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Ogni dicembre è la solita storia. Anzi, ogni anno che passa è un poco peggio. Incontro sempre più persone che, per un motivo o per un altro, dicono di odiare il Natale.
Chi lo odia per partito preso, chi per ragioni condivisibili e chi, ne ho il forte sospetto, solo perché è un modo come un altro per darsi un tono.

A me invece il Natale piace e, una volta per tutte, vorrei spiegarvi il perché.

Il mio Natale è la festa dei nonni che non ci sono più, ma è come se ci fossero ancora. Natale è il pigiamone di flanella e la colazione del 25 sentendosi perennemente una bimba. Natale sono i pacchi da aprire il 24 a mezzanotte perché noi terroni usiamo così, e quasi 50 anni di vita in Piemonte non hanno minimamente scalfito questa atavica abitudine.

Il mio Natale è la famiglia enorme, divertente e caciarona. Natale è la zia che mi conosce da quando andavo in giro col pannolino, e quindi pensa di avere il diritto di farsi i fatti miei. E forse, a pensarci, non ha tutti i torti. Natale sono gli auguri con le amiche più care, passa il tempo, cambiano le situazioni, ma a noi basta ancora un solo sguardo per capirci al volo.

Natale è soprattutto la festa della ludoteca. I bambini prendono una stellina di creta a testa, PrincipeV si fa strada tra tutti gli adulti e corre da sorellaCole con uno slancio che neanche il più devoto degli innamorati "Per te mamma. Fatta io!", dichiara appassionato.
E a me sembra di poter morire in quell'istante. Morire felice di fronte alla scena più bella che abbia mai visto. Morire di troppo amore.

Questo è il mio Natale.
Se foste al mio posto piacerebbe anche a voi.
Ormai siamo agli sgoccioli di questo 2011 e in rete, in televisione e sulla carta stampata fioccano le classifiche di tutto l'anno. Il miglior film, il miglior libro, la migliore canzone. E se non si parla di classifiche si parla di buoni propositi. Saremo tutti più buoni, più bravi e persino più belli. Insomma quest'anno non è ancora finito e io già non ne posso più. E allora sapete cosa ho deciso di fare? Salto l'ostacolo a piè pari e mi proietto direttamente nel 2012.
Indosso un bel foulard colorato sopra i folti ricci, brucio incenso, accendo candele e per voi, solo per voi, tiro fuori la mia impolverata sfera di cristallo. Et voilà! In un secondo mi trasformo in "Madame Pancrazià la blogger che tutto sa" e vi svelo cosa ci attende nei prossimi 365 giorni.
Nel 2012 vedo, vedo, vedo...vedo le Olimpiadi di Londra. Troppo facile? Ok, mi concentro di più.
Vedo, vedo, vedo...vedo tante cinghie tirate. Ok, avete ragione, oggettivamente pure questa non è un granché come previsione.
Abbiate pazienza, datemi una terza opportunità. Nel prossimo anno vedo, vedo, vedo... l'Enel Blogger Award 2012. Questo non lo sapevate, eh? So' maga!

Il concorso è aperto a tutti i blogger che si occupano di ambiente, finanza, attualità e lifestyle. Ci si può autocandidare, l'importante è che il vostro sito risponda a pochi requisiti fondamentali: deve essere attivo da almeno sei mesi, aggiornato almeno una volta a settimana e non essere multiautore.
Se siete interessanti recatevi sul sito ufficiale della competizione, registratevi, scegliete la categoria di appartenenza ed indicate il vostro post più bello e rappresentativo. Avete tempo fino al 17 gennaio. E da quel momento in poi pubblico, lettori, navigatori esperti della blogosfera potranno votare i propri blog preferiti fino al 13 marzo.
I primi classificati per ogni categoria si porteranno a casa, oltre ad un ego smisurato, anche un iPad 3G. E, come se non bastasse, verranno premiati durante una super glamour cerimonia nell’auditorium Enel. Mica pizza e fichi!
Dato che, ahimè, per ragioni di opportunità e correttezza non mi posso autocandidare. (Altrimenti non ce ne sarebbe più per nessuno). Vi faccio un poco di nomi di coloro che, secondo me, meriterebbero un'occasione e una vostra lettura. Non vorremo mica che vincano sempre i soliti noti? Io punto su: Machedavvero, Nonsolomamma, Il Rockpoeta, Sabrina Ancarola, Letteredalucca, A Casa Di Simo, Il diario delle Derelitte, Mammamsterdam, Inchiostro Indelebile, e Taccodieci. E voi?




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Se non siete miei compagnucci di merende su Facebook o non seguite i miei cinguettii in 140 caratteri su Twitter, probabilmente non ne siete ancora stati informati. E quindi io, che vi voglio tanto bene, ho deciso di scrivere questo post per segnalare anche a voi un'offertona natalizia da non perdere.

Per far conoscere, diffondere ed incentivare l'utilizzo degli Ebook, la Book Republic ha messo a disposizione molti titoli in regalo: racconti, romanzi contemporanei, e anche qualche grande classico.

No, vi giuro non c'è la fregatura, almeno io non l'ho trovata. Ci si registra e si scarica. Il tutto in un minuto.

Fate anche voi come me: scorta senza ritegno né vergogna!
E buona lettura.
Questo post era nato per farvi gli auguri.
Un cosa semplice, senza troppe elucubrazioni, anche perché i miei "pensierini di Natale" me li conservo per dopo il 26. In questi giorni al computer ci stiamo tutti poco, e io che li scrivo a fare i pensierini se poi non li legge nessuno? Se avessi voluto scrivere solo per me stessa mi sarei comprata un quadernetto mica aperto un blog.

Comunque, come stavo dicendo, questo sarebbe dovuto essere un post per fare rapidamente gli auguri a tutti voi, miei amati lettori. Auguri con annesso video della pubblicità natalizia per eccellenza: quella della Coca Cola degli anni '80. Quella coi fricchettoni canterini. Ve la ricordate? Penso che l'abbiate vista tutti almeno una volta nella vita.

Io ero lì lì per prendere il video e postarlo quando un'improvvisa curiosità mi ha colto, "ma com'era la versione americana, quella non doppiata?", mi sono chiesta. E così l'ho cercata ed un particolare ha subito attratto la mia attenzione: la versione originale dura 20 secondi in più. E sapete perché? Perché in quella italiana vennero tagliati i primi piani dei ragazzi più "etnici", in particolare orientali ed afroamericani.

Probabilmente fu un'arida scelta di marketing. L'Italia di quei tempi non era particolarmente multietnica e c'era quindi il rischio che la popolazione di italici consumatori non si sentisse rappresentata da un gruppo troppo eterogeneo.

Il messaggio originale della pubblicità però era chiaramente di pace e fratellanza fra i popoli. Ed un messaggio del genere sarebbe stato valido anche per i noiosamente monocromatici italiani di allora.

Insomma, tutto questo discorso per dire che la scoperta dei "tagli" mi ha rattristata. E mi ha rovinato questo ricordo d'infanzia.

Detto ciò, gli auguri ve li faccio lo stesso perché noi, noi di Radio Cole, voi ed io, siamo belli e multietnici, magari non fuori ma sicuramente dentro.
E quei tagli NOI non li avremmo mai fatti né voluti.

Buon Natale a tutti!

La versione originale.


La versione italiana.
Il Salone Internazionale del libro è un evento irrinunciabile, una via di mezzo tra il paese dei balocchi, dove i sogni diventano realtà, e il decimo girone dell'inferno, dove i dannati sono costretti a condividere gli spazi con scolaresche moleste e sovraeccitate.

Io ci vado ogni anno piena di buone intenzioni e voglia di perdermi nel folle delirio, ma ogni anno faccio qualche errore che mi compromette il divertimento. Lo scorso maggio, ad esempio, ho indossato i tacchi. Pessima decisione. Alla fine della giornata ho fatto il tragitto verso la metropolitana strisciando sulle ginocchia come durante un pellegrinaggio. La Madonna non mi è apparsa ma innumerevoli santi sono stati ripetutamente interpellati.

La cosa che amo di più del mio "sacro" appuntamento annuale al Salone è girare tra le piccole e medie case editrici, ed acquistare opere prime di emeriti sconosciuti. Mi lascio attrarre da una bella copertina, un titolo accattivante o semplicemente il caso più assoluto.
Nel 2011 mi sono portata a casa due libri selezionati in questo modo.
Di uno, per correttezza ed evitare querele, non vi dirò nulla, tranne che la trama era fiacca, la scrittura dilettantistica ed il lavoro editoriale inesistente. Refusi ed errori pacchiani come se piovesse. Un insulto a qualsiasi lettore che dovrebbe avere almeno il diritto di mettere le mani su un "prodotto" curato e finito.
Dell'altro mio acquisto invece voglio raccontarvi tutto, con dovizia di particolari. Inizialmente sono stata attratta dalla copertina: un cespo d'insalata con i paraorecchi. Paraorecchi a forma di pecora, per la precisione. Poi dal titolo: Come l'insalata sotto la neve. Infine dal fatto che l'autore, Luca Gallo, fosse torinese.
Quindi, spinta dall'ammirazione per l'involucro accattivante e influenzata da un poco di sano campanilismo, ho acquistato questa opera prima edita da Intermezzi.

Dopo mesi e mesi d'attesa, dopo che il cespo di lattuga è stato accantonato in favore di altri titoli la cui lettura mi pareva più urgente, finalmente ho trovato il tempo per immergermi anche in questo libro. E, lo dico con grande soddisfazione, ho fatto bene perché mi è piaciuto. Mi è piaciuto davvero. L'ho letto, bevuto, mangiato con entusiasmo e divertimento, con passione e tenerezza.

La storia è quella di un preadolescente dalla famiglia disastrata e la grandissima sensibilità. Con un padre da manicomio, una madre repressa ed un fratello maggiore come unico faro.
Lo so cosa state pensando in questo momento: Ammaniti. Ed è vero, in certi frangenti questo romanzo ricorda il suo stile. Ma c'è da dire che lo scrittore romano, che io tra l'altro amo molto, non ha egli stesso inventato niente di nuovo. La letteratura passata e presente, italiana e internazionale, è piena di romanzi di formazione in cui sono riscontrabili questi elementi.
Luca Gallo di suo ci aggiunge ironia ed immagini surreali, speranza ed ottimismo. E lasciatemi dire che l'ambientazione cittadina torinese regala al tutto un valore in più. Soprattutto per chi può riconoscerne i luoghi, le immagini ed i colori.

Ogni tanto spunta qualche inevitabile ingenuità ma, secondo me, il ragazzo si farà. Spero proprio che in futuro abbia ancora storie da raccontarci, potrebbero essere altre piacevoli sorprese.

Labbra scarlatte e calze di rayon attendevano impazienti baffi sottili e scarpe bicolore.
"Sono arrabbiata con la maestra", disse la bambina con gli occhiali grandi e tondi e le gambette da ragnetto.
"Oggi ci ha fatto fare i biglietti di Natale per mamma e papà. Abbiamo dovuto scrivere tutti le stesse cose. Quelle che ci diceva lei. Ma come faccio io a spiegare quello che sento davvero nel cuore se me lo dice lei? Lei che ne sa?"

La bambina sulla Metro mi ha regalato un sorriso e tanta fiducia nel futuro. Molta meno nella sua maestra.
spacchettati
Avete già deciso i regali per questo Natale? Che bravi.
Io invece, com'è nel mio stile di procrastinatrice olimpionica, sono ancora in alto mare.
Solo per Ciccio ho un'idea che mi frulla nella capoccia da un po'. E che idea!
Vorrei regalargli una capra. Una bella capra di quelle che ti guardano fisso negli occhi e sembra che stiano per farti qualche grande filosofica rivelazione sulla vita.
No, non sono impazzita. E no, non ho messo su una fattoria. Ma sì, come avrete già capito, vi sto solo prendendo un poco in giro. Ma solo un poco. Sono una blogger burlona ma non troppo.
In realtà ciò di cui vorrei parlarvi è un'iniziativa dal nome folle e simpatico ma l'obiettivo nobile e il metodo, a parer mio, molto efficace: "Con Oxfam la capra canta!"
Avete mai sentito parlare di Oxfam? E' un'associazione umanitaria costituita da 15 organizzazioni attive in 98 paesi. Lo scopo che si prefigge è quello di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni più in difficoltà, ed il principio base che la muove è ottenere questo risultato dando alle popolazioni stesse il potere e soprattutto le risorse per esercitare i propri diritti.
Dovete fare un regalo a chi ha già tutto? Siete alla ricerca di qualcosa di veramente divertente ed originale e non l'avete ancora trovato? Oppure, data l'infelice congiuntura economica, avete un po' di pudore a spendere anche quest'anno soldi in fesserie che finiranno dimenticate nel fondo di un cassetto? Qualunque sia lo scrupolo o la difficoltà che ancora non vi ha portato a scegliere tutti i pacchetti da mettere sotto l'albero, io ho la soluzione giusta per voi. O meglio, Oxfam ce l'ha!
Andate sul sito de Gli Spacchettati, oppure telefonate al numero verde 800 99 13 99. Scegliete un dono tra i tanti disponibili e dedicatelo a chi volete.
Il regalo attraverserà montagne ed oceani per giungere da chi ne ha davvero bisogno mentre al vostro destinatario, oltre che la piacevole consapevolezza di essere stato "involontario complice" di un gesto bello ed utile, giungeranno i vostri buffi auguri personalizzati tramite e-card o cartolina postale, E così sarete tutti felici. Anche la capra, che canterà, eccome se canterà!
Si può scegliere tra tanti doni: quaderni, condom, semi, tende ed anche animali. Sì, persino una capra, non me lo sono inventato. Ma attenzione, ovviamente i regali sono solo simbolici e rappresentano le attività dell'organizzazione che, con il vostro contributo, aiuterete a finanziare.


E se volete "tenere d'occhio" Gli Spacchettati e i benefici di questi doni nelle diverse parti del mondo basta che li seguiate sulla loro pagina facebook.
Che ne dite allora? La mia idea regalo per Ciccio non è fantastica?


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Che poi una passa giorni a ballare felice con la leggiadria di un'otaria spiaggiata.
Che poi una vorrebbe pure cantare a squarcia gola e non lo fa solo perché ha un minimo di pudore e conosce i propri limiti e soprattutto quelli delle proprie corde vocali.
Che poi una è consapevole di avere dei gusti musicali dozzinali ma chissenefrega.
Che poi una decide: "ora scrivo un post su questa canzone che mi piace tanto e mi riempie d'energia!"
Che poi una cerca il video in rete, lo trova, lo guarda e le cadono le braccia.

Che poi Beyoncé sarà pure bella come il sole e con la voce di un usignolo ma quell'orrido cappello tutto stellette e mostrine, che sembra trafugato dal guardaroba di un libico colonnello passato a miglior vita, è una roba così brutta che grida vendetta.

Non ci posso credere.
Risale a solo una settimana fa il post in cui ricordavo Francesco Azzarà e la sua condizione di sequestrato. Post in cui mi ripromettevo di riprendere questa vicenda almeno una volta a settimana: in modo da poter, nel mio piccolo, mantenere viva l'attenzione.

Oggi avevo intenzione di scriverne ancora. Volevo dare il giusto risalto al commento lasciatomi da Ross e segnalarvi anche ciò che aveva scritto Lumaca a 1000 sul proprio blog.
E invece, a quanto pare, non ce ne sarà bisogno.

Francesco è stato liberato!
Qua si piange, si ride e ci si autoconvince di portare un po' fortuna.
Africa che tutti ha fatto nascere, anche noi, sbiaditi dal tempo e dalla nebbia.
(letteredalucca.wordpress.com)

In una rete dove a dominare sono i social network, con la comunicazione stereotipata di facebook o quella creativa ed essenziale di twitter, sembra esserci sempre meno spazio ed attenzione per i blog. Troppo dispersivi. Troppo impegnativi. Troppo faticosi da leggere e da scrivere.

Poi però trovi un post di una penna felice e un'anima grande. Di una donna che mi onoro di conoscere, anche se solo attraverso la sua scrittura, e che spero un giorno di poter incontare per guardarci occhi negli occhi e raccontarci anche a voce.

Il giorno dopo la follia che è accaduta a Firenze Lucia ha scritto un post che è un gioiello e che vi farà comprendere perché lei "mi garba " così tanto.
A Firenze, il giorno dopo.
In questi giorni dal blog "Ma Che Davvero?" è nata un'iniziativa particolarmente sfiziosa. Wonderland, giovane mamma biondo crinita, che una ne fa e cento ne pensa, per domani, 14 dicembre, si è inventata il giorno di #leaveamessage.
E che è? Direte voi.
Mo ve lo spiego. Dico io.

Leave a message: lasciate un messaggio!
Lasciate in giro per la città una traccia positiva. Uno o più biglietti recanti frasi ispiranti ed ispirate. Scrivete ciò che a voi stessi piacerebbe leggere: un invito a vedere il bicchiere mezzo pieno, a non abbandonare i propri sogni, a farsi una bella risata perché tanto nella cacca già ci siamo e almeno stiamo al calduccio.
Si possono citare autori famosi o, meglio ancora, spargere a piene mani la farina del proprio sacco.

E perché tutto ciò?
Ma che ne so!
Perché è una cosa carina. Perché è divertente. Perché da ragazzini abbiamo scritto tutti qualcosa su un biglietto da mille lire, attaccato un messaggio a un palloncino, o addirittura provato le brezza di buttare tra i flutti una bottiglia con dentro una lettera.

E poi il periodo è quello che è, e donare un sorriso a qualcuno non può essere certo un male.

Nel caso siate dei patiti di twitter, dopo aver piazzato da qualche parte i messaggi, potreste anche scriverlo sulla timeline ed invitare i vostri sfaccendati follower ad una vera e propria caccia al tesoro.

Io, nonostante adori il cinguettante social network, mi limiterò solo a lasciare dei biglietti in giro, sperando che capitino tra le mani di qualcuno che sappia apprezzarli.

Per leggere a fondo dell'iniziativa vi invito a dare un'occhiata al post da cui tutto ha avuto inizio: #leaveamessage.
Una bugia. Una scusa. La rabbia. Il fuoco.

Non ci sono vittime, per fortuna.
Ma ad uscirne ferita è una città che brucia e si divide tra chi comprende e giustifica, e chi non ha più parole per esprimere la propria incredulità.

Io non trovo le parole nel presente e così le ricerco nel passato. Le ricerco in un vecchio racconto che scrissi una vita fa in occasione di un concorso di beneficenza. Una storia nata dall'elaborazione e le suggestioni di una vicenda raccontatami da altri, e di un'esperienza vissuta in prima persona.
Il primo vero racconto che io abbia mai scritto. Un racconto ingenuo, il cui stile ora sento appartenermi poco. Ma i cui sentimenti ancora riconosco. Quelli sono i miei. Sono ancora vivi dentro di me e bruciano. Bruciano nel cuore e negli occhi.

                      L’ultimo giorno di scuola.

Oggi è l’ultimo giorno di scuola e si è appena conclusa la recita di fine anno.
Bambini e genitori si riversano rumorosi e allegri nel giardino. C’è Lucia con la maglia piena di brillantini e i codini trattenuti da fiocchetti rosa. C’è Marco con le mani sporche di colori ed i capelli a scodella. C’è Justine con la pelle di cioccolata e il sorriso di vaniglia. C’è Peter che corre in tondo e non si fa acchiappare mai.
E poi ci sono loro: Gabriele ed Eric, due bimbi stretti stretti in un abbraccio. Da domani non si vedranno più, la scuola materna è finita.

Gabriele è nato una calda mattina di giugno.
La clinica aveva muri imbiancati da poco, lenzuola fresche di bucato ed un parco verde e rigoglioso tutt’attorno. Lui aveva la pelle chiara e i capelli color oro.
Gabriele era un bambino piccolo e gracile che si ammalava spesso. E quando iniziò a camminare, e poi anche a correre la situazione peggiorò. Correva per gioco dietro agli altri bimbi o al gatto della vicina. Correva e rideva ma poi di colpo era costretto a fermarsi. La gola gli si faceva stretta ed il posto delle risate era preso da una tosse forte, terribile che sembrava non finire mai.
Lui era fragile, troppo fragile per poter avere una vita uguale agli altri. Niente asilo nido, “Attento! Non correre!”, niente giochi nei parchi, “Attento! Non correre!”, nessun luogo affollato, “Attento! Non correre!”.
Ma in quel corpo di carta velina erano imprigionate una mente brillante ed una personalità vivace. Troppo vivace per poter essere trattenuta.
Non bastavano più le favole ed i racconti a saziare quegli occhi curiosi e quelle orecchie attente. I genitori dovettero arrendersi alla fame di vita del loro piccolo eroe.
Gabriele cominciò finalmente l’asilo.
Le maestre lo definirono subito "sopra la media".

Eric è venuto al mondo una fredda notte d’inverno.
La sua giovane madre non fece in tempo a correre all’ospedale ed il piccolo nacque nella roulotte di famiglia, mentre la pioggia scrosciante spazzava il Campo.
Lui era un neonato grande e robusto, con la pelle scura, folti capelli color del carbone ed occhi grandi e neri da perdercisi.
Visse gran parte del primo anno in braccio alla madre, avvolto in una fascia colorata. Mentre andavano in giro per le strade della città, lui veniva cullato dolcemente dall’ondeggiare dei fianchi di lei, ancora troppo piccolo per capire cosa significassero la mano tesa della donna e gli sguardi di disapprovazione dei passanti.
Una mattina degli uomini in divisa vennero a prendere sua madre al Campo. Lui stava giocando in mezzo alla polvere con i cuginetti, ma quando la vide allontanarsi le corse dietro. Lei si fermò, lo prese in braccio e lo portò con sé.
Nel nuovo mondo che li attendeva non c’erano più il cielo azzurro e la libertà, ma muri, sbarre e regole da seguire. Non c’erano più i giochi del papà e le nenie della nonna ma visi sconosciuti e sguardi ostili.
Il bambino smise di ridere e di parlare.
Ogni giorno che passava il suo mutismo si faceva più ostinato e lo sguardo più rabbioso. Le sue manine si chiusero a pugno, sempre pronte a colpire chi si avvicinava troppo. La sua mente ed il suo cuore si negarono a chiunque cercasse di avvicinarsi.
In gabbia lui divenne selvaggio e cattivo. Secondo alcuni divenne perfino stupido.
Eric, come vuole la legge, rimase in carcere con la madre fino al compimento del terzo anno di età.
Il primo giorno di scuola materna venne catalogato come "un po' indietro".

Un pomeriggio nel cortile i due si trovarono per caso l’uno accanto all’altro.
"Vuoi giocare con me?”
"Si.”

Due bambini così diversi s'incastrarono perfettamente.
Eric comprese la fragilità di Gabriele.
Lo aiutò a rialzarsi dopo ogni caduta, inventò giochi più tranquilli per quando l’altro era troppo affaticato, lo protesse dai dispetti dei compagni, lo affiancò nelle mille folli avventure che inventarono.
Gabriele si accorse delle difficoltà di Eric.
Prese a spiegargli le cose con una pazienza che nessun adulto riuscirebbe mai ad avere, lo aiutò con discrezione e rispetto, lo accompagnò passo per passo nelle scoperte delle cose straordinarie che gli stavano attorno e delle potenzialità infinite racchiuse dentro di sé.

Oggi è l’ultimo giorno di scuola.
Due bimbi si abbracciano stretti stretti.
Uno adesso è più forte e sicuro, conosce la bellezza di un gioco all’aria aperta e di uno sguardo d’intesa con un amico. L’altro ora ha riaperto la mente ed il cuore, ha ripreso a ridere ed è ogni giorno più sveglio e curioso.

Oggi è l’ultimo giorno di scuola.
Due bimbi si abbracciano stretti stretti.
Da domani non si vedranno più, la scuola materna è finita.
Uno a settembre comincerà le elementari vicino a casa dei nonni, l’altro tornerà al Campo e poi chissà.

#torinoburning su twitter
Delicato e Poetico.
Un canto leggero.
Una danza aggraziata.

Oggi mi ero ripromessa di fare mille cose e, per tutta la mattinata, ero riuscita più o meno a mantenere l'impegno. Poi, verso l'ora di pranzo, mi è partito l'embolo, mi si è impazzito il neurone e, senza nessun motivo valido apparente, ho deciso di prendere tante ore, utilizzabili in fruttuose attività, e buttarle letteralmente nel cesso.

Dimostrando per l'ennesima volta di essere un'emerita fessa ho scelto di prodigarmi nella terribile attività cosiddetta "diamo una sistemata al blog".
Orrore e raccapriccio.

Ho passato un tempo infinito a scandagliare il web tutto alla ricerca di una grafica che si adattasse a me ed alla mia amata Radio Cole.
Che l'operazione sarebbe stata difficile già lo sapevo, ma non avevo calcolato che alla mia cronica indecisione, alla mia paura dei cambiamenti, alla mia ansia da prestazione applicata a tutti gli ambiti, si sarebbe aggiunta la consulenza telefonica del mio fidanzato.

Sì, proprio lui, il noto e tanto amato Ciccio che, ad ogni nuovo sfondo, si premurava di darmi un suo attento giudizio telefonico. E così abbiamo trascorso il pomeriggio scambiandoci piacevolezze del tipo:

"Che ne dici di questo?"
"Fa schifo!"
"Ciccione"

"Questo ti piace?"
"Questa carta da parati da vecchia? Ma stai scherzando?"
"Ti odio!"

"E questo?"
"Fa un po' meno schifo degli altri"
"Ma vaff..."

Insomma alla fine vada per il gufetto sul ramo. Potrebbe restare per i prossimi vent'anni o durare venti minuti. Non lo so. Ma ora sono davvero stufa, a un passo dall'esaurimento nervoso e quindi mi arrendo. E vi prego non ditemi niente. Pure se lo trovate orribile: lasciatemi andare in giro con gli spinaci in mezzo ai denti. Ne avete facoltà.

Quasi dimenticavo, i più attenti di voi si saranno accorti che la grafica non è l'unica cosa ad essere cambiata. Nella colonna di destra, sotto l'inequivocabile logo del Carosello, ho aggiunto dei video pubblicitari.  
Quella è pubblicità. Vi interessa? Cliccatela.
Non v'interessa? Ignoratela. Anzi stateci proprio lontano perché purtroppo, se ci si passa sopra con il mouse, il quadrato si allarga e diventa molesto. Io vi ho avvertiti.

Gli argomenti ed il tenore dei post rimarranno invariati, state sereni.
E non tenetemi il muso, per cortesia, che mi sento già sufficientemente mercenaria da sola senza bisogno che mi facciate la predica voi. Perdincibacco! C'è crisi. Ve lo devo dire io?

Ok. Ora vado a farmi una camomilla. Direttamente endovena.
Ormai è da parecchio tempo che espongo la sua foto sul mio blog.
Francesco Azzarà è stato rapito lo scorso 14 agosto. Oggi è l'8 dicembre e sulla sua sorte è sceso ormai da mesi un pericoloso e preoccupante silenzio.
Per questo motivo ho deciso che, d'ora in poi, ogni settimana dedicherò un post a questo operatore di Emergency scomparso.
Nel mio piccolo, piccolissimo, spero di mantenere accesa una fragile fiammela su questa oscura faccenda. E so che i miei pochi, affezionati e sensibili lettori, nei limiti delle loro possibilità, cercheranno di fare da cassa di risonanza in rete e fuori.

Liberate Francesco.
Destinati ad amarsi senza comprendersi.
Vicini ma distanti.
L'una protesa verso il cielo, l'altro rivolto alla terra.
Voi che mi leggete da tempo ormai lo sapete già: dentro questo gran pezzo di adulta si nasconde una bambina. Una bambina che ama il Natale. Una bambina che ama i regali. Una bambina che ama  i Panda.  E, a proposito di Panda. A voi cosa viene in mente pensando al pacioso bicolore mangiatore di bamboo?
adozioniA me viene in mente il WWF che di questo animale meraviglioso, e da tempo in pericolo d'estinzione, ha fatto il proprio simbolo. Quando ero piccola, sia dentro che fuori, questa organizzazione per la salvaguardia della natura già esisteva da molti anni e già godeva della stima e della fiducia del mondo. Un mondo che si è sempre impegnata a proteggere ed aiutare. Perché per salvare gli animali in via d'estinzione bisogna innanzitutto salvaguardarne l'habitat. Fauna e Flora, come già sapevano gli antichi, sono unite indissolubilmente.
E adesso che non sono più piccola, per lo meno non fuori, il WWF continua ad esistere e lottare. Ma, come dicono loro, la conservazione senza fondi è solo conversazione. Quindi c'è sempre bisogno di nuovi iscritti e nuove donazioni. A tal proposito, una delle trovate più originali per raccogliere fondi e sensibilizzare il sopito animo ecologista della gente è sicuramente l' Adozione delle Specie da Salvare. Dodici specie simbolo, e diversi tipi di adozione tra cui scegliere per fare un regalo a se stessi, ai propri bambini e soprattutto al nostro pianeta.
Tigre, Panda, Orango, Orso Polare, Foca, Pinguino, Ghepardo, Scimpanzè, Elefante, Lupo, Orso Bruno, Delfino. Sono queste le 12 specie in pericolo. Sono questi i testimonial scelti: altro che modelle o attrici! Come si può resistere alla maestosità di un orso polare, all'intelligenza di uno scimpanzè o alla sfacciata bellezza di una tigre? Non si può, e quindi per questo Natale regaliamoci una specie e con questa una speranza e un sogno per i bambini che eravamo, e per i bambini che ci sono e ci saranno dopo di noi.
Le possibilità di adozione sono moltissime ed anche il contributo da versare varia da pochi euro a cifre più impegnative. Non importa: ogni adozione è importante, ogni contributo è un regalo meraviglioso.  Inoltre ai grandi e piccoli nuovi genitori verranno inviati dei simpatici gadget: dal più classico e morbido peluche al planisfero con indicate le aree di azione del WWF. Quest'ultimo dono, in particolare, è il migliore dei regali da fare ai bambini più grandicelli che già vanno a scuola. E che potranno quindi condividerlo con compagni di classe e maestre. E da ciò potrebbe nascere un'interessante lezione d'ecologia e di vita.
Oltretutto il WWF, dimostrando di essere un'associazione seria, moderna, che non lascia nulla al caso, da anche la possibilità di fare un'adozione ad impatto zero. In seguito alla vostra offerta non vi verranno consegnati pacchi a casa ma uno screensever, uno sfondo e una firma digitale direttamente sul vostro computer. A me sembra la quadratura del cerchio!



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