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Poco prima della mia partenza per Berlino, mammaCole venne colpita da uno dei suoi frequenti ed inopportuni attacchi da "chioccia psicopatica":
"E se io e papà venissimo con te in Germania? Solo i primi giorni, giusto per aiutarti?"

Io declinai gentilmente l'allettante proposta:
"Ma sei matta?"

E anche papàCole catalogò l'ideona di mia madre come: follia momentanea da ansia per l'imminente distacco.

Per farla stare tranquilla le proponemmo un viaggio in terra teutonica a novembre: sarebbero venuti a trovarmi per sincerarsi delle mie condizioni e portarmi tutte le cose che, nel frattempo, avrei sicuramente scoperto di aver dimenticato.

Quando andai a prenderli all'aeroporto, facemmo fatica a riconoscerci tra noi.
Loro, in mezzo ai tedeschi, mi sembrarono ancora più bassi del solito.
Ed io ero ormai mimetizzata con la popolazione indigena, essendo passata dallo stile "Lady Marian dei Gianduiotti" a quello "Meg Ryan Dei Poveri" ed avendo cominciato ad abbinare colori e vestiti in maniera del tutto casuale.(*)

Berlino accolse i miei genitori come, due mesi prima, aveva accolto me. Con lo smarrimento dei bagagli.
Trascorremmo due ore tra l'ufficio della Swissair ed il deposito degli oggetti smarriti: palleggiati tra una ragazzetta svizzera, simpatica come una forma di groviera andata a male, ed una coppia di operai tedeschi, decisamente più gentili, ma altrettanto disinformati. Quando ormai avevamo perso ogni speranza riuscimmo a rientrare in possesso delle valigie e, soprattutto, del mio lettore cd che tanto mi era mancato fino ad allora.

Per i tre giorni successivi, vestendo i panni della guida turistica, scorrazzai i miei genitori per tutta la città.
Per prima cosa li portai allo studentato dove, nel giro di cinque minuti, conobbero i miei vicini più surreali:
il misterioso ragazzo coreano che, causa insormontabili problemi di lingua, parlava poco e solo con pochi eletti;
il "professore" vietnamita, docente momentaneamente prestato all'Europa, che custodiva nella propria camera la strumentazione sufficiente per procedere indifferentemente alla fusione a freddo, alla costruzione di uno shuttle o alla preparazione dei tortelli di zucca;
il cinese ipercinetico, strabordante così tanto entusiasmo ed energia vitale, da essere considerato dai più molesto o semplicemente molto strano;
e "laDonnaFantasma", ragazza di ignota provenienza, che usciva dalla propria stanza solo per riempire un bollitore in cucina e poi, veloce com'era venuta, tornava a rinchiudersi in camera. Senza proferire parola alcuna e senza alzare lo sguardo dal pavimento.

Dopo essersi assicurati che non dormissi sotto un ponte e che non condividessi la mia vita con spacciatori, terroristi o serial killer, i miei genitori furono pronti per il tour de force che avevo preparato per loro.
Il tempo era poco e le cose da vedere tante.
Iniziammo con il Mauermuseum, dove potemmo osservare i numerosi e sorprendenti reperti che testimoniano i tentativi di fuga attraverso il muro.
Proseguimmo con la Nuova Sinagoga che, oltre ad essere il più grande luogo di culto ebraico in terra tedesca, è un edificio di una bellezza disarmante.
Godemmo di una suggestiva vista della città dalla cupola del Duomo.
Ci perdemmo tra le mille sale del Pergamon-Museum, dove sono raccolte imponenti opere monumentali e la riproduzione dell'uomo dei miei sogni: Attalo. (Voi non avete idea di quanto sia bello visto dal vivo!)
Passeggiammo davanti al Reichstag: il parlamento dall'avveniristica cupola trasparente.
Restammo incantati di fronte alla Porta di Brandeburgo, a cui nessuna fotografia potrà mai rendere giustizia.
E ci arrampicammo per la mitica Siegessaule, che con i suoi 285 gradini mise a dura prova la resistenza psicofisica di papàCole.

Dimostrando che lo spirito di adattamento è un tratto genetico, durante la loro breve permanenza berlinese i coniugi Cole, tra una scarpinata e l'altra, riuscirono anche a stringere amicizia con una coppia spagnola, ospite nel loro stesso albergo, e con un panettiere che aveva un negozio nelle vicinanze. Quale lingua utilizzassero per comunicare mi è tuttora oscuro.

*(promemoria: ricordarsi di bruciare tutte le foto che mi ritraggono bionda e procedere all'eliminazione fisica sistematica di tutti coloro che sono stati testimoni di quel buio periodo del mio look)

Continua...

Prologo, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9


Il giorno di Pasqua CuginoA, SorellaCole e Jane hanno fatto una cosa che non facevano da tanto: si sono ritagliati del tempo solo per loro.
Niente mariti, niente fidanzati, niente mogli: solo loro tre, come quando erano piccoli. Quando Jane era una bimbetta di quattro anni, con la testa piena di ricci e le guanciotte tonde; quando CuginoA, di poco più grande, sfoggiava delle orecchie con cui avrebbe potuto sfidare Dumbo in una gara di volo; quando SorellaCole, ancora preadolescente, era solo un pallido abbozzo della splendida ragazza che sarebbe diventata in seguito.
I tre marmocchi adoravano il telefilm di Batman, quello con il protagonista più pingue che palestrato, le scenografie di cartapesta ed i combattimenti esilaranti.
Amavano così tanto lo show da cercare di reinterpretarlo a loro modo. Cugino A., in piena sindrome da maschio alfa, si auto eleggeva uomo pipistrello. SorellaCole, in qualità di "donna" del gruppo, esigeva per sé il ruolo di Batgirl.
Jane, la più piccola del trio, veniva costretta dagli altri due a rivestire i panni di Robin. Personaggio minuto e sfigato, la cui unica funzione era quella di cacciarsi nei guai.

In occasione di questa rimpatriata i tre compagni di giochi, ormai troppo cresciuti per entrare nelle calzamaglie da supereroi, hanno preferito un passatempo molto più banale: sono andati al cinema.

Dopo aver incrociato le pellicole in programma, con le sale più vicine ed i gusti personali, la loro scelta è caduta su la commedia di Carteni: “Diverso da chi?”
Un film divertente, soprattutto nella rappresentazione del mondo della politica, con i giochi di potere, le primarie farlocche, il centrosinistra sempre sull’orlo dell’autodistruzione ed il centrodestra sfacciatamente populista.
Meno riuscita la parte in cui la vicenda pubblica lascia lo spazio a quella privata: la trama tende a sfilacciarsi un po’, il ritmo ne risente ed Argentero non risulta all'altezza del ruolo, non riuscendo a dare spessore al proprio personaggio, ma riducendolo a tratti all'ennesima macchietta gay.
Promossi, invece, Nigro e la Gerini.
Nel complesso 102 minuti gradevoli, arricchiti dalla buona compagnia ed una confezione extra di pop corn.

Ora vi saluto: io ed i miei compari dobbiamo correre a salvare il mondo!
Tutto ebbe inizio con un innocuo viaggio a Padova insieme a Bortolami. L'Italia del rugby era in crisi e noi decidevamo di fondare una nuova squadra con l'obiettivo di garantire un futuro alla palla ovale azzurra.

Due settimane fa fu la volta dell' Ex Pazzo. Il crucco aveva aperto un blog ed era diventato famosissimo scrivendo centinaia di post improntati al dileggio della di lui ex fidanzata: io.

Mercoledì scorso, in un crescendo surreale e preoccupante, godevo di una cena con annessa piacevole conversazione in compagnia di quell'ominide che risponde al nome di Fabrizio Corona.

Per finire, l'altra notte mi sono ritrovata seduta ad un convegno del Popolo delle Libertà con l'imperatore Silvio che pontificava dal palco ed io, in mezzo agli altri, a bermi ogni parola in religioso silenzio e composta rassegnazione.

Nell'attesa che il mio inconscio riacquisti l'equilibrio (evidentemente) perduto, mi affiderò alle flebo di caffè: meno dormo e meglio è.

(Foto tratta dal sito de La Repubblica )
Ciccio è interista.
Jane juventina.

Ciccio ama il calcio.
Jane preferisce il rugby.

Sabato sera i due innamorati andranno allo Stadio Olimpico di Torino a vedere il "derby d'Italia": juventus-inter.

Ciccio è agitato come un bambino alla vigilia di Natale.
Jane un po' meno.
C:"Mi porto la macchina fotografica e pure il binocolo"
J:"Io potrei portarmi qualcosa da leggere"
C:"Ma come? Non sei contenta? Non sei eccitata?"
J:"'nsomma"

Jane qualche mese fa andò a vedere la nazionale di rugby e, come ben ricorderete, allora era decisamente più impaziente.
Perché?
Ma come perché? E ve lo devo pure spiegare?
(Sergio Parisse, meraviglioso capitano della nazionale italiana di rugby: bravo e bello)

(Zlatan Ibrahimovic, attaccante dell'inter: bravo e basta)

Non c'è paragone. No no.
Nel 1976 in Friuli viveva un ragazzotto dinoccolato, con una simpatica faccia da schiaffi, poca voglia di studiare e molta di correre dietro alle ragazzine.
Una sera, mentre giocava a calcio con gli amici, un boato sordo squarciò l'aria e la terra gli tremò sotto i piedi.

Nei giorni successivi vide solo distruzione e morte. E quando una scossa di assestamento particolarmente forte lo colse nel sonno, non ebbe la prontezza di cercare riparo, ma si accucciò sotto le coperte, convinto che fosse giunto anche il suo momento.
Ma così non fu.

Quel ragazzino è cresciuto ed ora è un uomo. Il mio.
No, non sono scappata ai Caraibi.
No, non mi hanno rapita gli alieni.
No, non mi è esploso il PC. Anche se ultimamente sta dando preoccupanti segni di insubordinazione.

In questo periodo latito dal mio e dai vostri blog a causa di una gravissima e cronica mancanza di tempo.
Peccato, avrei vari argomenti interessanti di cui parlarvi:
la suocera che vorrebbe farmi il bagno nell'acqua santa;
Tutankamon, il collega infermiere, simpatico come un gatto attaccato alle mutande e vitale come una mummia egizia;
e la sorprendente mammaCole che, rassegnatasi all'idea di avere Ciccio come genero, ha deciso di farmi il corredo. Aiuto!!!

Per ora dovrete "accontentarvi" di una delle cose più carine che offre la TV in questo periodo: "La storia minima dell'arte" di Natalino Balasso.

Originale e divertente.

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