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"La scrittura non si insegna", un'affermazione un po' forte da fare considerando che da anni conduco laboratori di scrittura. Ma non si tratta di una mia dichiarazione quanto del titolo di un saggio di Vanni Santoni. 

"La scrittura non s'insegna" è convinto Santoni, che a sua volta insegna e ha insegnato scrittura creativa in diverse Scuole. Ma allora si tratta solo di una provocazione? Non proprio, fin dalle prime righe l'autore specifica che, secondo lui, non si può insegnare a scrivere bene ma si può insegnare a diventare uno scrittore. O un narratore, come preferisco dire io. 

Si può insegnare la disciplina, il metodo, la fatica per passare dalla teoria alla pratica, dalla fantasia del genio incompreso a un lavoro vero o, quantomeno, a un manoscritto finito. O, meglio, a più di uno. 

Il titolo "peculiare" attrae l'attenzione ma a mantenerla è il contenuto di questo breve saggio: rapido, divertente, pieno di ottimi consigli. 

Un libro che mi ha lasciata con una gran voglia di leggere, scrivere e perfino aprire una rivista letteraria. Fermatemi, vi prego, prima che lo faccia veramente! 

Una lettura consigliatissima a chi ama la scrittura, ama prenderla molto sul serio ma, magari, è pronto a prendere MENO seriamente il proprio strabordante ego e la necessità disperata di pubblicare come fine ultimo. L'importante è scrivere, scrivere, scrivere. La pubblicazione, nel caso, arriverà. 

"La scrittura non si insegna". 
Vanni Santoni. 
Minimum Fax.
Non sarebbe una domanda tanto strana se a farmela, da circa 15 anni, non fosse mia madre. 

Povera donna, l’è toccata una figlia dall’occupazione in inglese: content specialist, si dice. Poco chiara in lingua albionica ma altrettanto in italica perché, a onor del vero, non è che “specialista di contenuti” sia così esplicativo. E, infatti, a non capire cosa io faccia non è solo la mia genitrice ma spesso anche conoscenti o vecchi amici di ritorno che, di fronte alla mia risposta alla loro domanda di rito "Ma tu che fai nella vita?", o fingono di capire non capendo o non capiscono non fingendo. 

Quindi ho deciso di rispondere qui, per tutti gli interessati e anche per me, così magari la prossima volta che qualcuno me lo chiederà avrò le idee abbastanza chiare per dare una risposta soddisfacente. Si spera.

Allora, io che faccio nella vita? Io scrivo. 
Ma no, non sono una scrittrice. 
E neanche una giornalista perché, pur avendo lavorato per diverse testate, non faccio parte dell’ordine.

Ma comunque scrivo. 
E cosa scrivo? Davvero parecchia roba. 

Ad esempio, girate per siti web, no? Ecco, i testi che trovate potrei averli scritti io. Ovviamente, se i testi sono particolarmente accattivanti e Google vi ha fiondato su quel sito alla velocità della luce, allora quei testi li ho sicuramente scritti io. Perché sono brava, che si sappia! 

Seguite qualcuno sui social, no? Una ditta, un artista, un’associazione culturale? Quei contenuti presenti sui social potrei averli realizzati io. 

O, ancora, qualcuno vi ha regalato un racconto splendido in cui voi siete il protagonista e non avete mai letto una cosa tanto originale e tagliata su misura per voi? Beh, quel racconto potrei averlo scritto proprio io. Se non vi è piaciuto, invece no, io non c’entro niente. 

Oppure, state giocando a un videogioco, uno di quelli pieni di scritte, di spiegazioni, di cose che dovete leggere e seguire, ecco, pure quelle potrei averle scritte io. 

O, questo natale, hanno regalato a vostro figlio un pupazzo in grado di raccontare storie? Ecco, indovinate un po’ chi potrebbe aver contribuito alla scrittura di quelle storie? Appunto. 

Nel passato avete letto articoli dedicati a spettacoli o mostre torinesi? Come sopra. Testi esposti all’interno di mostre? Sempre io. Leggende piemontesi? Ancora io. Avete ascoltato podcast? Sapete che si basano su testi, no? Ecco, quelli, io. 

Per non parlare di romanzi, guide o manuali, firmati da altri. Perché ho fatto anche la ghostwriter. 

Il bello è che ci sarebbe tanto altro da dire riguardo al passato e anche ai progetti futuri. Insomma, conduco laboratori di scrittura, faccio consulenze e sono in procinto di realizzare altre cosine decisamente interessanti ma per ora mi taccio. 

Spero di essere stata già abbastanza chiara, no? 
Ecco, quindi, nel caso incontraste mia madre, sapete cosa rispondere.
... l'osservazione di una serie di principi che governano la narrazione. 

Il viaggio dell'eroe è uno strumento da conoscere a fondo per poi poterlo utilizzare, manipolare o anche ignorare. Perché, per ribellarsi a qualcosa, bisogna conoscerlo.

Il viaggio dell'eroe di Christian Vogler.


Ormai è quasi Natale ed è il momento perfetto per scrivere un racconto a tema. 

Per queste feste, ti regalo 3 spunti. 

Il tuo racconto dovrà: 
1. Essere ambientato durante la notte del 24 Dicembre; 
2. Avere come protagonista: un bambino o una bambina o un animale; 
3. Avere nella trama: qualcosa o qualcuno che viene perduto e ritrovato. 

Tutto chiaro? 

Buona scrittura... e se hai piacere di avere un feedback da parte mia, manda il tuo racconto a janecole@live.it 

Buone feste!

Questa mattina ho rovistato in casa e ho scelto 10 oggetti, un po' a caso un po' mossa dall'ispirazione.

Si tratta di:
1. Un paio di occhiali da sole
2. Un marshmallow
3. Una mela
4. Una piantina di caffè
5. Una cartina di Los Angeles
6. Qualche sterlina con ancora il profilo della fu Regina Elisabetta II
7. Un pennello
8. Un braccialetto
9. Un paio di forbici
10. La Favola di Eros e Psiche

Almeno 4 di questi oggetti, 4 su 10 appunto, dovranno entrare a far parte di un tuo racconto.

Scatena la fantasia, non porti limiti né di genere né di numero battute e, se poi ti va, mandami il tuo testo all'indirizzo janecole@live.it, lo leggerò e ti darò volentieri un feedback.

Buona scrittura!


Hai mai scritto una lettera d'amore? 

Hai mai messo per iscritto i tuoi sentimenti? 

No? 
E cosa stai aspettando? 

Scrivi una lettera d'amore ma... 

... scrivila per qualcuno che non ti piace per niente. 

Ispirati a una persona reale, a chi conosci, oppure a un personaggio noto che, però, non hai mai incontrato dal vivo. 
Scegli chi vuoi, anche un politico (la butto lì!), l'importante è che ti ispiri sentimenti tutt'altro che benevoli. 

Buona scrittura! 

NdA: non dimenticare l'ironia.

Il blocco dello scrittore è una condizione in cui una persona creativa, principalmente uno scrittore, non riesce a concludere il proprio lavoro, non riesce più a scrivere, appunto. 

Una condizione che, ovviamente, è sempre esistita ma venne descritta per la prima volta nel 1947 dallo psicanalista austriaco, poi naturalizzato statunitense, Edmund Bergler. 

Il blocco colpisce e ha colpito gli scrittori di tutti i tempi.
Ad esempio, nei diari di Kafka, si trovano diversi riferimenti a questo problema, a questi suoi blocchi periodici. Oppure, in anni decisamente più vicini a noi, John Grisham ha raccontato che, quando ha il blocco dello scrittore, si appende a testa in giù. Pare che l'aumento del flusso sanguigno al cervello lo aiuti... bah!

Il mio preferito, però, è Victor Hugo che riteneva che il blocco fosse dovuto all'eccesso di stimoli esterni e distrazioni. Per questo motivo, quando si sentiva in difficoltà, si spogliava, consegnava tutti i suoi abiti ai domestici e si chiudeva nella sua stanzetta. In questo modo non aveva altro da fare che mettersi seduto a scrivere. Niente distrazioni. Ecco fatto.

Io, che sono un'anima molto più semplice, di solito mi faccio una passeggiata oppure una doccia, l'acqua aiuta molto, è un ottimo conduttore, anche di idee. Altre volte, semplicemente, mi metto seduta e comincio a scrivere, qualsiasi cosa, parto dalla lista della spesa per poi riversare su carta tutto ciò che mi passa per la testa. Non deve avere un senso e la maggior parte delle, infatti, volte non ce l'ha. Ma, in questo incontrollabile flusso di parole e pensieri, prima o poi, viene fuori una frase interessante o un'idea buona da sviluppare. 

Quando anche tu avrai il blocco dello scrittore segui uno di questi esempi: fatti una doccia o spogliati nudo. 
O entrambe le cose.


Scrivi di ciò che conosci. 

Se ambienti il tuo racconto in un luogo che conosci, in un tipo di società che ti è familiare, questo sarà sicuramente più verosimile e più credibile. 

Mi raccomando, non vivere ciò come un limite. Vivilo come uno strumento. 
Uno strumento che hai a disposizione per scrivere bene è, appunto, quello di raccontare un ambiente che conosci. 

Se, per esempio, tu hai sempre vissuto a Milano e a New York ci sei stato solo un paio di volte in vacanza, perché mai dovresti ambientare il tuo racconto lì? Perché ritieni che sia una località più accattivante, più esotica, ti dia maggior possibilità di vendere la tua scrittura all'estero? Mi spiace ma non è così. La New York di cui scriveresti tu non esiste, se non nei film e nelle serie tv di cui ti sei abbondantemente nutrito negli anni. Racconteresti una città finta, piena di cliché, poco credibile, destinata ad affossare la migliore delle trame. 

Quindi, a meno che, per una motivazione che mi è sconosciuta, tu ritenga che quella storia specifica debba essere ambientata a New York, scegli un altro luogo, uno che conosci. Che conosci bene. 

Se invece quella storia, per la suddetta motivazione sconosciuta, deve essere assolutamente ambientata nella Grande Mela o in qualche altro luogo che conosci poco, allora documentati, documentati e ancora documentati. Lavora come un matto, fatica oltremodo. Solo così potrai ottenere un risultato apprezzabile. 

Ma, attenzione, "scrivi di ciò che conosci" è un concetto più ampio, che non riguarda solo i luoghi e le società, riguarda per esempio anche l'età e le epoche. 
Hai 50 anni e magari non hai figli? Se decidi di scrivere un racconto i cui protagonisti siano dei ragazzini, è bene che questi vivano negli anni in cui tu stesso sei stato un ragazzino. 
Solo così saprai come farli parlare e muovere in maniera credibile e coerente, perché te lo ricordi. 

Buona scrittura!
Un racconto nasce dalla testa dell'autore ma poi vive mille vite grazie ai lettori, alla loro immaginazione, alla sensibilità e alle personali esperienze pregresse. 

Un viaggio affascinante, fatto di mille percorsi diversi.
I ricordi d'infanzia sono una tra le più fertili fonti d'ispirazione. Quindi, per l'esercizio di oggi, l'ultimo prima della breve pausa estiva, ho pensato proprio di procacciare stimolo e idee dall'enorme tesoro dei nostri ricordi di bambini. 

La partenza per le vacanze, in particolare, è un'esperienza carica di emozioni che lascia tracce indelebili nel nostro io adulto. 
Si prepara una valigia, si mette a posto l'auto e immancabilmente tornano alla mente spicchi estivi della nostra infanzia. Come quella volta che, ancora in pigiama, siamo stati caricati in macchina per andare al mare, "Perché di notte fa più fresco e si guida meglio" ci ha spiegato la mamma mentre riempiva la borsa frigo. Oppure tutte le volte che andavamo a passare le vacanze dai nonni, due mesi di piedi nudi, bimbi di paese e totale assenza delle rigide regole genitoriali. O ancora la prima volta che, zaino in spalla, abbiamo provato l'avventura del campeggio con gli scout.

Ognuno ha i ricordi a sé più cari. 

Per questo esercizio io ti chiedo di sceglierne uno e utilizzarlo come ispirazione per scrivere un racconto. Un racconto, il cui protagonista deve essere un bambino, o una bambina, che sta partendo per le vacanze.

Buona scrittura e buone vacanze!




Ci sono diversi manuali di scrittura là fuori. 
E un’innumerevole quantità di autobiografie. 
Ma Stephen King, il grande Stephen King, ha pensato di risparmiare tempo e fatica e di scrivere un libro che raccogliesse entrambe queste tipologie di letteratura: un bio-manuale, lo chiamo io, un’”autobiografia di un mestiere” l’ha chiamata la casa editrice Pickwick. 

“On writing”, questo il titolo dell’opera di King, è un libro dove l’autore americano dà ottimi suggerimenti di scrittura accompagnati dalla sua personale esperienza con quest’ultima. Aneddoti che vanno dall’infanzia alla scuola, passando per il successo di Carrie, alla dipendenza da alcol e droga fino all’incidente che quasi l’uccise. 

Stephen King ha sempre amato parlare di se stesso, rilasciare interviste con storie incredibili, brandelli di verità tra l’autobiografico al fantasy, nella costruzione perfetta della visione dell’autore americano, con gli occhiali spessi, la madre single con i mille lavori e la provincia a stelle e strisce a fare da sfondo. 

Che tutto ciò che racconta King sia vero o meno, poco importa, lui lo racconta da Dio, come sa fare. E a questi aneddoti si aggiungono, intrecciano, accompagnano, consigli per il mestiere di scrivere. Semplici ma efficaci, utili, preziosi. 

A tutto ciò, l’edizione italiana aggiunge l’ottima prefazione di Loredana Lipperini, che trasmette tutta la sua passione per l’autore e l’argomento. 

Se ti piace scrivere ti consiglio questo libro. Se ti piace Stephen King ti consiglio questo libro. Onestamente te lo consiglierei a prescindere ma lungi da me essere molesta.


* Se vuoi contribuire al mio lavoro, puoi acquistare il libro al mio link di affiliazione Amazon. Per te il prezzo non cambierà ;) https://amzn.to/3zy5UAu

 

I racconti si trovano nel proprio passato. 
Ricordi, esperienze, chiacchiere intorno a un fuoco. 

Tutto resta dentro, macera, fermenta, si impasta nel fango e poi un giorno te lo ritrovi su un foglio, senza neanche averlo previsto.

Hai mai sentito parlare della ruota dell’intreccio di Edgar Wallace? 
The Plot Wheel of Edgar Wallace? 

Edgar Wallace era un autore americano che durante gli anni ’20, 1920 naturalmente, inventò questa ruota dell’intreccio, allo scopo di superare il cosiddetto blocco dello scrittore ogni volta che ne fosse stato colpito. O, più semplicemente, allo scopo di avere nuove idee senza la fatica di pensarle da solo. 

Una ruota di cartone, presumibilmente, divisa in diversi spicchi e, in ogni spicchio, era scritto un evento in grado di smuovere una trama. Dalle cose più banali, per dire, “Un personaggio riceve una visita da un suo vecchio amore”, a quelle più originali e drammatiche, come “Un personaggio ritorna dal regno dei morti”. 

Con una trovata del genere si possono scrivere capolavori? 
Onestamente ne dubito. 

Ma nello spirito del “non si butta via niente”, la ruota può essere comunque utile per giocare, avere idee originali o, comunque, esercitarsi un po’ nella scrittura. 

Se non hai voglia di metterti lì a fare una vera e propria ruota, ti consiglio di prendere un contenitore e infilarci dentro 30, 40 o anche 50 bigliettini. Su ogni biglietto, precedentemente, dovrai aver scritto un evento particolare in grado di far smuovere una trama: “arriva una brutta notizia tramite una telefonata”, “il protagonista trova un oggetto molto prezioso”, e così via dicendo. 

Quando avrai voglia di giocare un po' o sgranchirti i neuroni, ti sarà sufficiente metterti alla scrivania e iniziare a scrivere una storia qualsiasi. Ogni tot minuti – mettiti la sveglia! – estrai un bigliettino e aggiungi l’elemento scritto al racconto. 

Alla fine ne uscirà molto probabilmente qualcosa di folle e insensato. Ma sono sicura che sarà stata comunque un'esperienza interessante, avrai forse trovato stimolanti soluzioni nella scrittura e, chi lo sa, tra tutta quell’insensatezza, anche qualche ottima idea. 

 Buona scrittura!

Ti piace scrivere e vuoi migliorare la tua scrittura? 
Oggi ho un consiglio per te, molto facile da seguire, subito applicabile. 

Se vuoi migliorare la tua scrittura, elimina dal tuo vocabolario le parole piedipiatti e strizzacervelli. Sono parole che non appartengono all’uso quotidiano italiano. Derivano dagli adattamenti cinematografici dei film americani. Sono riconoscibili, ne conosciamo perfettamente il significato ma non le usiamo mai. Quindi perché mai dovrebbero usarle i nostri personaggi? 

Un personaggio italiano di una storia ambientata in Italia non dovrebbe pronunciare queste parole, se lo fa è poco credibile e la scrittura stessa suona come adolescenziale se non, addirittura, infantile. La qualità generale del testo cade a picco. 

Per evitare che ciò accada la soluzione è semplice: cancella dal tuo vocabolario le parole piedipiatti e strizzacervelli.

Si può trovare ispirazione da ogni cosa anche dagli atti più quotidiani, come quello di portare a spasso il proprio cane.

Ed è proprio in un'occasione del genere che ho pensato a un nuovo esercizio di scrittura. Semplice semplice.

Racconta una passeggiata per la città ma raccontala dal punto di vista di un cane. 
E, nel farlo, ricorda due particolari importanti:

  • I cani sono più bassi degli uomini, quindi il loro punto di vista lo è altrettanto
  • I cani esplorano il mondo soprattutto con l'olfatto.
È tutto chiaro?

Buon divertimento e buona scrittura!

Ti piace scrivere e vuoi migliorare la tua scrittura? 
Oggi ho un consiglio per te: cura il tuo vocabolario. 

Le parole sono la base della scrittura. Se vuoi raccontare una bella storia hai bisogno di avere a disposizione più parole possibili, quindi devi curare il tuo vocabolario. 

Come fare? 

Leggendo. Ovviamente. 
Leggi libri, leggi riviste, leggi quotidiani. 

Ascoltando. Ascolta podcast, ascolta le persone attorno a te, ascolta i dialoghi nelle serie, ascolta ciò che viene detto in tv. 

E prendi appunti. 
Segnati le parole che conosci ma usi poco e segnati le parole nuove, che fino a quel momento non conoscevi, cercane il significato e falle entrare nel tuo vocabolario. 

Quando questo piccolo tesoretto di parole inizia a prendere forma, comincia a utilizzarle. 
Scrivi un racconto breve in cui è inserita una parola che conosci ma che usi poco. 
E scrivine un altro dove inserisci una delle parole nuove, di cui hai da poco imparato il significato. 

In questo modo eserciterai la tua scrittura, migliorerai il tuo vocabolario e avrai nuovi spunti creativi. 

Buona scrittura!

Ti piace scrivere e vuoi un consiglio su come migliorare la tua scrittura? 
Ecco il secondo consiglio per te: scrivi! 

Sembra banale ma non lo è. 

Scrivi. Scrivi tutti i giorni. Scrivi e riscrivi. 

Non ore e ore al giorno, non ce la faresti mai, a meno che tu non sia un professionista, non ne avresti il tempo né l’energia. Ma scrivi almeno 10 minuti al giorno o un quarto d’ora. 
Non lasciare che quell’idea fantastica che hai in testa rimanga là, perché la dimenticherai, perderà valore, perderà potenza e non riuscirà mai a diventare davvero una storia. 

Perché una storia sia tale deve passare dalla tua testa alla carta o dalla tua testa al computer. 

Scrivi tutti i giorni un po’ al giorno. 

Non ti preoccupare di quello che scriverai. 
Scriverai epiche schifezze, capiterà spesso, anche i più grandi a casa hanno scatoloni pieni di brutti racconti, è normale, fa parte del processo creativo, fa parte del percorso. 

Scrivi!

Ti piace scrivere e vuoi un consiglio su come migliorare la tua scrittura? 
Il primo consiglio che ti posso dare, il più ovvio, è: leggi! 

Leggi i classici, leggi gli autori contemporanei. 
Sii curioso, sii ingorda, non leggere solo i best seller ma cerca anche nelle piccole case editrici, tra gli autori meno conosciuti. 

E non sono solo io a dirlo, lo dicono anche i grandi. 
Jane Austen consigliò a sua nipote, che voleva darsi alla scrittura, di iniziare a leggere, leggere tanto. E anche Stephen King, nel suo libro dedicato alla scrittura “On writing”, afferma di leggere circa un’ottantina di titoli all’anno e si rimprovera di essere persino un po’ pigro. Non ti consiglio ovviamente di raggiungere certi numeri ma leggi, cerca sempre nuovi stimoli, questo ti permetterà di migliorare te e soprattutto la tua scrittura. 

Io diffido di chi scrive ma non legge. Esattamente come diffido dei musicisti che non ascoltano la musica altrui.


La settimana scorsa ho dedicato un reel a un esempio di ottima scrittura televisiva (il settimo episodio della quarta stagione di Stranger Things), oggi invece voglio portare un esempio di pessima scrittura televisiva: l’ultimo episodio di How I Met Your Mother.

Attenzione, spoiler!

Nessuno stupore, questo finale di serie è tra i più criticati e odiati di tutti i finali di serie, ma perché? 

No, non dipende dal fatto che uno possa affezionarsi o tifare per una coppia o per un’altra e quindi rimanere deluso dal risultato finale. Questa spiegazione è superficiale e, onestamente, troppo benevola nei confronti dei responsabili. 

L’odio della maggior parte dei fan per questo finale dipende in realtà dal fatto che, i suddetti responsabili, si siano macchiati di uno dei più ingenui e evidenti errori che si possano fare nella scrittura creativa. 

Ma partiamo dall’inizio. HIMYM vide la luce sugli schermi di tutto il mondo nel 2005 e, all’epoca, Craig Thomas e Carter Bays, co-creatore e showrunner della serie, avevano già ben chiaro come le vicende sarebbero andate a finire, quale fosse il senso del racconto di Ted ai suoi figli. E, infatti, le prime stagioni puntavano a quello: a Robin e Ted insieme, alla fine, in qualche modo. 
La “madre” del titolo era da definire ma la coppia finale no. 

Le cose, però, evidentemente non sono andate come previsto, il successo della serie ha portato ad aumentare il numero delle stagioni (in tutto 9) e la bravura di Neil Patrick Harris ha fatto crescere sempre di più il suo personaggio, diventato di stagione in stagione più centrale nelle vicende e, a modo suo, maturo. 

Capita spesso e chi scrive lo sa – che si stia scrivendo una serie di successo o un romanzo che non lascerà mai la nostra cameretta – che i personaggi prendano il sopravvento e le vicende conducano lungo vie inaspettate. Capita e non c’è niente di male anzi, onestamente, è uno degli aspetti più affascinanti della scrittura. 

Nel caso di HIMYM, la storia si è allungata. Ted, personaggio inconsistente, è diventato sempre più marginale mentre Barney e Robin e la di loro storia hanno preso il sopravvento. Pazzesco! 

Ecco, non così pazzesco quanto il fatto che creatore, showrunner e compagnia cantante si siano messi a tavolino a scrivere l’ultima puntata e, muti e sordi di fronte a tutto ciò che era stato il loro lavoro – a tratti egregio – fino a quel momento, abbiano riportato il tutto alla loro idea iniziale, azzerando, senza giustificazioni accettabili, quello che era stato lo sviluppo della trama e soprattutto dei personaggi fino a quel momento. 

Un errore frutto della spocchia e dell’inspiegabile innamoramento di un’idea che ormai non funzionava più. 

Non c’è bisogno di essere uno scrittore o un esperto di scrittura creativa per rendersene conto e, infatti, è per questo motivo che la maggior parte del pubblico ha bocciato questo finale. Perché stride, non è coerente con il resto del racconto. Un racconto che, fino a quel momento, si era fatto amare. 

Non innamoratevi delle vostre idee, amate la scrittura e i luoghi inaspettati dove vi conduce. 
E, anzi, già che ci siamo, ora fate un esercizio e scrivete il vostro finale di How I Met Your Mother. Sarà sicuramente migliore di quello originale. 

Buona scrittura!

Io non lo so se sia una storia vera, l'ho trovata ripetuta in diversi siti online ma, ovviamente, potrebbe essere un'invenzione che, col passare del tempo, ha preso le sembianze della verità. 

Ora ve la racconto e sarete voi a decidere se crederci o meno. 

Innanzitutto, ve lo ricordate Indovina Chi? 
Quel gioco degli anni 80' che spopolava ovunque. Le facce dei personaggi erano conosciute da tutti, come il fatto che, se ti capitava una donna o un tizio senza capelli, non c'era possibilità alcuna che tu vincessi la partita. 

Ecco, sembrerebbe che a ideare questo gioco sia stata una coppia: Ora e Theo Coster. 
Lei, Ora, era molto brava a disegnare e, infatti, si occupò della grafica dei personaggi. 
Ora, tra le altre cose, per arrotondare collaborava con la polizia, facendo identikit di ricercati. E qua entriamo nella leggenda. Parrebbe, infatti, che, per sfornare i 24 personaggi del gioco, abbia preso a modello la realtà, partendo proprio dai ricercati. Quindi, tra quelle faccette, tra quei cappellini e quegli sguardi depressi si nasconderebbero delinquenti ma anche poliziotti e figure di spicco della comunità.

In pratica, a guardarli bene, i 24 soggetti sarebbero persone vere, con storie vere, alcune anche drammatiche. Ed è da questo che ho avuto l'idea per un nuovo esercizio di scrittura. Una nuova ispirazione per inventare una storia.

Qua in foto trovi alcuni dei personaggi più iconici e a questo link tutti gli altri. 

Tom, Robert, Claire, Anita. Scegli uno di loro e scrivi la sua storia. Vittima o carnefice, detective o sindaco, trasformati in biografo e racconta la storia che si nasconde dietro un'innocua caricatura.
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