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Più passionali di Paolo e Francesca, più romantici di Romeo e Giulietta, più belli di Orazio e Clarabella, Ciccio e Jane passeranno il week end a Roma.

I due fidanzatini di Peynet, riveduti e corretti da Botero, avranno poco tempo per la cultura e gli scorci romantici che la città eterna ha da offrire. La loro attenzione sarà rivolta soprattutto agli Internazionali d'Italia. Infatti, sperando che il tempo li assista, godranno della visione delle semifinali e della finale del torneo maschile di tennis.

Ciccio, che sogna match epici destinati a lasciare un segno nella storia della racchetta, si è preparato con un'attrezzatura fotografica da professionista e un binocolo da marine.
Jane, che spera d'imbattersi in Boris Becker, sua mai sopita passione adolescenziale, e di scappare con lui in Polinesia, ha infilato furtiva un costume da bagno in valigia.

Chi dei due vedrà esaudito il proprio desiderio?

Buon week end a tutti!
Augusto ed io siamo nati e cresciuti nello stesso paese. Mentre lui era un tipo tranquillo che passava inosservato, io ero conosciuta e additata da tutti come cattivo esempio. Ero una bambina con il muso sempre sporco, una piccola delinquente, un'erba cattiva, una vagabonda che invece di stare chiusa tra le quattro mura di casa, come una signorina per bene avrebbe dovuto, passava le giornate in giro a combinare chissà cosa e chissà con chi. Secondo il parroco, la perpetua e la maggior parte delle donne il mio destino era quello della femmina perduta.
In realtà io avevo le mie buone ragioni per stare sempre fuori e tutti al paese lo sapevano benissimo. Ma si sa che a farsi i fatti propri si campa cent'anni e degli altri chi se ne fotte!

Mio padre aveva due grandi passioni: il vino e le donne. Il vino lo beveva, le donne le menava. Era grasso e pigro, sempre troppo stanco per alzare il sedere e andare a lavorare, ma quando c'era da rincorrerci con la cinghia recuperava tutte l'energie. Ribaltava il tavolo, rompeva le sedie e ci urlava dietro le peggio cose, tanto che io a cinque anni conoscevo certi insulti da fare rigirare i morti nelle tombe e far cadere l'aureola ai santi.
Mia madre, che pesava cinquanta chili bagnati, rimaneva ad affrontarlo, rispondendo colpo su colpo e soprattutto bestemmia su bestemmia, mentre mia sorella ed io correvamo a nasconderci.

Lucia, più grande e giudiziosa, era capace di starsene accucciata nella stalla per ore, aspettando che le urla e le botte finissero, ma io non ce la facevo, a me bruciava la terra sotto i piedi. Così correvo via a cercare la banda dei maschi, che io con le femmine non mi ci sono mai trovata.
Andavamo allo stagno a catturare le rane, giocavamo alla guerra, prendevamo a sassate il cane rabbioso della Pazza, ma la cosa che ci piaceva di più era esplorare la casa diroccata della signora Ines, buonanima. Gli scalini erano quasi tutti marci, i vetri alle finestre rotti e dentro i pochi mobili rimasti si potevano trovare tante bestie diverse: ragni grossi come pagnotte, qualche lepre di passaggio e parecchi topi. A noi un posto così sembrava il paradiso, ci passavamo le ore sfidandoci per vedere chi fosse il più coraggioso e chi il più fifone. Gino, detto il piscialetto, perdeva sempre e gli toccava continuamente pagare pegno. Una volta gli tirarono tutti uno scappellotto, tutti tranne me: "Non ti tiro uno schiaffo se mi fai vedere il pisello", gli dissi.
Lui alzò le spalle e abbassò i pantaloncini. Fu una vera delusione. Mi sembrava impossibile che un coso così insignificante potesse fare tanta differenza. A mio padre bastava quel cosino mollo per comportarsi da padrone? Ovviamente anche due mani grosse come badili lo aiutavano parecchio.
Mia madre era uno scricciolo di donna ma era grande, grandissima. Mio padre era un uomo grosso ma una persona piccola piccola e quando morì, nel 1934, nessuno di noi lo pianse.

L'unica cosa triste fu che in quell'occasione mia madre decise che anch'io, ormai dodicenne, ero abbastanza grande per lavorare e che i miei giorni con la banda erano finiti, "Che se ti becco ancora ad andare in giro te ne dò tante ma così tante che non ti siedi per un mese!"

Continua...

Prima parte
Cari lettori, 
non temete questa storia non sarà infinita come l'Erasmus. 
Il racconto è semplicemente troppo lungo per poter essere sacrificato in un post unico e quindi ho deciso di suddividerlo in varie parti, che verranno pubblicate a pochi giorni l'una dall'altra.
Buona lettura,
Jane

Vengo qua tutti i giorni. D'inverno il freddo e l'umidità mi entrano nelle ossa, ma in primavera con il sole ed il cielo limpido è un vero piacere passeggiare lungo i viali.
I visitatori della domenica sono tanti e diversi, ma in settimana ci sono sempre le stesse facce. Le sorelle Zaccaria che avranno trecento anni in due. La vedova Greco con la cofana color carta da zucchero, il rossetto e le guance dipinte, neanche avesse ancora settant'anni. E poi quello scostumato del Cavalier Casotti che quando mi vede si toglie il cappello, mi saluta con un piccolo inchino e comincia con le sue chiacchiere: "Ma come la trovo bene signora Adelina", "Le andrebbe un caffè signora Adelina?", "Io vado sempre in balera, perché non ci viene anche lei signora Adelina?" Ma per chi mi ha presa? Se il bastone non mi servisse per camminare gliel'avrei già spaccato su quella capoccia pelata.
Gli uomini sono tutti uguali, dai 15 ai 95 anni pensano sempre a quella cosa là.
Tutti uguali tranne il mio Augusto. Lui sì che era una persona seria, un gentiluomo come non ce ne sono più. Non fraintendetemi, era serio ma aveva il sangue caldo anche lui e a letto sapeva fare il suo dovere, lo sapeva fare eccome. Sei figli mi ha dato. Tutti maschi e tutti sani e forti come tori.

Eccolo là. Quant'è brutto in quella foto. Appena la vidi glielo dissi subito: "Augu', sta foto è così brutta che te la metterò sulla tomba"
Lui non rise. Non è mai stato un tipo spiritoso.

Continua...
More powerful than a locomotive. Able to leap tall buildings in a single bound. Look! Up in the sky! It's a bird. It's a plane. It's Superman!

Guarda in alto nel cielo!
E' uno stormo di uccelli.
E' una pattuglia di aeroplani.
No, sono i Diavoli Rossi del Rugby Varese!

Campioni della Serie C territoriale 2009/2010...nonsosemispiego!

(Grazie ad Ale per la fantastica foto)
Una nuvoletta rosa nel cielo Umbro la notte tra il 9 ed il 10 aprile 2010.

"Allora Lu' sei pronta?"

"No"

"Come no?"

"No. Ho le mani sudate, le gambe mi tremano e mi viene da vomitare"

"Tranquilla, è normale essere un po' agitati. Vedrai che andrà tutto bene"

"La fai facile tu. Sono io che devo passare nel frullatore!"

"Non sarai sola: io sarò con te"

"Davvero?"

"Ma certo. Sono il tuo angelo custode, mica pizza e fichi! Andiamo adesso?"

"No. Ancora una cosa"

"Dimmi"

"E se non gli dovessi piacere? Forse mi immaginavano diversa"

"Luna, sono i tuoi genitori, ti hanno desiderata ed aspettata tanto. Certo che sei diversa da come ti hanno immaginata, perché tu sei molto meglio di qualsiasi sogno.
Loro ti amano già adesso e dal momento in cui ti vedranno dimenticheranno ciò che è stato prima. Anche la loro vita, in un certo senso, comincerà con la tua"

"Wow. Ora mi sento molto meglio: sei bravo nel tuo lavoro"

"Grazie. Ho più di 1000 anni di onorata carriera alle spalle, ho versato centofantastamilioni di contributi, ti è capitato un professionista coi fiocchi, piccola. Adesso sei pronta?"

"Si, ma tienimi per mano"

"Certo. Al mio tre saltiamo, ok?"

"Si"

"1...2...3"



Nel caso non dovesse andare bene la carriera medica o dovessi incontrare difficoltà nella stesura del romanzo del secolo, mi rimarrà sempre l'opzione "brillante scrittrice di biglietti d'auguri". L'importante è avere sempre un'alternativa.

Ben un giorno annunciò: "Presto si trasferirà a Berlino il mio carissimo amico irlandese: Alan. Vi piacerà!"
L'innocente dichiarazione dell'ignaro britannico fece scattare in tutto l'Erasmico Gineceo vivide e niente affatto innocenti immagini mentali. La mia, dal basso verso l'alto, era la seguente: scarpe da ginnastica vissute, jeans stropicciati ad avvolgere un paio di celtiche gambe muscolose, maglione teso sopra ampio torace, irresistibile sorriso, barbetta incolta, occhi cerulei, capelli scompigliati e magari, giusto per non farsi mancare nulla, anche una chitarra in spalla. 
Alan divenne rapidamente il più gettonato protagonista delle nostre fantasie ed il più abusato argomento delle nostre conversazioni. Ognuna si nutriva dei deliri delle altre, fino a produrre un mostro di perfezione: bello, sexy, simpatico, arguto e sessualmente instancabile. Del resto nel momento in cui si sogna è giusto non porsi alcun limite, anzi. 
Quel poveraccio se ne stava in Irlanda a preparare i bagagli totalmente all'oscuro di essere già diventato una figura mitica a Berlino. Il tapino, probabilmente, se avesse saputo quanto fossero alte le aspettative su di lui, se ne sarebbe restato a casa sua con la porta chiusa a doppia mandata.

Una sera inaspettatamente accadde il miracolo: incontrammo per caso Ben ed Alan per strada. Ci fermammo a chiacchierare e dopo 5 minuti i due giovani andarono per la loro strada e noi per la nostra.
Rimaste sole, eccitate come dei criceti, cominciammo a parlare tutte assieme: "Ma l'avete visto???" "Si!!!" "Ma quant'è gnocco???" "Tanto!" "Ed i capelli?" "Folti e meravigliosi" "Con i riflessi ramati." "Siii, che meravigliosi riflessi!" "E la voce?" "Stupenda. Certo non che abbia parlato molto, ma quel poco è bastato" "Si. Ho sentito un brivido lungo la schiena quando si è presentato e ha detto A..." "Ha detto Alan, vero?" "Certo, almeno credo." "Io ero tutta emozionata non è che lo stessi ascoltando molto" "Ma certo che ha detto Alan. Forse." "Qualcuna di voi l'ha sentito dire Alan????" "Io no" "Neanch'io" "E poi è strano che Ben non ci abbia avvertito del suo arrivo" "Già, sembrava così desideroso di farcelo conoscere" "E l'accento?" "Era irlandese?" "Io non ho sentito nessun accento." "Neanch'io" "Parlava così bene tedesco" "Proprio come un..." "...tedesco" "Oh cacchio!" 
Eravamo state vittime di un increscioso episodio di Allucinazione Collettiva. Appena incontrato Ben con un ragazzo che non conoscevamo avevamo desunto che costui fosse Alan. Eravamo state cieche e sorde di fronte a tutti gli indizi che indicavano il contrario. Il canto ubriaco delle nostre ovaie aveva coperto il richiamo del buon senso. Avevamo fatto la figura di un gruppo di ninfomani cretine!

Qualche settimana dopo l'imbarazzante episodio, conoscemmo finalmente l'uomo che per tanto tempo avevamo atteso, l'irlandese che aveva mandato i nostri pochi neuroni in pappa, l'essere sulle cui spalle gravavano tutte le nostre aspettative.
I capelli non erano folti, le gambe non erano muscolose ed il torace non era ampio. In effetti, più che un Dio del sesso, Alan sembrava un morbido orsacchiottone. Un ragazzone simpatico e gentile con (pochi) capelli rossi, profondi occhi azzurri e un'inclinazione particolare per le tragedie sentimentali.  Ogni volta che gli piaceva una ragazza questa, nel giro di 24 ore, finiva a letto con qualche amico di lui. Perché egli, oltre ad avere un pessimo gusto nello scegliere le donne, ne aveva uno anche peggiore nello scegliersi gli amici: tutti più belli, privi di sensibilità, estranei a qualsiasi forma di empatia e soprattutto bulimici sessuali. Ed anche quando riusciva a sublimare l'innamoramento con una storia vera e propria, nel giro di poco veniva sistematicamente mollato o per un ragazzo migliore, eventualità a cui lui reagiva con una grande signorilità, o per un lavoro dall'altra parte del mondo, eventualità che lo trasformava in un cane abbandonato in autostrada, o per un'altra donna, eventualità che gli procurò un abbonamento decennale dallo psicanalista.

Alan era decisamente sfortunato in amore, ma la colpa non era solo della cattiva sorte. Se, invece di provarci sempre con le ragazze sbagliate, ogni tanto ci avesse provato con quelle giuste forse le cose sarebbero andate diversamente.

Caro Alan, 
a distanza di 10 anni è giunto il momento che te lo dica. 
Se, putacaso, invece di provarci con le altre, ci avessi provato con me: io ci sarei stata.
Pirla!!!

Con affetto,
la tua amica Jane ( quella a cui volevi bene come ad una sorella)



Continua...

Prologo, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17
De Sica che smanaccia per sbaglio(?) Belen



o la Hunziker che importuna come un'assatanata il povero Travolta

Quest'anno ho partecipato per la prima e, probabilmente, ultima volta in vita mia ad un concorso letterario. E non ho vinto.
Ho scritto il racconto del secolo. E non ho vinto.
E' uno SCANDALO! E' tutta colpa del destino cinico e baro, dei soliti raccomandati, dei giudici comunisti, di Saturno contro, dei servizi segreti e pure della sfiga.
Non ho vinto ma, come avrete già capito, l'ho presa benissimo. L'importante non è vincere, ma partecipare e poi IO SONO UN GENIO INCOMPRESO e LORO PUZZANO.

Comunque non era di questo che volevo parlarvi, ma della premiazione a cui tutti i partecipanti sono stati invitati.
"E' gradito l'abito scuro per gli uomini e il lungo per le donne", mi ha detto l'organizzatrice per telefono.
Ciccio ed io non siamo tipi da serate di Gala. Lui non sa neanche farsi il nodo alla cravatta ed io, ovviamente, non posseggo alcun abito lungo.  Ed è per questo che lui ha opposto una strenua resistenza, condita da crisi isteriche da prima donna e capricci da poppante, ed io ho finto indifferenza, ma mi sono riempita di chiazze rosse ed ho sofferto d'insonnia. Alla fine, però, ha vinto la curiosità di farsi un bel bagno nella morbidosa crème della crème torinese e ci siamo decisi a partecipare. Ma non siamo andati da soli.

Eravamo in 4: Ciccio, CognatoCole, SorellaCole ed io. Perché noi Cole ci muoviamo in gruppo, come gli ovini.
In ordine di apparizione e di decenza:
  • SorellaCole indossava un abito lungo nero ed un giacchetto panna, i capelli raccolti ed il più radioso dei sorrisi. Bella come sempre quella fetente.
  • CognatoCole per l'occasione rispolverava l'abito del matrimonio ed, essendo dimagrito, rischiava seriamente di perdere i pantaloni e rimanere in mutande di fronte a tutti. Purtroppo ciò non si è verificato. Peccato, la serata ne avrebbe sicuramente guadagnato.
  • Ciccio era strizzato in un completo grigio con cravatta rossa.
    Cravatta annodatagli dalle amorevoli mani del cognato che però non ha calcolato la panza del mio consorte, creando un terribile effetto Olio.
  • Ed infine io.
    I miei capelli, colpa del taglio infelice e del tempo orrendo, hanno tenuto la messa in piega per un periodo non superiore ai 5 minuti. E così, sconfitta e quindi incacchiata come una biscia (perché come avrete capito sono una che sa perdere con molto stile), ho dovuto anche sopportare l'umiliazione di un'intera serata con un gatto morto in testa.

Concludo con le illuminate parole di Ciccio: "Bella gente, tanta gnocca, ma il tuo racconto era molto meglio di quello che ha vinto."
Che dolce.
Un porco.
Ma tanto dolce.
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