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Perché si decide di fare un viaggio così lungo in auto?
Per potersi spostare, come e quando si vuole, tra luoghi diversi. Spinti solo dall'ispirazione del momento e non dai dettami di un rigido programma da seguire.

Ed infatti, dopo tanti km macinati in 48 ore, la terza giornata non ci fermiamo, ma andiamo a visitare San Sebastian.

Da Wikipedia:
Donostia-San Sebastián (la denominazione ufficiale comprende la doppia versione in basco e spagnolo), è una città situata nella comunità autonoma dei Paesi Baschi, nella Spagna nord-orientale, che conta circa 185.510 abitanti. 
Grande, luminosa, viva. Piena di sé. Una sfacciata. Già l'adoro!
Ma non si vive di sola bellezza. E dopo cinque minuti dal nostro arrivo sentiamo il dovere di darci da fare. Non è tempo di poltrire! E, mai domi, ci dedichiamo alla valutazione dei prodotti dell'arte bianca locale. Dopo un attento esame, la conclusione è la seguente: i bomboloni baschi non hanno niente da invidiare a quelli italiani.
Che sia messo a verbale.
Grazie.

La giornata è solo all'inizio e noi abbiamo ancora tanto di cui occuparci. In particolar modo, dopo aver a lungo camminato, dobbiamo fare ciò che ogni bravo turista deve fare superati i Pirenei: provare le Tapas.
Ci troviamo in una lunga via dove i locali si alternano più o meno così: ristorante figo, bar, trattoria, ristorante figo, bar, trattoria, ristorante figo, bar, trattoria, ad libitum.
Passiamo davanti ad ogni posto, gettiamo un occhio dentro e questo ci viene ritirato indietro da una folle enorme ed ingorda. Tra paradiso ed inferno, ci sono così tante persone nei locali che, se uscissero tutte assieme, per strada non potremmo più muoverci, stretti, come neanche le sardine riescono ad essere.
Comunque noi prendiamo talmente sul serio la faccenda Tapas da metterci un'infinità di tempo a scegliere il posto adatto. Poi, una volta deciso, al bancone ci viene l'ansia da prestazione, gli occhi diventano molto più grandi dello stomaco e, scioccamente, ci facciamo irretire dagli assaggi più astrusi. Letto di frittatina con cosciotto di maiale ornato da infradito di gamberetti. Gondola di noce di cocco con bagnetto di cozze e isolotto di tirannosauro. Sgabello di asparagi con foca viva che tiene in equilibrio un prosciutto e pinneggia due aragoste come clavette.
"Era un po' pesante questa roba, eh?"
"No, ma che dici? Ora però mi sdraio un attimo a terra. Tu puoi andare. Non voglio rallentarti. Abbandonami qui a morire"

E' la giornata del cibo e delle lezioni di vita: l'ultima l'apprendiamo di sera, di ritorno a Biarritz.
Il fatto di essere in Francia non significa che tutti siano capaci a fare le crepes che, tra l'altro, tanto complicate da fare non sono! Con nostro grande disappunto scopriamo che può succedere di stare in Francia e di mangiare una delle crepes più insignificanti di tutta la propria vita.
Che delusione.

A domani...
Ostriche, ostriche, ostriche, come se non ci fosse un domani
La mattina mettiamo fuori il naso con lo sguardo dei caprioli indifesi. Ci aspettiamo che, da un momento all'altro, accada qualche sventura. Che ci abbiano rubato l'auto, fatta a pezzi, e già smerciata in Bulgaria. Che un'incudine ci colpisca,  uno o entrambi, sulla testa. Che Salvini, andato finalmente a quel paese, ci corra incontro con addosso la felpa di Libourne.

Ma i cattivi pensieri non prendono forma e, dopo i primi dieci minuti vissuti nel terrore, ci arrendiamo all'evidenza: è una bella giornata, il sole splende, e le leggi cosmiche ci sono nuovamente favorevoli.
Così passeggiamo tra i banchi di ostriche del pittoresco mercato locale, e scopriamo la bontà delle ciambelle del supermercato. Un marchio di nicchia, un certo Carrefour, immagino che non l'abbiate mai sentito nominare.

Recuperato il sorriso e riassestato l'equilibrio glicemico, ci rimettiamo in moto, lasciamo la piccola (e poco significativa) Libourne e puntiamo verso Biarritz. 
Ecco cosa ne dice Wikipedia:
Biarritz (in lingua basca Miarritze) è un comune francese di 26.067 abitanti situato nel dipartimento dei Pirenei Atlantici nella regione dell'Aquitania. Fa inoltre parte, da sempre, del Paese Basco francese.
Attraversiamo boschi e cittadine, e più ci avviciniamo ai Pirenei più l'autoradio oscilla tra il francese e lo spagnolo, tra gli chansonnier strappacuore e todo el futbol minuto a minuto.

Un lato a caso della cattedrale di Bayonne
Quasi giunti alla meta, sorprendentemente in anticipo, decidiamo di fare un giretto a Bayonne,
Bella, grande, elegante. Se passate da queste parti dedicatele un'oretta, se non di più, ne vale la pena.
Io, tra l'altro, a Bayonne scopro l'esistenza del Croque Monsieur. Toast col formaggio esterno. Perché me l'avevate tenuto nascosto finora? Perché???

Una volta arrivati a Biarritz, prendiamo possesso di quelli che saranno i nostri appartamenti per tre giorni. Abbiamo prenotato in un fantastico Airbnb dove Claudine, gentile signora francese, mette a disposizione la sua villetta con giardino ad uno stuolo di turisti provenienti da ogni dove. A noi tocca la dépendance e siamo molto felici.

La giornata è fresca ed usciamo in esplorazione della città atlantica: grandi onde per i surfisti e grandi ville per i ricconi francesi. Fricchettoni e scicconi. Mute, gonnelloni e giri di perle. Ci si perde a guardare tutte le facce e tutte le facciate. E, mentre ci chiediamo se sia meglio il castello sugli scogli o la villa con l'ingresso da sogno, arriviamo al tramonto senza aver subito incidenti, sciagure o calamità.
La vacanza è finalmente iniziata.

A lunedì...
Bagagli fatti. Navigatore collegato. Cartina stirata e inamidata. Borsa frigo piena fino all'orlo da rendere orgogliosi i miei siculi natali.
Sabato 15 agosto, alle 9 di mattina, partiamo pieni di ottimismo e buone intenzioni.
Poveri stolti.

Le principali mete della vacanza sono i paesi baschi e Madrid.
Sia all'andata che al ritorno programmiamo una sosta notturna a metà strada per recuperare le forze.
Il percorso del primo giorno prevede di coprire i km tra Torino e Libourne, ridente cittadina nei pressi di Bordeaux, che usiamo come meta di avvicinamento alla ben più nota e significativa Biarritz.

"Passiamo dal Frejus?"
"Naaaaaa, costa uno sproposito. Monginevro, Grenoble e poi c'immettiamo nell'autostrada francese"
"Yeahhhhhh siamo furbi noi!"
"Yeahhhhhhh"

Pieni di entusiasmo e autocompiacimento scavalchiamo le Alpi, sbertucciamo i pedaggi esosi, e puntiamo verso Grenoble.
"Che c'era scritto su quel tabellone?"
"Boh, non sarà importante. Che c'è frega?"
"Giusto, che c'è frega! Yeahhhhhhhhhhh"
"Yeahhhhhhhh"

Arrivati a Briancon il clima si fa sempre più freddo e strani segnali sembrano indicare oscuri presagi. La nuvola di Fantozzi ci segue fedele, branchi di gatti neri ci fanno le fusa, uno strano tizio dotato di falce ci fa "ciao ciao" con l'ossuta manina da bordo strada.
Bah... che significherà tutto ciò?

Dopo aver girato in tondo per un po', e aver cercato di ignorare anche l'evidenza, ci arrendiamo, accostiamo e chiediamo indicazioni all'ufficio turistico.
"Scusi, ma la strada per Grenoble non sarà mica..."
"Chiusa! Sì sì. Ermeticamente impercorribile"
"Ecco, lo sospettavamo, ma ci sarà un modo per arrivarci, no? Un percorso alternativo?"
"Certo"
"Sarebbe così gentile da indicarcelo?"
"Andate in Italia e fate il Frejus"
"Dovremmo tornare indietro? No, la prego, noi arriviamo dall'Italia! Non ci sarebbe un'altra via?"
"Ovviamente sì", sorride.
"Evviva!" ricambiamo.
E ci apre sotto il naso una cartina.
"Vedete questa stradina piccolina?" dice puntando il dito sopra un sottile serpentello.
"Sì..."
"Dovete prendere questa"
"E' molto brutta?"
"E' una strada di montagna"
"Sì, ok, ma è molto molto molto brutta?"
"No, tranquilli. E' solo una strada di montagna"
Perplessi, ignoriamo i cattivi presentimenti che già frignano nelle nostre orecchie, e ci rimettiamo in marcia. Cinque minuti dopo raggiungiamo la famosa "strada di montagna".

Da quel momento iniziano i 30 km più lunghi della nostra vita.
Lui guida e suda.
Io me la faccio sotto.
Tornante, tornante, tornante, gli faceva schifo mettere un muretto?, tornante, tornante, tornante, galleria, banco di nebbia, all'anem e chi t'è muort, tornante, tornante, tornante, foschia, morte apparente, tornante, tornante, tornante. Dopo un tempo che sembra ed è infinito, superiamo il tratto peggiore, scendiamo fino alla pianura e poi, finalmente, imbocchiamo la tanto agognata autostrada francese. Il peggio è passato.

La giornata non è finita ma il post sì.
Inutile infierire. Inutile raccontarvi del succo d'arancia rovesciato nella borsa frigo e sulle valigie, dei costi da strozzinaggio dei pedaggi francesi, e del tizio del Airbnb che ci ha messo 40 minuti per aprirci la porta. Tutte sciocchezze al confronto di quei dannati 30 km tornante, dopo tornante dopo tornante.

A domani...
Al cinema è appena uscito il remake di National Lampoon's Vacation.
Avete presente? Quella commedia in cui una famiglia americana si sciroppa millemilioni di chilometri per raggiungere un mega parco di divertimenti. Pellicola che ebbe molti sequel e rallegrò spesso i pomeriggi estivi della nostra infanzia. Perché, anche se molti di voi giovini scellerati non ne avranno memoria alcuna, durante gli anni '80 non era davvero estate se Italia Uno non riempiva i propri caldi pomeriggi di programmazione con le mitiche commedie americane adolescenziali-familiari. Noi giovani-vecchi, che ci siamo a lungo abbeverati a quella fonte di leggero divertimento, ancora ci ricordiamo tali ore rilassate e le rimpiangiamo assai.

Io, per festeggiarne il ritorno sugli schermi e dimostrare tutta la mia devozione a quel vecchio film, quest'estate sono partita per una vacanza simile. Ho detto simile, mica uguale. Niente famiglia al seguito, niente parco di divertimenti come meta finale, niente America. Ma nove giorni tra Italia, Francia e Spagna, spostandosi in auto, macinando chilometri e inanellando una notevole serie di situazioni che "tra tanti anni ripensandoci ci faremo grasse risate".

E cosa fa una blogger che si rispetti quando gliene capitano di ogni? Scrive.
Ed è per questo che da domani parte la serie: Nove giorni Nove Post.
Un post ogni giorno.
Un post per ogni giorno di vacanza.

Siete pronti?
No? Peggio per voi.
Chi c'è c'è. Domani si parte!

 
In metropolitana. Per strada. Sull'autobus.
Immersa nei tuoi pensieri. Stanca. Sfatta.

Succede.
L'incontro casuale con un amico. Anche per pochi secondi. Anche di corsa.

Ricarica di volti familiari, parole complici, e sorrisi sinceri.
E si torna a casa un po' più contenti. Un po' più vivi.

Proseguite nella lettura a vostro rischio e pericolo, quello che segue è un post ad alto contenuto di nulla.

L'avete mai visto "Ribelle-The Brave"?
Il cartone animato.
Quello del 2012.
Agevolo locandina.

L'avete mai visto?
Io sì, l'altro giorno.
Ne vogliamo parlare?
Parliamone!
I capelli della protagonista sono FAVOLOSI!

Rossi, ricci e selvaggi, più stanno alla straca##o e più belli sono.
Li adoro!
Anzi no, li adorerei nella realtà ma li IDOLATRO in versione digitale.
I capelli di  Merida, così si chiama la fanciulla fulvocrinita, hanno un effetto calmante e ipnotico. Loro se ne stanno là, sullo schermo, fluttuanti e vivi. Sembra addirittura che respirino. Tu li osservi e ti rilassi, nulla ha più importanza, nulla può farti del male. La vista si annebbia e i muscoli si decontraggono.
Nel frattempo potrebbero svaligiarti casa, fregarti la poltrona da sotto il sedere, o cambiarti addirittura lo status su facebook, e tu neanche te ne accorgeresti!
Quei capelli sono una droga. Danno dipendenza e assuefazione.

Non c'è altra spiegazione: questo film deve essere stato confezionato dai servizi segreti, da una dittatura internazionale trasversale o dagli alieni. Questa pellicola è progettata per rimbambirci, fiaccare la nostra volontà, e renderci tutti schiavi.

Ogni resistenza è inutile.
Brindo ai conquistatori ed agito i miei ricci collaborazionisti.
Noi siamo i ricordi degli altri.

Fra sessant'anni per mio nipote sarò ancora la zia dei racconti, della grande scrivania e dell'insalata di riso.
Sembra poco e invece è tantissimo.
Si ferma sulla soglia. E respira.
Guarda quella stanza vuota. E ricorda.

Le tornano in mente solo le cose brutte ma sa che, da qualche parte, nascoste, timide, ci sono anche quelle belle.

Fa un passo avanti sul tappeto morbido.
Eccole. Ecco dove si erano nascoste le cose belle. Nascoste nella trama del tessuto a solleticare i piedi nudi.

Ancora un passo e si sdraia sul letto. Guarda il soffitto. Un singhiozzo, due, tre. E poi basta.
Un tempo lei era capace di farsi pianti infiniti, ma ora non più. Forse ha finito le lacrime o i condotti che le potrebbero far vomitare tutto fuori si sono talmente ingarbugliati, stretti, attorcigliati che le rimane tutto dentro. Tutto dentro ad asciugarsi piano per lasciarla vuota e arida.

Ormai non c'è più nulla. Non c'è più la rabbia. Non ci sono le urla. La sua voce cattiva che la faceva sobbalzare. La sua voce gentile che la faceva sorridere.

Si alza.
Torna alla porta. La riattraversa e se la chiude alle spalle.

NdA: solo parole ritrovate oggi facendo ordine tra vecchi fogli.
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