciamo adesso tanta amoritudine?”
“Aspetta ancora uno minuto! E poi c’era bella Manila che fendefa corpo ma folefa indipendenzia...”
“Ecco, ora io foglio federe un poco di tuo corpo...”
“Un attimo! E poi c’era spettacolo, talent, fatto per giovani grandi artisti!”
“Talent? Taleeent??? Taleeeeent? Perché non detto subito me? Io amo talent! Kvando inizia?”
“Come kvando? Domani alle 21! Forza, tira su tue nobili braghe, e iniziamo a cercare parcheggio per tua carrozza!”

Facce da Palco ricomincia!
Domani, venerdì 6 marzo, accorrete tutti al Lab!
La famiglia Topova vi aspetta con mille altre storie.
Jane Pancrazia Cole ve le racconterà!
Questo scrissi in occasione di una semifinale dell'anno scorso...

Ormai questa avventura è giunta al termine, ed è tempo di bilanci. Bilanci finanziari e monetizzazione. Perché, insomma, bella la vita della blogger, piena di creatività e cultura, ma pure le blogger devono mangiare e pagare le bollette!  
Questa necessità si è chiaramente palesata a Jane Pancrazia l’altra sera, mentre cenava a pane e cipolle. Era là, nel suo umido monolocale, quando ha pensato: “Facce da Palco! Dovrò pur ricavar qualcosa da questa esperienza, no? Certo, soddisfazione personale, incontri memorabili, contatti lavorativi, bla bla bla. Ma i soldi? Come poter guadagnare meravigliosi, profumati, tintinnanti denari?”   
Varie alternative si sono palesate alla sua fertile mente: 
  • intrecciare e vendere deliziosi tappetini per il bagno ottenuti con le parrucche di Natalia. Ma, siamo sinceri, certi colori non convincerebbero neanche un daltonico incontinente.  
  • Far fruttare e sfruttare le doti di stallone balcanico di Dragosh. Ma c’è il rischio che il ragazzo pretenda una parte dei guadagni. I giovani d’oggi hanno completamente perso l’etica del lavoro e lo spirito di sacrificio.  
  • Oppure vendere gli organi degli artisti eliminati. Un rene per artista: Pancrazia non è mica avida! Ma pare che un tale commercio sia illegale nel nostro paese. Non c’è nulla da fare, in Italia lo spirito imprenditoriale non viene mai apprezzato!  
Comunque, la nostra blogger non è mai stata una che si arrende facilmente. E così, ieri sera, dopo essersi messa a dormire sul suo divano-letto IKEA di quarta mano, ha avuto finalmente una vera e propria folgorazione, l’idea che la farà svoltare: Facce da Palco, il gioco da tavolo!  
Numero giocatori: da 1 a 24 artisti ardimentosi, singoli a coppie o anche a squadre. Facce da Palco sarà un gioco di società che metterà alla prova le vostre capacità teatrali, musicali, canore e danzerecce. Lo scopo del gioco sarà, ovviamente, quello di eliminare tutti gli altri concorrenti, anche fisicamente se necessario, e diventare l’unica vera Faccia da Palco. E, oltre alla gioia della vittoria, il giocatore più bravo potrà usufruire della bambola gonfiabile di Natalia, Lothar o tutti e due. Noi della Jane Pancrazia Toys, non abbiamo pregiudizio alcuno, e desideriamo che tutti i nostri clienti siano pienamente soddisfatti! 
Nella scatola è fornito tutto il minimo indispensabile per divertirsi e realizzare la vostra artistica impresa. Un microfono che non funziona, una cassa gracchiante, un paio di minislippini aderenti, una bambola inquietante, un boa di struzzo, un coltellaccio da macellaio, un paio di mocassini marroni, una sedia da regista poco resistente, una panchina ricoperta di peluche, una vestaglia di seta, e ogni 10 scatole acquistate... una donna gravida. Una persona sana di mente non saprebbe che farsene di tutto ciò, ma un vero campione di Facce da Palco riuscirà a trovarne la giusta collocazione e l’utilizzo per montare un pezzo di successo.  
Scegliete il vostro segnalino tra: • Il fiasco di vino, compagno di Natalia nelle rare notti solitarie; • Il funghetto allucinogeno, che Lothar smercia dalla Bulgazia; • O la candela con cui Pancrazia illumina il suo monolocale ora che le hanno staccato la luce.  
Poi tirate i dadi, esibitevi e, infine, pescate le carte del giudizio e pregate che la sorte vi sia benevola. Tutto è superabile tranne la bocciatura spietata della presidentessa di giuria con la carta: “la tua dizione non è all’altezza, torna al via!”  
Potrete trovare Facce da Palco in tutti i migliori, peggiori, e così così negozi di giocattoli! Non fate gli avari, mettetevi una mano sul cuore e l’altra sul portafoglio. Facce da Palco vi farà passare deliziose serate in famiglia, e forse farà riallacciare il gas a Jane.  
Grazie a tutti e buona serata!

Mi raccomando, non dimenticate: venerdì 6 marzo, alle 21 parte l'edizione 2015 di Facce da Palco.
Appuntamento al Lab in piazza Vittorio 13, a Torino.
Ingresso gratuito.
Ricomincia Facce da Palco!
Venerdì 6 marzo alle 21, al Lab di Piazza Vittorio 13 (Torino), riparte il carrozzone del talento e del divertimento.

Sono contenta come una bambina, ma anche agitata ed ansiosa.
Quindi, per prepararmi adeguatamente all'evento, in questi giorni proporrò tutto ciò che di mio è passato su quel palco l'anno scorso. Le indegne parole che ho scritto e che Francesca ha letto. Vabbé non proprio tutte, quelle meglio riuscite, perché non voglio infierire su di voi con i miei esperimenti di "testi da leggere in pubblico". Alcuni così brillanti da scatenare un gelo nella platea che neanche in Alaska.

Oggi inizio con "La storia di Facce da Palco". Un pezzo che in realtà di mio ha soprattutto la forma, mentre il contenuto è tutto (o quasi) di un paziente comico torinese che accettò di correre in aiuto di una poveraccia a cui l'ansia da prestazione aveva bloccato qualsiasi forma d'ispirazione.

Ecco dunque a voi La vera storia di Facce da Palco. Il testo originale. Mica cotiche.

Buonasera a tutti!
Io di solito mi occupo della cronaca di Facce da Palco, della stretta attualità. Questa volta, invece, vi parlerò della storia di questo talent.

Voi pensate di essere qua a vedere un piccolo show, nato solo l’anno scorso a Torino. E invece vi sbagliate, eccome se vi sbagliate! Facce da Palco ha una storia gloriosa alle spalle. Una storia che affonda le proprie radici quasi ottant’anni fa nella culla della civiltà mitteleuropea: la Bulgazia! Laggiù Natalia Topova, nonna della nostra meravigliosa presentatrice, a cui ha trasmesso il nome, la sobrietà, e la predilezione per l’amore libero. Natalia Topova, dicevo, fondò uno spettacolo che avrebbe cambiato il corso del teatro, del cabaret, della musica e lo chiamò: Facce da Palco.
Per 80 anni migliaia di artisti si sono esibiti e sfidati, per poi lanciarsi in sfolgoranti carriere! Sono certa che molti di questi li conosciate anche voi. Ve ne ricordo alcuni:
gli innamorati Albanien e Ramina, passati alla storia della musica dell’Est grazie a successi come Nostalgia socialista o Ilarità. Ve la ricordate Ilarità, no? Quella diventata famosa grazie agli immortali versi “Ilarità è mangiare un panino con dentro un bambino”. Versi poi usati da una certa magistratura per alimentare stupidi pregiudizi.

Poi ci fu il duo comico: Ficarrov e Piconoscky, provenienti da Palermograd, ridente cittadina nel sud della Siberia, i cui abitanti mangiano granita al gusto di aringhe alla parmigiana.
Oppure, più recentemente, i ballerini dall’anca sbilenca “I compagni di Maria”.
E, infine, avrete sentito parlare anche voi di quel misterioso caso legato al monologhista che recitò “Lettera aperta contro Putin”. Un vero talento! Vinse la semifinale ma non si presentò mai alla finale. Che vergogna! Una brillante carriera stroncata da una tale mancanza di professionalità! Se non puoi venire, dillo! E che si fa così? Che avrai mai avuto da fare? Cosa avrà mai potuto trattenerti?


Comunque, arriviamo ai giorni nostri. Con l’ingresso della Bulgazia in Europa e la successiva apertura delle frontiere, Natalia, degna erede della nonna, decise di portare Facce da Palco all’ovest.
Avrebbe potuto scegliere la Germania, la Francia, la Svezia. E invece no: scelse l’Italia. E all’interno dell’Italia avrebbe potuto scegliere Roma, Milano, Napoli e invece no. Scelse Torino. E a Torino avrebbe potuto scegliere qualsiasi teatro o locale, e invece no: scelse proprio il Café des Artes.


E per questa serie di fortunatissime coincidenze noi ci troviamo qui. Tutti assieme. Di sabato sera. Dopo aver girato due ore per un parcheggio. A godere di questo spettacolo. Tutto grazie a nonna Natalia e alla sua deliziosa nipote. 

Un bell’applauso!
Ve la faccio breve.
Avete presente quelle serate in cui il mondo ce l'ha con voi e voi ce l'avete col mondo? Quelle serate in cui chi vi dovrebbe volere bene mette in pratica tutto il proprio peggior repertorio per farvi sentire una cacca? Quelle serate in cui vorreste solo chiudervi in casa, staccare il telefono, e nascondervi sotto il piumone fino a data da destinarsi? Quelle serate in cui vi credete figa e poi scoprite di avere il rossetto sui denti?
Avete presente?
No?
Beati voi.

Io sì, c'ho presente, c'ho presente chiarissimamente.
Giovedì scorso è stata proprio una serata così.
Ma invece di tumularmi sotto il piumone, ho deciso che sarebbe stato meglio ridere. No, non una risata isterica da pazza. Proprio una risata vera. Più d'una possibilmente.

E per questo motivo, una settimana fa, carica dello spirito machisenefotteneanchequestomiabbatterà, sono andata a godere della seconda data live di Kotiomkin.

Uno spettacolo dove qualcuno ha fatto molto ridere, qualcuno ridere, e qualcuno insomma.
Dove la parte tecnica ha funzionato, i presentatori hanno dimostrato scioltezza, e i disturbatori hanno disturbato secondo uno schema divertente e riuscito.
Dove i battutari online si sono scatenati sulle attualissime 50 sfumature di grigio.
Dove gli Anonymous hanno presentato un commovente prediciottesimo, Morandazzo ha illuminato la platea con le sue cinematografiche perle di saggezza, e i Civatians hanno raccontato i drammi di una vita indecisa... o forse sì?... o forse no?

Il Kotiomkin live è una formula che funziona. A cavallo tra rete e palco, professionisti e amatori, cabaret e satira. Uno spettacolo che le diverse teste matte della nota pagina facebook stanno portando in tutta Italia. Che io sappia almeno: Milano, Roma, Genova e Torino.
Ah, ovviamente, le serate torinesi sono le migliori. E che ve lo dico a fare?

Il prossimo appuntamento sotto la Mole sarà il 5 marzo alle 21:30, al Colors, in via Sacchi 63.

E, visto che oggi mi sento particolarmente generosa, segnalo per i miei lettori romani, il KotiomkinTevere, stasera, ore 21:30, al TAG (Tevere Art Gallery) in via Passera 25.
E per i milanesi, sempre stasera, il Kotiomkin live alle 22, presso La Strada in via Patellani 4.

Buon divertimento a tutti! Fate come me: uscite da sotto i piumoni e andate a ridere ridere ridere!...prima però controllate il rossetto.
Tempo fa ho comprato, letto, apprezzato, recensito un libro.

Poi ho fatto amicizia su facebook con l'autore. Incontrato il suddetto per caso lo scorso autunno. Chiestogli di tenermi informata sulle volte che avrebbe portato ciò che aveva scritto, nato come monologo, di nuovo davanti a un pubblico.

In seguito, ho avuto da fare tutte le volte che il comico/attore/scrittore gentilmente m'informava delle date, come da me precedentemente richiestogli. Sembrando, probabilmente, una di quelle persone che ti fanno dei complimenti, si raccomandano tanto, ma poi se ne fottono e spariscono. La simpatia, proprio.

Tutto ciò fino a ieri sera quando, complice un po' di fortuna e l'opera degli astri propizi, ho finalmente potuto assistere alla magia delle parole che lasciano la carta per ritrovare il proprio ambito naturale: il palco.

Un palco ben strano per la verità. L'angolo di una vineria. Tra un pianoforte, la porta del bagno e le ginocchia del pubblico assiepato. Una di quelle situazioni molto underground, dove può essere un trionfo o un disastro. Dove l'artista è diviso tra il fascino della sfida e il desiderio di tornare nella propria cameretta con il pigiama, i giornaletti e la spremuta d'arancia, come quando gli veniva la febbre da piccolo, saltava scuola e poi, una volta guarito, si scopriva più alto di qualche centimetro.

Sono abbastanza sicura che ieri Dario Benedetto abbia provato tutte queste cose, mentre usava i bagni come quinta e si preparava a fare il suo ingresso. Ingresso di fronte a un pubblico vario e caloroso, che contava tra le proprie fila anche una blogger seduta per terra, ed un cane che ha cercato più e più volte di limonarla. Lei, pur colpita dall'avvenenza del quadrupede e dal suo sguardo carico di passione, ha preferito comunque fare la ritrosa. Perché, si sa, è sempre meglio farsi desiderare un poco.

Il libro, Piglia un uovo che ti sbatto, mi era piaciuto molto, come già avevo scritto in questo vecchio post.  Mi autocito: "Un libro di divertimento e poesia. Che coinvolge e si fa leggere di corsa, pagina dopo pagina, immagine dopo immagine. Una seduta di psicanalisi pubblica, dove l'autore racconta tic, ossessioni, sogni e deliri. L'infanzia, le donne, e pure i gatti. Il tutto accompagnato da una virtuale colonna sonora."

Lo spettacolo dal vivo mi è piaciuto altrettanto.

Bravo Benedetto che è riuscito a calamitare rapidamente l'attenzione in un luogo non così favorevole, dimostrando talento e mestiere.
Bravo Benedetto che ha creduto nella sua creatura portandola in ogni dove fino a raccogliere successi anche inaspettati, tipo quello di una bionda che ti si avvicina e ti dice "Vuoi pubblicare un libro con me?" Che il giorno che un editore anche non biondo dovesse dire a me una cosa del genere, prima svengo e poi mi faccio un piantarello.
Bravo Benedetto perché è proprio bravo. Perché le passioni sono faticose, e senza lavoro, lucida follia, e patologica caparbietà non si va da nessuna parte. E lui, invece, continua ad andare e macinare km, metaforicamente e non.

Quindi, che sia per questo spettacolo o che sia per un altro, se sentite il nome di Dario Benedetto dalle vostre parti, vi consiglio di non lasciarvi sfuggire l'occasione.
Datemi retta. Vi ho mai deluso?
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