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SorellaCole, romantica e sdolcinata, organizzò un incontro casalingo tra amiche. La serata culminò nell'esposizione della tormentata ma inarrestabile nascita dell'amore tra i futuri sposi Cole. Racconto seguito da una folla in deliquio, tra discreti occhi lucidi, sonore soffiate di naso e assunzione compulsiva di salatini e dolcetti.

LAmicaS, gaudente e golosa, ci portò in un ristorante romano dove, dopo i bucatini all'amatriciana, la coda alla vaccinara ed il vino dei castelli, finimmo a ballare e cantare stornelli sui tavoli, con tacco 10, minigonna ed un tasso alcolemico estremamente euforizzante.

CuginaPrestoSposa, ossessionata dal controllo, timida e riservata, ha espresso il desiderio di una serata tranquilla, in un locale tranquillo, tra gente tranquilla, bandendo aprioristicamente qualsiasi forma di cialtrona e goliardica presa in giro.

Jane, incasinata, sconclusionata, delirante ma lungimirante, nella remota e fantascientifica ipotesi che prima o poi convoli a giuste nozze, ha già avvertito amiche e parentado di desiderare un addio al nubilato chiassoso e di cattivo gusto con l'irrinunciabile presenza di spogliarellisti (s)vestiti da giocatori di rugby o Highlander.
C'è qualcosa di sbagliato in lei?
Ci si può imbattere in gioiellini come questo, segnalato dal bravissimo Pol.

Fin quando ci saranno in giro cervelli capaci di curiosità, ironia e creatività, ci sarà speranza per tutti.
Si sta avvicinando a grandi passi il Momento.
Quale?
Come quale?
Ma è ovvio!
Il Momento in cui lo studente Erasmus medio, in partenza per il primo semestre, prende coscienza del fatto che dovrà prepararsi dei bagagli contenenti il necessario per almeno 6, e dico 6, e ribadisco 6, mesi all'estero.
Se lo studente è maschio l'impresa risulta difficile, ma se lo studente è femmina (e dunque studentessa) l'impresa assume dei contorni titanici.

Ma Jane vostra, che vi vuole bene e sa che questa arancione paginetta è spesso meta di Erasmi in cerca di aiuto, ha deciso di venirvi incontro e di condividere con voi la propria esperienza, fornendovi in questo modo qualche indicazione di massima.
Tutto ciò perché?
Ma che domande?
Non è evidente?
Perché lei vi ama, giovani ventenni in partenza.
Perché lei vi è affezionata quanto una sorella, vabbè diciamo quanto una zia. Una zia ancora giovane e piacente, però!
E soprattutto perché questo vecchio post Jane ce l'ha sul groppone da una vita ed ora ha deciso di liberarsene. Ecco.

Chiunque abbia fatto l’Erasmus lo sa: fare stare nei canonici 20 kg di bagagli lo stretto indispensabile per sei mesi all’estero è un’impresa che richiede nervi saldi, creatività, elasticità mentale ed una certa dose di lucida follia.

In primo luogo bisogna selezionare. Decidere cosa è davvero utile e insostituibile e cosa no. Le scarpe preferite? Impossibile rinunciarvi. La tinta per rimanere fintamente e sfacciatamente bionda? Più importante delle aspirine. Il top da panterona? Mai senza. La moca e il parmigiano? Certo. Sarà patetico ma ognuno ha pur diritto alle proprie perversioni.
Il secondo passo consiste nell’ armarsi di santa pazienza e procedere al riempimento della valigia con la stessa precisione che richiederebbe un’opera ingegneristica. Nulla può essere lasciato al caso, tutto deve essere incastrato al millimetro e pesato fino all’ultimo etto: bisogna piegare ed arrotolare, mettere i capi pesanti sotto e quelli più leggeri sopra, infilare i calzini dentro le scarpe e disporre ciò che avanza come un florilegio ad ornare il tutto e soprattutto ad occupare gli spazi morti.
E quando alla fine, inevitabilmente, nonostante le rinunce e i calcoli, qualcosa sembra destinato a non trovare posto, rimane l’ultima possibilità, la risorsa estrema, l’uscita d’emergenza.
Lo si indossa durante il viaggio.
Il piumino a settembre? Quattro paia di mutande? Bracciali, collanine ed anelli? Si. Si. Si.
Fino ad assomigliare all’omino Michelin bardato come la Madonna di Pompei? Certo, perché no?
Se si ha l’opportunità di vivere un’avventura fantastica come sei mesi all’estero si deve pur essere disposti a rinunciare a qualcosa: al proprio senso del ridicolo, per esempio.

Per quanto le valigie possano sembrare piene, per quanto il peso possa apparire eccessivo ed ingestibile, per quanto ci si possa sentire a disagio con dieci strati di roba addosso, bisogna star sereni e non preoccuparsi.

Al ritorno sarà peggio.
http://www.mariarosariaserritiello.info/opere.htm
C'era un posto speciale.

Un posto di vicoli e scale, archi e segreti.
Un posto che ubriacava gli occhi e saziava il cuore.
Un posto dove potevi immaginare la trama di un romanzo, camminare a piedi nudi, scioglierti i capelli e sentirti bella e misteriosa.
Un posto capace di regalarti molto più di qualsiasi promessa.
Un posto che ti accoglieva da amica e ti congedava da figlia.

C'era un posto così e presto ci sarà ancora, per la sua gente e per tutto il mondo.
Perché tutto il mondo ha bisogno di Atrani.

Confessiamolo, ogni quattro anni di fronte alla bandiera con i cinque cerchi, tutti noi sognamo per un attimo di essere campioni olimpici.
Non è vero?
No?
Come no?
E vabbè, io sì!

Io sogno di stare sul gradino più alto del podio, commossa ma impettita, mentre tutti i Cole, riuniti davanti alla tv, versano copiose lacrime e traspirano ettolitri di orgoglio.
Sogno di salutare la folla festante venuta a darmi il benvenuto in aeroporto al mio ritorno in patria, avvolta nel tricolore e pronta per sostituire nei sogni proibiti dell'italiano medio quella sciacquetta di Federica Pellegrini.
E sogno anche di essere invitata a "Porta a Porta" ed in diretta, a tradimento, prima che mi possano sfumare, dire davanti a tutta la nazione ciò che penso di quel "diversamente alto" del nostro illustre Presidente del Consiglio. Riuscendo così nella doppia impresa di commuovere fino alle lacrime PapàCole e far prendere un coccolone a quell'ominide che risponde al nome di Vespa Bruno.

Il problema non indifferente però è sempre stato il fatto che io stia allo sport come Fantozzi al congiuntivo. E non è colpa del tempo che passa, io ero un'emerita pippa pure da bambina, da ragazzina, a vent'anni, a venticinque. Insomma: sempre!

Ma durante la mia esperienza estiva di cameriera per amore e per necessità, uno spiraglio sembra essersi improvvisamente aperto e con esso la possibilità di poter finalmente esprimere le mie straordinarie seppur celate qualità atletiche.

Dopo il giavellotto, il peso ed il martello, ho intenzione di proporre all'esimio comitato olimpico il: "lancio della pizza da ferma". Disciplina in cui, non per vantarmi, so di poter eccellere.
Per ora vado forte nel doppio salto in avanti carpiato della quattro formaggi, ma fino a Londra 2012 ho ancora tempo per migliorare ed ampliare le mie specialità. Mi sto applicando soprattutto nel carpiato ritornato della Marinara e nel raggruppato rovesciato della Capricciosa.

Vedo aprirsi davanti a me un nuovo brillante futuro.

Qualcuno di voi ha mica il numero di cellulare o l'indirizzo email di Jacques Rogge?
Dopo due mesi di stupidera, oggi si cambia registro.
Partendo da un verso(il primo della terza strofa) della poesia "Questions of travel"(*) di Elizabeth Bishop ho scritto un breve racconto.

Prima che vi venga l'ansia, lo dichiaro subito: la storia è di pura fantasia.

Che peccato sarebbe stato non aver visto gli alberi lungo questa strada.

Scendo nelle viscere umide e buie della terra, cerco un posto libero e mi siedo.
Con la testa appoggiata al finestrino osservo il tunnel con occhi ciechi, quando l'istintivo bisogno di aria e luce si impossessa di me, costringendomi a risalire in superficie. Tra i vivi.

Il sole splende in questo inizio d'estate. Periodo dell'anno in cui Berlino è un dono per gli occhi e per il cuore, con i suoi colori, i suoi odori e le sue facce.
L'umanità intera forma un unico serpentone colorato lungo Unter den Linden, ed io mi accodo, nascondo e perdo in esso.

Lui mi starà già aspettando davanti allo studio medico.
Gli esami del sangue non promettono niente di buono, la risonanza magnetica fa paura da quanto è brutta ed i raggi mostrano chiaramente la mia colonna vertebrale sull'orlo del collasso.
"Bisogna correre dal Dottor Hahn. Sono sicuro che troverà una soluzione", ha deciso ieri sera.
Ha chiamato il vecchio amico fraterno di suo padre ed ha preso appuntamento. Senza neanche interpellarmi, senza darmi il tempo di aprire bocca.
"Domani sera. Ore 18. Io verrò direttamente dall'ufficio e ci troveremo là davanti. Mi raccomando non tardare"
"Agli ordini capitano", gli ho risposto battendo i tacchi.
Ma non ha apprezzato l'ironia: "E' una cosa seria", mi ha detto severo.
Come se non lo sapessi. E' la mia schiena quella che si sta rattrappendo su se stessa, è la mia vita quella che sta scivolando via a tradimento. Lo so che è una cosa seria ma delle volte mi piacerebbe solo farmi una bella, grassa risata.

Non dovrei camminare per lunghi tragitti.
Ogni muscolo, ogni osso, ogni tendine del mio corpo brucia di un fuoco blu, intenso, accecante. Ondeggio faticosamente sotto il sole come una vecchina. Una vecchina di soli 28 anni.
Probabilmente qualcuno mi crederà ubriaca o peggio ancora drogata.
Qualcuno forse proverà pena per me. Per il mio viso rosso dalla fatica, per i miei capelli appiccicati dal sudore, per la mia maglietta così bagnata da poterla strizzare.

Di certo quando Lui mi vedrà non proverà pena, ma forse fastidio e sicuramente rabbia.
Se la prenderà con questa donna che lo sta facendo diventare pazzo, che non si lascia amare, cullare e guidare. Maledirà la mia irrazionalità, persino la mia follia, o semplicemente la mia testa dura. E di certo non si calmerà quando gli dirò: "Hai ragione, ma che peccato sarebbe stato non aver visto gli alberi lungo questa strada."

I tigli sono in fiore e sono meravigliosi.
Chissà se riuscirò a vederli anche il prossimo anno. Probabilmente no.
E allora al diavolo Lui ed il suo buon senso, al diavolo il dottor Hahn che "è stato così gentile da trovare un buco nella sua agenda", al diavolo la famiglia che vorrebbe che tornassi a casa. Al diavolo tutti.
Me ne fotto del vostro amore, della vostra buona fede e dei vostri buoni propositi.
Lasciatemi godere i miei tigli fioriti. Lasciatemi respirarne il profumo. Lasciatemi annegare in tanta bellezza.
Avrò tempo per le cure ed anche per la morte, trattenuta dalle vostre mani e bagnata dalle vostre lacrime.

Mi ha vista da lontano e ora mi viene incontro.
Il viso furioso è di un rosso innaturale. Ed io rido.
Le vene del collo sono gonfie, piene di rabbia repressa. Ed io rido.
Mi piovono addosso mille parole, ma pronunciate a denti stretti, senza urlare. Ed io rido.
Lui non lo sa, ma è tanto buffo in questo momento. E per questo rido, rido e rido.

Rido così forte che cado in terra e la schiena mi si spezza. Per sempre.
L'ultima cosa che vedo sono i tigli. Che peccato sarebbe stato non aver visto gli alberi lungo questa strada.


Immagine tratta dal sito http://www.rfennis.com/Berlin/Berlin.htm

(*) Scusatemi per il link solo in inglese, ma purtroppo non ho trovato in rete la versione italiana.
Una ragazza di città ha scarpinato allegramente tra prati e monti trentini.
Tutta sudata e stropicciata, equipaggiata con abbigliamento e scarpe inadatte, si è trascinata dietro anche un bastone da passeggio ma, incapace di usarlo correttamente per facilitarsi negli spostamenti, non le è rimasto che utilizzarlo per esibirsi nell'imitazione mal riuscita del Vagabondo.

Gli orsi probabilmente non si sono palesati perché troppo presi a farsi grasse risate alle spalle della suddetta giovine, ma in compenso le morbidose marmotte, che sempre plantigradi sono, hanno salutato l'esibizione con sonori fischi di apprezzamento.

Ed anche per quest'anno la pellaccia è salva.
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