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Ci sono diversi manuali di scrittura là fuori. 
E un’innumerevole quantità di autobiografie. 
Ma Stephen King, il grande Stephen King, ha pensato di risparmiare tempo e fatica e di scrivere un libro che raccogliesse entrambe queste tipologie di letteratura: un bio-manuale, lo chiamo io, un’”autobiografia di un mestiere” l’ha chiamata la casa editrice Pickwick. 

“On writing”, questo il titolo dell’opera di King, è un libro dove l’autore americano dà ottimi suggerimenti di scrittura accompagnati dalla sua personale esperienza con quest’ultima. Aneddoti che vanno dall’infanzia alla scuola, passando per il successo di Carrie, alla dipendenza da alcol e droga fino all’incidente che quasi l’uccise. 

Stephen King ha sempre amato parlare di se stesso, rilasciare interviste con storie incredibili, brandelli di verità tra l’autobiografico al fantasy, nella costruzione perfetta della visione dell’autore americano, con gli occhiali spessi, la madre single con i mille lavori e la provincia a stelle e strisce a fare da sfondo. 

Che tutto ciò che racconta King sia vero o meno, poco importa, lui lo racconta da Dio, come sa fare. E a questi aneddoti si aggiungono, intrecciano, accompagnano, consigli per il mestiere di scrivere. Semplici ma efficaci, utili, preziosi. 

A tutto ciò, l’edizione italiana aggiunge l’ottima prefazione di Loredana Lipperini, che trasmette tutta la sua passione per l’autore e l’argomento. 

Se ti piace scrivere ti consiglio questo libro. Se ti piace Stephen King ti consiglio questo libro. Onestamente te lo consiglierei a prescindere ma lungi da me essere molesta.


* Se vuoi contribuire al mio lavoro, puoi acquistare il libro al mio link di affiliazione Amazon. Per te il prezzo non cambierà ;) https://amzn.to/3zy5UAu

 

I racconti si trovano nel proprio passato. 
Ricordi, esperienze, chiacchiere intorno a un fuoco. 

Tutto resta dentro, macera, fermenta, si impasta nel fango e poi un giorno te lo ritrovi su un foglio, senza neanche averlo previsto.

Hai mai sentito parlare della ruota dell’intreccio di Edgar Wallace? 
The Plot Wheel of Edgar Wallace? 

Edgar Wallace era un autore americano che durante gli anni ’20, 1920 naturalmente, inventò questa ruota dell’intreccio, allo scopo di superare il cosiddetto blocco dello scrittore ogni volta che ne fosse stato colpito. O, più semplicemente, allo scopo di avere nuove idee senza la fatica di pensarle da solo. 

Una ruota di cartone, presumibilmente, divisa in diversi spicchi e, in ogni spicchio, era scritto un evento in grado di smuovere una trama. Dalle cose più banali, per dire, “Un personaggio riceve una visita da un suo vecchio amore”, a quelle più originali e drammatiche, come “Un personaggio ritorna dal regno dei morti”. 

Con una trovata del genere si possono scrivere capolavori? 
Onestamente ne dubito. 

Ma nello spirito del “non si butta via niente”, la ruota può essere comunque utile per giocare, avere idee originali o, comunque, esercitarsi un po’ nella scrittura. 

Se non hai voglia di metterti lì a fare una vera e propria ruota, ti consiglio di prendere un contenitore e infilarci dentro 30, 40 o anche 50 bigliettini. Su ogni biglietto, precedentemente, dovrai aver scritto un evento particolare in grado di far smuovere una trama: “arriva una brutta notizia tramite una telefonata”, “il protagonista trova un oggetto molto prezioso”, e così via dicendo. 

Quando avrai voglia di giocare un po' o sgranchirti i neuroni, ti sarà sufficiente metterti alla scrivania e iniziare a scrivere una storia qualsiasi. Ogni tot minuti – mettiti la sveglia! – estrai un bigliettino e aggiungi l’elemento scritto al racconto. 

Alla fine ne uscirà molto probabilmente qualcosa di folle e insensato. Ma sono sicura che sarà stata comunque un'esperienza interessante, avrai forse trovato stimolanti soluzioni nella scrittura e, chi lo sa, tra tutta quell’insensatezza, anche qualche ottima idea. 

 Buona scrittura!

Ti piace scrivere e vuoi migliorare la tua scrittura? 
Oggi ho un consiglio per te, molto facile da seguire, subito applicabile. 

Se vuoi migliorare la tua scrittura, elimina dal tuo vocabolario le parole piedipiatti e strizzacervelli. Sono parole che non appartengono all’uso quotidiano italiano. Derivano dagli adattamenti cinematografici dei film americani. Sono riconoscibili, ne conosciamo perfettamente il significato ma non le usiamo mai. Quindi perché mai dovrebbero usarle i nostri personaggi? 

Un personaggio italiano di una storia ambientata in Italia non dovrebbe pronunciare queste parole, se lo fa è poco credibile e la scrittura stessa suona come adolescenziale se non, addirittura, infantile. La qualità generale del testo cade a picco. 

Per evitare che ciò accada la soluzione è semplice: cancella dal tuo vocabolario le parole piedipiatti e strizzacervelli.

Si può trovare ispirazione da ogni cosa anche dagli atti più quotidiani, come quello di portare a spasso il proprio cane.

Ed è proprio in un'occasione del genere che ho pensato a un nuovo esercizio di scrittura. Semplice semplice.

Racconta una passeggiata per la città ma raccontala dal punto di vista di un cane. 
E, nel farlo, ricorda due particolari importanti:

  • I cani sono più bassi degli uomini, quindi il loro punto di vista lo è altrettanto
  • I cani esplorano il mondo soprattutto con l'olfatto.
È tutto chiaro?

Buon divertimento e buona scrittura!

Ciao, 
tu lo sai chi è Giorgio Strehler? 

In questi giorni se n’è parlato molto, quindi ho pensato di fare un breve post per incuriosirti un po’. Farti capire qualcosa sul personaggio, se ancora non lo conosci, e quindi invogliarti a saperne di più. 

Giorgio Strehler
nasce a Trieste (14 agosto 1921) e muore a Lugano (25 dicembre 1997), ma la sua figura è strettamente legata alla città di Milano. 

È un regista teatrale e un direttore artistico e nel 1947, insieme a Paolo Grassi e Nina Vinchi, fonda il Piccolo Teatro di Milano che, a gestione municipale, è il primo teatro pubblico e il primo teatro stabile d’Italia. 

Il Piccolo Teatro nasce per essere un “teatro d’arte per tutti”. 
Cosa significa? 
Significa che nel preparare il cartellone non ci si preoccupa di fare cassa e richiamare il pubblico solo con l’intrattenimento ma l’obiettivo è portare l’arte, l’arte teatrale, l’arte di alto livello a tutti. 
Come si ottiene questo obiettivo? 
Facendo una politica di prezzi calmierati, in modo che tutti (o quasi) si possano permettere di andare a teatro. 

Questa fu una vera e propria rivoluzione di carattere sociale, culturale e teatrale che da Milano si diffuse nel resto della penisola. Attualmente in Italia ci sono circa 17 Teatri Stabili. 

Per questo (e per altri motivi che non tratterò oggi) la figura di Giorgio Strehler è così importante.

Sarebbe il caso di studiarla nelle scuole? 
Sì. 
Succederà a breve? 
Non credo proprio. 

Però se questo mio breve testo ti ha incuriosito e, a questo punto, vorresti saperne di più, ti consiglio un documentario presente su RaiPlay: “Strehler: com’è la notte”. 

Buona visione!
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