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La sera prima della partenza
Jane: "Perché stai mettendo il Tom Tom in valigia?"

Ciccio: "Così lo usiamo per girare Venezia."

J: "A piedi?"

C: "Si."

J: "Ok. Perfetto. Disfa pure la tua parte di bagagli."

C: "Cosa???"

J: "Tu a Venezia non ci vieni."

C: "Perché???"

J: "Io in giro con te ed il navigatore non ci vado: mi vergogno!
Piuttosto ti mollo e scappo col tuo migliore amico."

C: "Uffa, quante storie. Non lo porto, ma se ci dovessimo perdere ti riterrò l'unica responsabile!"

J: "Guarda che andiamo a Venezia, mica nella foresta Amazzonica!"


Dopo una notte disturbata dalla digestione di una mastodontica frittura di pesce
Jane: "Quando mi hai svegliata perché ti sentivi poco bene, mi sono molto preoccupata"

Ciccio: "L'ho notato.
Eri così turbata che ti sei riaddormentata in 5 secondi netti."

J: "Vabbè. Insomma. Ero stanca. E poi mica eri grave.
Sei ancora vivo, no?"


All'Harry's Bar
Ciccio: "Questo è un posto mitico: l'ha frequentato Hemingway e ci hanno inventato il Bellini"

Jane: "Hemingway era un noto alcolizzato ed ha bevuto ovunque. Se fosse ancora vivo ce lo troveremmo anche nel baretto sotto casa!
Ed il Bellini, onestamente, non mi sembra questa grande invenzione"

C: "Comunque il prezzo è abbastanza onesto"

J: "Un affarone! 30 euro per due Bellini ed una scodellina di olive.
E non ci sono neanche gli stuzzicadenti per prenderle!"

C: "Vabbè, ma ormai siamo qua, quindi godiamocela."

J: "Certo. E non ci alzeremo fino a quando non avremo mangiato fino all'ultima oliva!!!"

Venezia è la magnificienza di piazza San Marco, la magia del tramonto sulla laguna, l'imponenza del Palazzo Ducale, i riflessi dei vetri di Murano, i colori delle case di Burano, la fredda eleganza delle boutique internazionali, l'antico calore delle botteghe ed il fascino delle osterie piccole come scrigni.


Venezia è la visione romantica di un poeta, il progetto di un architetto folle, lo sfondo perfetto per una storia ancora da scrivere.


Venezia è in Italia, ma potrebbe essere da qualsiasi altra parte, in qualsiasi altro paese e persino su qualsiasi altro pianeta.

Venezia appartiene a tutti ed a nessuno.

Venezia per tre giorni è stata nostra.

(Le foto sono di Ciccio)
In questi pochi giorni di assenza mi sono persa molti post interessanti.

Ross ha compiuto gli anni.
La mia guerriera preferita ha spento 22 candeline ed io, clamorosamente in ritardo, le faccio tantissimi auguri!!!!

Alessandra ha avuto l'onore di vedere da vicino nientepopodimeno che John Kirwan.
Ciò ha scatenato la mia legittima invidia. Anch'io avrei fatto la mia porca figura sugli spalti di Varese con tanto di felpa rossa e ricci al vento, ed invece mi dovrò accontentare dei miei soliti sogni pseudo erotico rugbistici.
Per la cronaca, l'ultima volta è stato il turno di un ignudo Mirco Bergamasco. E quando dico ignudo, intendo proprio ignudo.
Ignudo come mamma Bergamasco l'ha fatto.
Ovviamente, anche questa volta, mi sono svegliata prima che il fattaccio si consumasse.
Tutti gli anni di catechismo hanno distorto per sempre il mio inconscio e rovinato irrimediabilmente la mia vita onirica.
Che amarezza.

Sun mi ha fatto credere per due minuti di essersi completamente bevuta il cervello.
Per un attimo ho pensato che l'arguta ed acida blogger avesse lasciato il posto ad una novella e sdolcinata Giulietta.
Non che la cosa sia di per sé negativa, ma io ho una certa età e cambiamenti tanto radicali mi dovrebbero essere comunicati con anticipo e delicatezza, altrimenti potrebbero anche essermi fatali.
Quindi Sun, la prossima volta, mettiti una mano sulla coscienza.

La Volpe ha presentato alla rete il nipotino: il tenero Volpacchiotto.
Un latin lover in erba a cui la famiglia sta tentando, inutilmente, di tarpare le ali.
Vola Volpacchiotto, vola e sbaciucchia in libertà.
Jane e Ciccio sono con te!

Mario continua il percorso che lo porterà di fronte alla Santa Inquisizione prima, ed al rogo poi.
Io, da amica premurosa quale sono, mi sto attrezzando con estintori e cartelli di protesta, tipo "Giù le mani dal Notaio Mannaro" o "Libero Notaio in libero Stato".

Eppi, dopo aver combattuto e vinto la propria personale battaglia contro il cambio di stagione ed un armadio riottoso, ha trovato il tempo per omaggiarmi con codesto francobollo. E' proprio il caso di dire che "è il pensiero quello che conta".
Io, nel ringraziarla, ne faccio a mia volta dono a lei e a tutti i blogger sopracitati.

Non l'avevate capito che era un premio-meme?
Ebbene si, lo è.
Tornando tra le montagne ho trovato il nuovo elenco telefonico di Trento.
Sulla copertina troneggia quest'immagine.
Mi piace molto.
Ma non porterà un po' sfiga?

Vi avverto fin d'ora, miei fedeli lettori, che se dovesse ripetersi un inverno come quello dell'anno scorso dovrete sorbirvi decinaia e decinaia di post a carattere meteo-lamentoso.
Sappiatelo.
Non vorrete mica lasciarmi da sola a pedalare sulla famosa bicicletta?


Immagine di Andrea Pregl.
Al telefono.

Ciccio: "Quando torni mia principessa? Questa dimora è vuota senza di te."

Jane: "Come sei dolce mio cavaliere dall'armatura scintillante. Soffri molto per la mia assenza?"

Ciccio: "Si, il cuore mi duole e sospiro guardando il tuo ritratto."

Jane: "Ma cosa ti manca di più? Dischiudimi il tuo animo."

Ciccio: "Mi manca tutto.
Mi manchi tu.
Mi manca... mi manca... mi manca..."

Jane: "Cosa amore mio? Non indugiare. Esprimiti liberamente."

Ciccio: "Mi manca soprattutto il tuo rompermi costantemente le pa##e."

Da quando divido la mia vita con Ciccio mi sento come Beatrice.
Anzi no.
Come Silvia.
Anzi no.
Come la fidanzata di Vito Catozzo.
Ecco, così.
Io detesto quando mi si dice:
"Hai voluto la bicicletta e ora pedala"

Quant'è stupida quest'espressione?
Quant'è irritante?

Anche se una determinata situazione l'ho scelta volontariamente, ciò non mi priva del sacrosanto diritto di lamentarmi.
E poi magari io pensavo di andare a fare una semplice scampagnata e mi sono ritrovata sul Passo del Pordoi, sotto la grandine, con le ruote sgonfie ed una carogna di trecento chili sulle spalle.

Se mi confido, mi apro, ti parlo dei miei disagi, il minimo che mi aspetto da te, amico mio, e che tu metta in moto quei quattro neuroni addormentati che hai nella capoccia e ti sforzi di rispondermi con qualcosa di più che un banalissimo modo di dire del cazzo.

Ho voluto la bicicletta, ma non ho mica il sedere incollato al sellino.
Quasi quasi ora scendo e te la tiro dietro!
Ecco. Ora mi sento meglio.
...in un paesino di montagna.

Costei, tornando a casa di sera, a piedi, da sola, per una strada poco illuminata non avrà paura di essere scippata, aggredita o fatta a pezzi da un pericoloso serial killer.
Ma guarderà con preoccupazione ogni ombra ed ogni angolo buio, perché ormai nella sua mente malata e melodrammatica avrà sviluppato il timore di essere aggredita da un orso.
E a poco varranno le rassicurazioni di fidanzato e amici che "gli orsi raramente scendono così tanto di quota", che "adesso hanno cibo in abbondanza tra i boschi" e che "alla nostra altitudine fa ancora troppo caldo".
Ella avrà comunque paura di incappare in un plantigrado anarchico, ingordo e amante dei climi miti.

* * * * *

A forza di stare tra i monti, Jane non riesce più a guardare con serenità il faccino giallo di Winnie the Pooh, ed anche negli occhioni dolci di Bear, l'Orso nella Grande Casa Blu, le sembra di cogliere un lampo crudele ed omicida.

Si, Jane forse è un tantino paranoica.

Restare sveglia fino alle 2:30 per colpa di un'ulcera bastarda.
Strisciare fuori dal letto alle 6:30.
Riuscire a mettersi in strada nel traffico impazzito di una giornata di pioggia.
Arrivare al lavoro già sfatta.

Avere a che fare con la numerosa e varia umanità che costituisce i donatori di sangue.
Dallo scorbutico al lumacone.
Dal sessantenne giovane-dentro che vuole donare dritto su un piede solo, al ventenne terrorizzato che esige la presenza della mamma che gli tenga la manina.
Dall'esile ragazza che ha scritto in fronte "mi sentirò male entro 2 minuti" alla possente signora con le braccia da camionista e le vene nascoste sotto 10 centimetri di morbidosa ciccia.
Questo è il mio habitat naturale, mi ci trovo bene, mi ci muovo con sicurezza: ignoro il maleducato, tengo a bada il provolone, sono inflessibile con il supereroe, coccolo il pauroso, cullo l'acciughina e mi affido all'esperienza e al c#lo per beccare le vene balorde.
Sono professionale, efficiente e cordiale.

La mattinata sta per finire, vedo il traguardo, mi rilasso.
Ma entra lui.
Giovane e gentile.
Mi sorride, si siede sulla poltroncina e attende.
Io gli chiedo di togliersi la felpa, lui obbedisce.
Io preparo le provette e sistemo la sacca sulla bilancia.
Per la prima volta guardo il suo braccio.
C'è Mussolini.
Sopra il braccio.
Mussolini.
Braccio.
Benito.
Il ragazzo educato e carino ha il faccione di Mussolini tatuato sull'avambraccio interno.
Un tatuaggio enorme, impossibile da ignorare.

Che faccio?
Lo prendo a testate?
Lo vampirizzo direttamente dalla giugulare?
O lo mollo là e me ne torno a dormire?

Niente di tutto ciò.
Il mio viso non tradisce nessuna reazione. Nascondo la sorpresa, la stizza ed il rimprovero. Forse sollevo un po' il sopracciglio sinistro, ma per il resto sono una maschera impenetrabile.
La mano è ferma e leggera.
Prima passo il cotone e poi prendo l'ago.
Prima disinfetto il faccione e poi buco l'elmetto.
Ho disinfettato il faccione di Mussolini.
Ho bucato l'elmetto di Mussolini. In quanti possono dirlo senza paura di smentita?

Mi viene un po' da ridere, ma riesco a trattenermi.
Prelievo finito.

Il donatore è contento: non ha sentito niente.
Io sono contenta: questo è materiale da post.
Benito un po' meno: è dispiaciuto per l'elmetto.
Novembre 2007




Dicembre 2007




Ottobre 2009



La mia testa è piemontese, anzi torinese.
A Torino sono nata ed a Torino ho sempre vissuto.
Torino è masticare il cicles, svoltare nel controviale e togliere le macchie dai vestiti con la conegrina.
Torino è il bicerin alla Consolata e la cioccolata calda da Fiorio.
Torino è l'autunno mite con le foglie dorate e l'inverno freddo con la bisa che ti ghiaccia la faccia.

Il mio cuore è siciliano.
I miei genitori vengono da Lercara Friddi, in provincia di Palermo.
I miei nonni erano di Lercara.
I miei bisnonni pure ed i miei trisavoli anche.
La Sicilia è NonnoA, che non ho mai conosciuto e che è mancato poco prima che tutta la famiglia si trasferisse al Nord.
La Sicilia è l'infanzia di mia madre.
La Sicilia è i miei capelli ricci ed i miei fianchi da donna.
La Sicilia è la Cuccia mangiata il 13 dicembre.
La Sicilia è dire a Ciccio che è "camurruso", perché non esiste nessun'altra parola in italiano altrettanto efficace.
La Sicilia è la mia famiglia.

In questi giorni la Sicilia piange ed io con lei.
L'ingresso del digitale terrestre in CasaCole risale all'aprile scorso.

Le SorelleCole recarono in dono un minuscolo, inoffensivo ed elementare decoder, che venne prontamente posizionato accanto al televisore.
Ai genitori furono fornite poche e semplici indicazioni per ridurre al minimo le possibilità di errore e rendere poco traumatico l'impatto della novità tecnologica.

Tutto è filato liscio fino a quando PapàCole non si è imbattuto per caso in Rai Sport Più, un canale che per 24 ore al giorno trasmette solo sport, con una particolare predilezione per le discipline più astruse e di nicchia, dalla corsa coi sacchi al tamburello, dal tiro alla fune al torneo di freccette, dal ping pong dell'oratorio alla finale di Briscola di Villa Arzilla.
Ormai da qualche mese a questa parte, ogni volta che è a casa, il capo famiglia si piazza davanti alla tv a rivestire i panni di giudice, arbitro, commentatore, telecronista o tifoso a seconda dell'ispirazione del momento.

MammaCole non l'ha presa benissimo.
Non ha ancora deciso se chiedere il divorzio o soffocare il coniuge nel sonno.
Anche lei si affiderà all'ispirazione del momento.
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