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Quanto sono generosa, signori miei!

In questi 10 mesi di Laboratorio – sì, ormai sono quasi 10 mesi – vi ho riempito di doni. Vi ho "regalato" incipit, illustrazioni, situazioni, famiglie intere! Insomma, non vi potete proprio lamentare. E, anche questa volta, non ho badato a spese.

Per il Diciottesimo Esercizio del Laboratorio Condiviso di Scrittura, ho deciso di farvi dono di 7 personaggi. A una sola condizione, però, dovrete usarne almeno 3 nel vostro racconto. Almeno 3. Non devono necessariamente esserci solo loro nella vostra storia, e non devono neanche essere i protagonisti, se non vi va, ma devono essere presenti e riconoscibili, mi raccomando!

Ecco a voi i mie sette doni:

  • il bambino prodigio
  • il musicista disoccupato
  • la ragazza madre
  • la trapezista
  • il contadino col fucile
  • la nonna anaffettiva
  • l'astronauta

Ogni personaggio può essere anche volto al sesso opposto. Mi spiego, potete avere come personaggi anche una bambina prodigio o un ragazzo padre. Come sempre, la libertà di movimento e scelta, non vi mancherà!

Trovate il riassunto di tutte le informazioni utili qua sotto. 
Partecipate numerosi e condividete il post. Perché più siamo e più ci divertiamo!

Tipo di testo: racconto, poesia, monologo, dialogo, quello che vi pare...
Lunghezza testo: dagli 800 agli 8000 caratteri.
Email: janecole@live.it.
Oggetto: laboratorio condiviso di scrittura.
Specificare nel testo dell’email se volete restare anonimi o meno, se volete essere taggati (su FB) o meno.
Scadenza per far pervenire il testo: domenica 1 novembre 2020, ore 12.

Volete leggere tutti i Racconti nati da questo esercizio? Li trovate qui.
Questa settimana il Laboratorio Condiviso di Scrittura è tutto una Favola!
O Fiaba? 
Vabbè ci siamo capiti.

Pubblico questo post con un paio di giorni di ritardo, ma voi non perdete tempo e leggete le splendide storie che hanno inventato i partecipanti. Quattro racconti per tre fiabe, nuovi aspetti per storie vecchie che, sono sicura, riconoscerete al volo.

Il mio racconto che, come sempre, è in coda a tutti gli altri, è un vecchio pezzo che faccio e rifaccio, edito e riedito fino a quando, prima o poi, sarà completamente come vorrò io. Ma lasciamo perdere le mie miserie e il mio perfido censore interno, è ora di ringraziare tutti i volenterosi e creativi partecipanti e, come ogni volta, di augurare buona lettura a tutti gli altri!



La sigaretta lasciata sull’angolo del comodino rilasciava volute di fumo azzurrognolo permeando l’aria della piccola camera da letto di un odore acre di tabacco bruciato misto al legno del comodino, la lampada da notte era accesa dando alla camera da letto un’atmosfera intima e confortevole. 

Il lupo però non si sentiva a suo agio; si rigirava nel letto senza riuscire a trovare una posizione comoda e come se non bastasse la vestaglia era stretta e la flanella gli procurava un pizzicore insopportabile. Grattarsi era fuori discussione, le unghie avrebbero stracciato la vestaglia rovinando così la sua copertura. 

Il lupo si rigirò un’altra volta nel letto ed esclamò a voce bassa: “Ma chi me l’ha fatto fare, dico io?”. La sigaretta cadde dal suo angolo e cominciò a bruciacchiare il tappeto. Il lupo la raccolse e diede una lunga boccata. Mentre soffiava via il fumo, si ritrovò a pensare alla sua condizione: “Non dovrei fumare dopo aver mangiato così tanto; come se non bastasse dovrei ben saperlo che mangiare le nonne mi procura acidità di stomaco e le sigarette non aiutano a farmelo passare, anzi. D’altro canto nella foresta il cibo scarseggia, vuoi per il disboscamento dovuto agli umani, vuoi perché, tra inquinamento e piogge acide, le mie prede preferite sono praticamente scomparse e mi tocca arrangiarmi. Certo, gli umani sono buoni, hanno un delizioso sapore di coniglio anche se leggermente più dolce, ma sono difficili da prendere e mi tocca inventarmi questi travestimenti. Senza contare i cacciatori che, oltre a rubarmi le prede, cercano anche di spararmi appena possono come se fossi un invasore del loro territorio. Sono loro che invadono il mio, maledizione!” 

Un moto di stizza gli fece spegnere la sigaretta sul tappeto, ripensando ai cacciatori: “Ed il peggiore di tutti è quel dannato cacciatore che cerca noi lupi. Ormai siamo rimasti in pochi ad essere sopravvissuti alla sua furia. Il branco si è disperso ed ogni giorno sento i suoi spari che uccidono uno di noi. La settimana scorsa è toccato al grigio, il più anziano di noi. Se ne stava lì bel bello a sgranocchiarsi un daino quando all’improvviso PUM! E addio al grigio. Dovremmo organizzarci in un nuovo branco e cominciare a dare noi la caccia al cacciatore, altroché!” 

La cuffietta cominciò a surriscaldare la testa del lupo, che provò a grattarsi facendola cadere. La rimise al suo posto lasciando scoperte le lunghe orecchie pelose: “Ecco, così va meglio. Le orecchie le lascio fuori, tanto quella bambina è così idiota che non se ne accorgerà nemmeno. Incontrarla nel bosco è stato un colpo di fortuna. Una bambina così ingenua da rasentare l’idiozia è raro trovarne. Una ragazzina carina, coi suoi enormi occhi azzurri, il cestino col cibo coperto da un telo di lino da cui si sprigionava un delizioso profumo di focaccine con formaggio e speck e quel ridicolo cappuccio di colore rosso che le avvolgeva la testa. Certo, avrei potuto mangiarmela lì sul posto in un boccone, ma ho pensato che forse poteva portarmi ad altri umani da poter mangiare comodamente, così attaccai bottone”. 

Un terrificante sogghigno uscì dal profondo del petto del lupo che ripensava a quanto fosse stato facile abbordare la ragazzina: “L’educazione apre un sacco di porte e non è stato difficile farmi dire chi era e cosa stava facendo. Ma che razza di nome è Cappuccetto Rosso? Chiamare una bambina col nome del suo indumento preferito è una vera cattiveria da parte dei suoi genitori. E se avesse preferito gli stivali? L’avrebbero chiamata Galosce Verdi? Pazzesco. Comunque è stato facile farmi dire chi era e che stava andando dalla nonna a portarle il pranzo. Da lì la trovata: anticiparla a casa della nonna, mangiarmela, travestirmi da lei ed aspettare con pazienza che la piccola idiota bussi alla porta. Voilà, primo e secondo! Solo non mi aspettavo che ci mettesse tanto tempo, spero solo che non sia stata mangiata da qualcun altro, meno male che ho trovato questo pacchetto di sigarette, a riprova del fatto che anche le persone più insospettabili nascondono dei segreti. Se trovassi anche del whisky sarebbe perfetto”. 

Il lupo si alzò e cominciò a frugare nella dispensa, in cerca della bottiglia. Aprendo un armadietto in fondo alla cucina trovò una collezione di alcolici pregiati: “Uh, guarda qui! Whisky delle isole, rum caraibico, addirittura della vodka russa e del saké giapponese! Li userò per digerire la piccola”. 

Tre timidi colpi alla porta lo scossero dai suoi pensieri: “Ci siamo, si va in scena. Anzi, si va in cena. Per fortuna ho ancora senso dell’umorismo”. Si aggiustò la cuffietta, si rassettò la vestaglia ed andò ad aprire la porta.

Beppe Carta





C'ero una volta, io, la scarpina di Cenerentola 
Siete curiosi miei piccoli lettori?! 
Bene, allora vi narrerò come diventai la protagonista di una delle fiabe più famose al mondo 
Tutto ebbe inizio un bel giorno di primavera 

"oh che bella giornata, ho proprio voglia di una bella zuppa di funghi " disse la fata madrina mettendosi il cappello e prendendo la cesta sotto braccio 
Così uscì di casa allegra e canticchiante e si inoltro' nel bosco fino ad arrivare nella radura che solo lei conosceva e iniziò a raccogliere i funghi 
All'improvviso il cielo si fece scuro e si mise a piovere 
Si sa, in primavera un'acquazzone è sempre in agguato
"ecco, l'unico giorno che non prendo l'ombrello si mette a piovere, ma che sfortuna, per dindirindina" Così iniziò a correre fino a che non inciampò su un ramo caduto dall'albero e batté la testa 
"ohi ohi che botta" disse scrollando la testa 
Si guardò intorno e vide una cesta vuota con tanti funghi sparpagliati intorno 
"oh ma che fortuna! Se non fossi inciampata non avrei mai trovato questi deliziosi funghi e guarda che meraviglia di cesta, ne ho una uguale da qualche parte" 
Raccolse tutto e felice come una pasqua andò a casa a prepararsi un soufflé (la botta era più forte del previsto) 
Ad un certo punto una voce rotta dal pianto giunse alle sue orecchie 
"fata madrinaaaa, fata madrinaaaa, dove seiiii?! 
Perché sono così sfortunata?!" 
Per farla breve saltiamo un po di storia che tanto la conoscete tutti e arriviamo direttamente a Cenerentola già agghindata con trucco, parrucco e abito bellissimo 
Topolini trasformati in cavalli e zucca in carrozza 
Cenerentola felice ascoltò la raccomandazione di tornare entro mezzanotte, alzò leggermente il vestito
per salire in carrozza e inorridita vide 
che ai piedi anziché delle eleganti scarpine da ballo aveva delle orribili ciabatte rosa di peluche 
Le due donne si guardano negli occhi e iniziarono a ridere come due sciocchine 
"scusa Cenerentola, deve essere stata la botta in testa, rimedio subito" 
Alzo la bacchetta magica e formulò l'incantesimo 
BIMBIRIBAMBIRIBU' e opla'...moon boot?! 
BIMBIRIBAMBIRIBU' e 
opla'...stivali da cavallerizza?! 
BIMBIRIBAMBIRIBU' e 
opla'...zoccoli di legno?! 
Al decimo tentativo arrivai io, la scarpina di cristallo destra e mia sorella, la scarpina di cristallo sinistra
Fata madrina esausta voleva riprovare ma Cenerentola la fermò 
"Ah madri' s'è fatta una certa, io vado che è tardi, almeno un ballo me vuoi far fare?! 
Queste scarpe vanno bene, sono un po' rigide ma non vorrei che al prossimo tentativo appaiono gli scarponi degli alpini" 
Così salì sulla carrozza e andò alla festa 
Il finale lo sapete...sposò il principe azzurro e vissero tutti felici e contenti 
E la fata madrina, mi domanderete...?! 
Ebbene smise di andar per funghi e coltivò patate nell'orticello davanti casa.

Antonella Carta



È proprio vero che nella vita si dà per scontato ciò che in definitiva scontato non è. 
Solo adesso posso dire che ero veramente felice, ma non ne ero per niente consapevole: mi svegliavo ogni giorno accanto a te. 

Sono passate poco più di 12 ore da quando quella irresponsabile di Cenerentola mi ha perso ed io, mia metà della mela o, per essere precisi, mia parte complementare del paio, sono senza di te. 

Dicono che niente dura in eterno, ma quella svampita della Fata Madrina mi ha trasformato in Cristallo, una materia così ordinata, così strutturata, brillante, invincibile, che potrebbe durare anche per sempre.
Eppure io mi sento così spersa, così fragile. Senza di te. 

Preferivo di gran lunga essere fatta di tela, fatta di trama e di ordito, piena di animaletti di ogni genere, vecchia e sfilacciata, tanto che ogni giorno sapevamo che poteva essere l’ultimo. Ma ero accanto a te.

Come quando la mamma di quella Cenerentola smorfiosa ci ha scelte e, girando per la città, lavorando sodo, calzavamo quei piedini dolci e cari. Tutto insieme a te. 

Ora sto volando, ti ho sentita, so che sei vicina. 
Sono fuggita da quel cuscino insidioso che stamani mi ha portato in centinaia di case, per tutta la città a toccare, povere la mia tomaia e la mia soletta, piedi che voi altri potete solo immaginare. 

Ma ora ti sento, so che sei vicina, e non mi interessa più niente, dovessi cadere so che mi hai sentito anche te, dalla tasca della smorfiosa irresponsabile. 
E voglio che tutto il mondo ci senta. Perché non ti ho mai detto che ti amo.

Marianna Palmerini



I vestiti paiettati scivolano languidi e sensuali sui manichini rachitici e scoliotici della boutique. Nessun corpo vero di donna sarebbe in grado di indossarli, non sono fatti per contenere fianchi femminili o un accenno di timido seno. Possono vestire solo una dodicenne androgina, con i fianchi stretti, niente vita e due prugne secche al posto delle tette. 

Grimilde si specchia nella vetrina, conta le rughe intorno agli occhi e controlla il turgore delle labbra. L'immagine restituita dal vetro non le piace, troppo stanca e anonima. Sta velocemente sfiorendo, ormai non è più una ragazzina: ha già 27 anni suonati. Praticamente una vecchia. Neanche la bocca tutta nuova, regalatele dalla mamma per il suo compleanno, è sufficiente a migliorare l'insieme. Neanche la crema anti età presa di contrabbando su internet, fatta con il grasso di foca, gli incisivi di panda ed il sangue di vergine, sembra bastare più. Neanche il naso rifatto con i primi stipendi la convince. Forse dovrebbe operarsi un'altra volta. Pacchetto completo, naso e zigomi, magari da quel chirurgo famoso che va sempre in tv. 

I corridoi del centro commerciale sono pieni di ragazzine. Grimilde se le vede passare accanto, chiassose ed allegre, tutte uguali con i loro caschetti lucidi e le bocche a cuore. Non hanno neanche quindici anni ma gli uomini le guardano rapiti con la pupilla dilatata ed il battito accelerato. Le ammirano, le desiderano, le inseguono. Lei odia la loro pelle di porcellana, i loro seni alti ed i fianchi stretti. Farebbe qualsiasi cosa per poter essere di nuovo così giovane e fresca, ingoierebbe qualsiasi pillola, snifferebbe qualsiasi polvere, berrebbe qualsiasi pozione. 

Oppure, se potesse, cancellerebbe tutte queste lolite dalla faccia della terra. Una ad una. Le irretirebbe con frutti deliziosi e poi, carpitane la fiducia, strapperebbe loro il cuore per custodirlo in decine, centinaia, migliaia di scrigni preziosi, nascosti accuratamente nella sua immensa cabina armadio. E allora, solo allora, Grimilde potrebbe tornare a sentirsi "la più bella del reame". 

Peccato che tutto ciò sia solo un dolce sogno, bello come una favola ma altrettanto irraggiungibile. Per consolarsi e cercare di risollevare lo spirito, la nostra ventisettenne, mai abbastanza giovane e bella, non può far altro che dedicare il week end esclusivamente a se stessa ed al proprio benessere. Quarantotto ore tra pilates, spinning, hamman, scrub, ricostruzione unghie, trucco permanente e botulino. Ma, prima di ogni altra cosa, deve fare la sua purga giornaliera. 
Grimilde, purtroppo, non è mai stata capace di vomitare a comando. E quindi si arrangia come può.

Jane Pancrazia Cole

Vi sono piaciuti i nostri racconti? E allora cosa aspettate? Condividete!
Lily Collins nei panni di Emily

Darren Star
, padre – tra le altre cose – di Sex and the City, un giorno andò dal signor Netflix e gli disse: "Signor Netflix, facciamo una serie americana, ambientata a Parigi, con tutti i peggiori cliché che ci vengono in mente?"
E il signor Netflix gli rispose: "Ma certo, che ideona!"

Ed e così che adesso abbiamo Emily in Paris, con Lily Collins – figlia del buon Phil – che va in Francia a insegnare ai francesi come si sta al mondo. Perché loro, si sa, sono tutti stronzi, pigri, non si lavano mai e, durante la guerra, invece di combattere facevano all'ammmore.
Il pubblico francese, per la cronaca, si è incazzato, ma chissà come mai?

Lo confesso ho visto Emily in Paris e mi ha intrattenuta con leggerezza. Ma bisogna dire le cose come stanno: posso anche nutrirmi di junk food con lussuria ma il cibo buono è un'altra cosa! 

Questa serie è una poracciata, un Sex and the City che non ci ha creduto abbastanza, un Gossip Girl con 10 anni di ritardo! Parigi e la cultura francese vengono descritte da un superficialissimo punto di vista americano. Parigi è stereotipata e il punto di vista americano pure. Col risultato che i parigini risultano stronzi e l'americana orgogliosamente chiusa nel proprio provincialismo. Ovvio che i francesi si siano offesi, emblematico che non l'abbiano fatto anche gli americani.

Avrebbero potuto fare qualcosa di meglio ma evidentemente agli ideatori sarebbe costata troppa fatica: meglio raccontare quello che gli americani senza passaporto (il loro pubblico di riferimento) si aspettano, non quello che è o potrebbe essere. 

Una delle protagoniste dice, ad Emily, una cosa tipo "Usi la città come il tuo parco giochi personale", ed è proprio vero. Emily la Parigi vera non la conosce, non la frequenta, vive là per mesi ma ha sempre l'atteggiamento della turista  appena atterrata al Charles de Gaulle. Lei non fa mai parte della città, non le interessa, presa com'è dal rifiutarsi di capire una cultura un po' diversa dalla sua. Solo un po' diversa, tra l'altro, non è andata da Chicago su Marte, è solo a Parigi, ma neanche riesce a contare i piani del palazzo dove abita! 

Inoltre, di fatto, è una Mary Sue qualunque, un personaggio senza profondità ma con i superpoteri: è brava in tutto, le riesce tutto, le sue idee variano dal banale al pessimo ma il risultato finale è sempre un successo clamoroso. Per costruire una Mary Sue qualunque basta uno scrittore di fan fiction su Internet, non c'è mica bisogno di uno sceneggiatore. Per capirci, da uno sceneggiatore mi aspetto molto di più, esigo molto di più.

Insomma, avrei preferito qualche cappellino in meno e un (bel) po' di attenzione alla scrittura in più.

Signore e signori, è finalmente giunto il momento di uno dei più classici tra gli esercizi dei Laboratori di Scrittura Creativa: l'esercizio dedicato al punto di vista, per gli amici, "La Favola".

Ogni punto di vista è in grado di raccontare una storia diversa, succede nella realtà come nella letteratura. 
Alcune storie, le più famose, che tutti conosciamo, appaiono immutabili, scritte nella pietra. Ma se cambiassimo il punto di vista con cui le raccontiamo? Allora, probabilmente, cambierebbero esse stesse.

Scegliete una favola, una fiaba o un racconto universalmente noto (tipo Pinocchio, Peter Pan o Alice, per intenderci) e raccontatelo da un punto di vista insolito: il lupo, la matrigna, la Volpe, scegliete voi. Non dovete necessariamente riscrivere l'intera vicenda, basta uno spaccato, una scena, qualcosa che sia in grado di raccontarci una storia, che già conosciamo, in un modo completamente nuovo.

Questo tipo di esercizio è talmente un classico che la Disney ci ha fatto i milioni con Maleficent! 

No, cioè, volevo dire, questo tipo di esercizio è talmente un classico che su questo blog c'è già una mia versione, scritta molti anni fa, durante un laboratorio che seguivo da allieva. Siete curiosi? Ecco il link "A mille ce n'è nel mio cuore di fiabe da narrar...". Aspettate, aspettate, prima di andare a vederlo, però, segnatevi tutto ciò che c'è da sapere per questo nuovo esercizio e partecipate, mi raccomando, numerosi!

Tipo di testo: racconto, poesia, monologo, dialogo, quello che vi pare... 
Lunghezza testo: dagli 800 agli 8000 caratteri. 
Email: janecole@live.it. 
Oggetto: laboratorio condiviso di scrittura. 
Specificare nel testo dell’email se volete restare anonimi o meno, se volete essere taggati (su FB) o meno. 
Scadenza per far pervenire il testo: domenica 18 ottobre 2020, ore 12. 

Volete leggere i Racconti nati da questo esercizio? Li trovate qui.
Allora, diciamo subito la verità, non è che il Sedicesimo Esercizio del Laboratorio Condiviso di Scrittura abbia proprio scatenato il vostro interesse. Nella mia email c'è l'eco e a rispondere all'appello ci ha pensato solo Beppe, un vero e proprio veterano di questa avventura. Grazie Beppe, cosa farei senza di te?

E, vabbè, speriamo che il prossimo esercizio (che pubblicherò domani sempre su queste pagine) v'ispiri di più. Intanto eccovi le straordinarie biografie di alcuni straordinari supereroi. E, per quanto vale, secondo me questo era un esercizio spassosissimo, non sapete che vi siete persi! 'tsk!

Il bancone era di nuovo lucido e pulito dopo l’ora di pranzo. L’orologio sopra il juke box segnava le 15.33. Era il momento di rilassarmi tra la ressa del pranzo e gli avventori serali. 

La porta di ingresso si aprì con il suo tipico cigolio che non sono mai riuscito a sistemare. Entrò un tizio alto, con un bel cappello che mi parve un Borsalino, una coda di capelli grigi che spuntava da sotto il cappello, con gli occhiali da vista che sembravano essere pezzi di vetro, forse era soltanto un po’ vanitoso. Un lungo impermeabile copriva i vestiti e nascondeva la sua fisionomia, ma era sicuramente molto magro. Si sedette al bancone e ordinò una birra. Il suo viso era stanco, tirato. 


Mentre preparavo la birra sentii che stava arrivando una lunga chiacchierata ed esordii: “io sono Mike, i 
miei genitori amavano Mike Bongiorno e mi è rimasto addosso questo nome” 
Finalmente un accenno di sorriso: “io sono Andrea”. 
Mentre appoggiai la birra davanti a lui decisi di rompere il ghiaccio: “allora Andrea, cosa ti porta in questa parte della città?”

Il mio non è certamente uno di quei bar eleganti del centro; è piuttosto un pub di periferia con i mobili in legno scuro, sgabelli davanti al banco ed un biliardo in una piccola stanza laterale. 
“Un posto vale l’altro, camminavo senza meta e mi è venuta sete. Mi piace, qui. Caldo e intimo come piace a me.” 
Mentre beveva la sua birra colsi l’occasione di guardarlo meglio. Era indubbiamente anziano, ma c’erano dei dettagli che non erano tipici delle persone di una certa età. I movimenti erano fluidi, e lo sguardo era lucido e attento. Ribadii: “qualche volta piace anche a me perdermi per la città”. 
Mi guardò incuriosito: “io non amo camminare, ma da un po’ di tempo a questa parte ne sento il bisogno. Camminare e parlare con un barista sconosciuto che forse vuole ascoltare una storia”. 
Ecco, il momento che aspettavo. Presi uno sgabello e lo spostai dietro al bancone. Mi sedetti e lo guardai dritto in faccia: “sono tutto orecchie”. 
Andrea aprii leggermente l’impermeabile e cominciò a raccontare: “io sono di qui, sono nato e cresciuto non lontano da questo bar. Facevo parte di un gruppo di amici cresciuti insieme fin dall’asilo. Gigi, Mario, Andrea ed il sottoscritto. Ci chiamavano Andrea alto ed Andrea basso per distinguerci. Tutti gli altri ci chiamavano gli Andrea scemi. Non eravamo molto popolari”. 
“I ragazzi riescono ad essere crudeli, tante volte”, risposi tentando di consolarlo in qualche modo. 
“Vero, ma Andrea ed io non ce ne curavamo più di tanto, ci bastavamo ed andava bene così. Gigi e Mario li perdemmo di vista alle medie. Andavamo bene a scuola, i nostri genitori erano contenti e ci lasciavano in pace. Poi, un giorno, quando avevamo circa quattordici anni, accadde”. 
La mia curiosità prese il sopravvento: “cosa accadde?” 
“Eravamo nella mia stanza ed avevamo letto di Uri Geller, l’illusionista che piegava i metalli, così decidemmo che ci avremmo provato anche noi. Presi due cucchiai dalla cucina e cominciammo a fissarli con grande concentrazione. Non successe nulla. Ma mentre ero intento a cercare di piegare il cucchiaio notai che tutti gli orologi della stanza si erano fermati. Tutti, anche il timex che avevo al polso e che mi avevano regalato i miei genitori per la Cresima. Anche l’orologio digitale del videoregistratore si era fermato, segnava esattamente le 15.48. Andrea era ancora intento a fissare il suo cucchiaio ed all’improvviso gli orologi cominciarono a camminare all’indietro. La lancetta dei secondi del mio timex si spostò prima lentamente, poi sempre più veloce. All’improvviso si fermò, l’orologio segnava le 15.38. Andrea si scosse, battè le palpebre un paio di volte e si rese conto di quello che era successo. Fu un vero shock, andammo in cucina e chiedemmo alla madre di Andrea l’ora esatta. Erano le 15.38 anche lì. Dopo quell’episodio cercammo di capire e controllare quello che successe. Andrea divenne sempre più bravo a far arretrare il tempo a piacimento, senza sforzo apparente. Sfruttammo immediatamente l’occasione, per avere la possibilità di finire i compiti in classe o per anticipare le domande nel corso delle interrogazioni: bastava sentire la domanda, tornare indietro di dieci minuti e dare la risposta. I nostri voti, già abbastanza buoni, decollarono”, un sorriso di divertimento misto a nostalgia comparve sul suo volto. “Verso la fine delle superiori accadde un secondo evento: eravamo in ritardo come al solito per prendere l’autobus – era curioso come una persona in grado di far arretrare il tempo fosse sempre in ritardo – e mentre camminavamo verso la fermata lo vedemmo arrivare. Sapevamo che non ce l’avremmo mai fatta a prenderlo, ma ci mettemmo lo stesso a correre. D’un tratto sentii una forte folata di vento, una specie di scoppio ed Andrea era là, davanti alla fermata, con un grande sorriso e lo sguardo attonito e sconvolto. Passammo i giorni successivi a capire come si poteva provocare il fenomeno nei campi intorno alla città. Dopo un po’ di tempo riuscimmo a controllare anche questo: il teletrasporto verso punti sempre più lontani e la capacità di far arretrare il tempo. L’estate dopo il diploma Andrea viaggiò molto: ricevetti cartoline dai punti più disparati ma era sempre a casa per cena. Stava cominciando a prenderci gusto, ma si rese subito conto che non poteva continuare ad usare i suoi poteri per andare in giro per il mondo senza aereo, sapeva che i suoi poteri dovevano essere usati per migliorarlo, questo mondo” 

Mi intromisi nella sua esposizione: “certo, poteva impedire che le cose succedessero quando erano già successe. Gli bastava recarsi sul posto, tornare indietro di dieci minuti ed impedire che accadessero”, gli dissi mentre versavo la seconda birra. 

“Esatto, e così fece: sventò la maggior parte degli attentati in tutto il mondo e la gente non lo seppe mai perché non era mai successo; nessuno seppe mai chi era stato per lo stesso motivo. Ma presto scoprì che il suo più grande alleato era anche il suo peggior nemico: il tempo. Il teletrasporto ed il controllo del tempo avevano un alto prezzo da pagare, il suo stesso corpo cominciò a presentare il conto. Dopo alcuni anni cominciarono a comparire i primi capelli bianchi, le prime rughe; a venticinque anni ne dimostrava più di quaranta. Ora ne ha trentasette”. 

Così dicendo si tolse l’impermeabile e davanti a me si mostrò un uomo anziano, curvo sotto il peso degli anni, ma il suo sguardo mi diceva che la sua età era nettamente inferiore al suo aspetto. Era lui. Aveva parlato di sé stesso in terza persona ma era indubbiamente lui. Davanti alla mia espressione sbigottita proseguì il suo racconto: “ora non posso più muovermi come facevo prima e cerco di agire solamente quando è assolutamente necessario, come nel caso dell’attentato alle Torri Gemelle di New York, su Pentagono e Casa Bianca” 

“Quale attentato?” risposi io senza pensarci. 

“Appunto, non ne hai mai sentito parlare perché non sono mai successi. Quell’operazione mi costò un’enorme fatica perché dovetti tornare indietro di ben due ore, uno sforzo titanico”. 

“Ma perché lo stai raccontando proprio a me, Andrea?” gli chiesi con un misto di timore e incredulità. 

“Ogni tanto mi capita di volermi sfogare con qualcuno, presto morirò di vecchiaia e non è facile tenermi dentro questo peso. Tanto alla fine della nostra conversazione tornerò indietro e non ti ricorderai di nulla. Anzi, è meglio che adesso vada. I dieci minuti stanno per scadere.” 

Il bancone era di nuovo lucido e pulito dopo l’ora di pranzo. L’orologio sopra il juke box segnava le 15.33. Era il momento di rilassarmi dopo la ressa del pranzo e prima degli avventori serali. L’aveva fatto di nuovo, era tornato indietro ed aveva cancellato la memoria degli ultimi dieci minuti. 

Ma io ricordo tutto perché sono immune agli effetti dei suoi poteri. Non ho mai avuto il coraggio di fare quello che ha fatto lui. Usare i suoi poteri che sono anche i miei, ma l’ho sempre ammirato di nascosto.

Beppe Carta



Non un supereoe ma un trio di supereroine, pronte a rendere il mondo un posto migliore. 
Lasciamo a loro stesse il compito di presentarsi. 

Mi chiamo Cyntha Asy. 
Grammatika, per la stampa che racconta al mondo le mie imprese. 
Correggo gli errori grammaticali altrui e salvo ogni giorno il mondo dalle abbreviazioni da social. 
Date le mie caratteristiche lavoro ovunque, online e offline. Ultimamente, soprattutto, online. Sempre avvolta dal mio costume rosso, "rosso errore gravissimo".
Il mio più grande nemico è Scorrecto, il correttore automatico che si finge tuo amico ma stravolge olli tui trase. Maledetto è nuovamente all'opera! 

SuperFashion, nata Viky Tim. 
Combatto cattivo gusto e sandali con i calzini. Mi potete riconoscere dal fascinator rubato a Kate Middleton.
La mia è una dura lotta che si svolge soprattutto nei luoghi del globo dove la gente si veste al buio: in particolare Germania, Leeds e le zone rurali del Missouri. 
Ogni giorno una sfida diversa contro il mio più acerrimo nemico, quella piaga ama farsi chiamare Leg Bed, ma io lo so che non è altri che Gamba Letto, il più orribile degli orrori. 

Sono @Cinika. Non ho altri nomi perché non mi servono. 
Passo le mie giornate avvolta da pelle nera, borchie e piume di corvo pessimismo.
Combatto smancerie, buongiornissimi caffè e lacrime versate sui vip passati a miglior vita, di cui non ve n'era fregato niente fino a 5 minuti prima. Vi abbatterò tutti, non avrò pietà dei vostri RIP e dei vostri profili di coppia! 
Io non ho aiutanti e neanche nemesi, non mi servono! Capito, patetici esserini il cui diritto di voto è una piaga sociale?

Dicevo non un supereoe ma tre supereroine, pronte a rendere il mondo un posto migliore o quantomeno a rendere tutti infelici nel tentativo di farlo. 
Non potete ignorarle, non potete che amarle! 

Jane Pancrazia Cole

Torna l'appuntamento mensile con i succosissimi consigli di Pancrazia, me medesima.
Dopo un'edizione settembrina decisamente moscetta, che vi linko perché mi piace esporre i miei momenti meno gloriosi, quella di ottobre, invece, è tutta da scoprire con video da vedere, cose da leggere, immagini belle con cui riempirsi gli occhi, grasse risate da fare e l'angolino della mia autopromozione... perché non dovrei?

Iniziamo col botto, magari non lo sapete ancora, magari ve lo siete perso e allora ve lo dico io: sapete chi è appena sbarcato su Instagram? David Attenborough, il mito britannico dei documentari. Un 94enne dalla voce suadente e l'animo avventuroso che ha portato la sua leggenda online. In poco più di una settimana, Sir Attenborough ha raggiunto i 5 milioni di follower e, per la cronaca, è persino entrato nel guinness dei primati toccando quota un milione di seguaci in sole 4 ore e 44 minuti. IGTV, stories e anche un'intervista da parte dei pargoli reali (George, Charlotte e Louis), un profilo imperdibile!

Ora passiamo dall'internazionale al super locale. Ma in fondo gli argomenti rimangono molto simili. Un mio amico, un mio ex collega, il preparatissimo Danilo Zagaria, ha appena dato vita a una rivista letteral-scientifica: Axolotl. Il cui primo numero, Micelio, è già disponibile online, da scaricare https://tinyurl.com/ybl2f3b9 o sfogliare https://tinyurl.com/y8uqbe5a. Una rivista ibrida che vuole unire il mondo della divulgazione scientifica a quello dei libri e della letteratura. L'inizio di un'avventura che sarà bellissimo veder crescere.

Rimaniamo nel mondo dei libri con District, il nuovo progetto di PerfectBook. Uno spazio, una piattaforma, chiamatelo un po' come vi pare, dove sono raccolti tutti (o quasi) i blog e i magazine letterari del mondo. Dall'Australia, alla Polonia, passando per il Brasile, perdetevi tra le pagine del globo unite dalla passione per la letteratura. Unica pecca? Ci si deve registrare, ma mi sembra il minimo data la mole di materiale messa gratuitamente e comodamente a disposizione. Nome, cognome, email e una breve descrizione, non vi si chiede di più. Registratevi e navigate in questo mare fatto di storie e parole.

E sempre di storie si parla quando si tratta dello studio Ghibli. Questa notizia, in effetti, gira da un po' e quindi magari già lo sapevate ma mettiamo che qualcuno di voi se la sia persa? Ci pensa Pancrazia a tenervi sul pezzo! Lo studio Ghibli, per la prima volta, ha messo a disposizione di tutti 400 immagini originali di alcuni tra i suoi titoli più famosi. Totale libertà di utilizzo personale: se volete usarle come sfondo del desktop, o farne dei quadri per casa vostra, avete la benedizione dello studio cinematografico giapponese ma se, invece, volete stamparle su degli astucci e venderle, la Ghibli vi fa causa e vi lascia, giustamente, in mutande. Io vi ho avvertito, il link con le immagini è questo qui http://www.ghibli.jp/info/013344/.

E dopo tutta questa cultura, questa scienza, quest'arte è il momento di sbracare un po', e così vi segnalo le due cose più divertenti in cui mi sia imbattuta online ultimamente. 
L'irresistibile versione di Mulan dei Cartoni Morti, https://youtu.be/_Cg6_GrLaqI. Se ci penso, ancora rido.
E l'imperdibile profilo twitter di Internet Explorer, per essere sempre informati ma, diciamo così, con la giusta "latenza", https://twitter.com/ExplorerLento.

A chiudere, come sempre, vi ricordo il mio (nostro!) Laboratorio Condiviso di Scrittura, domani scade il tempo per partecipare al Sedicesimo Esercizio ma su queste pagine, già martedì, troverete il prossimo esercizio con cui divertirsi e mettersi alla prova. Come sempre, non temete, assolutamente gratis e aperto a tutti!

Se vi sono piaciuti tutti questi miei (preziosissimi) consigli, cosa state aspettando? Condividete!
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